Un recente studio condotto dall’Università della California, Los Angeles (UCLA), ha sollevato dubbi sull’efficacia del Paxlovid nel ridurre significativamente i ricoveri ospedalieri e la mortalità per COVID-19 tra gli anziani vaccinati. Questa ricerca mette in discussione le precedenti ipotesi sull’efficacia del farmaco, basate principalmente su studi condotti su popolazioni non vaccinate.
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Paxlovid: efficacia limitata negli anziani vaccinati, secondo una nuova ricerca dell’UCLA
Il Paxlovid è un farmaco antivirale orale impiegato per il trattamento del COVID-19, sviluppato da Pfizer. La sua formulazione si basa su due principi attivi: il nirmatrelvir, un inibitore della proteasi virale che agisce bloccando la replicazione del virus SARS-CoV-2, e il ritonavir, un farmaco che potenzia l’efficacia del nirmatrelvir rallentandone la metabolizzazione a livello epatico.
Il farmaco antivirale prodotto da Pfizer, è stato ampiamente utilizzato per il trattamento del COVID-19. Lo studio clinico del 2022 di Pfizer aveva rilevato una significativa riduzione dei ricoveri ospedalieri per COVID-19 negli adulti di mezza età non vaccinati. Tuttavia, uno studio clinico successivo del 2024 non ha riscontrato la stessa riduzione negli adulti di mezza età vaccinati. Data l’alta percentuale di anziani americani che hanno ricevuto due o più dosi di vaccino anti-COVID-19, l’efficacia del farmaco in questa fascia di popolazione è rimasta una questione cruciale.
Il nuovo studio dell’UCLA ha cercato di colmare questa lacuna, concentrandosi sull’efficacia del farmaco negli anziani vaccinati. Il dottor John Mafi, autore principale dello studio e professore associato di medicina presso la David Geffen School of Medicine dell’UCLA, ha sottolineato l’importanza di ottenere prove sull’efficacia del farmaco nelle popolazioni più anziane e vaccinate, data la loro maggiore vulnerabilità al COVID-19 grave.
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I risultati dello studio indicano che il Paxlovid non produce riduzioni significative dei ricoveri ospedalieri per COVID-19 negli anziani vaccinati. Sebbene non si possa escludere una piccola riduzione, il sup effetto potenziale sui ricoveri ospedalieri in questa popolazione è risultato essere quattro volte più debole rispetto a quanto riportato nello studio clinico del 2022 di Pfizer.
Questi risultati hanno importanti implicazioni per l’uso del farmaco, soprattutto considerando il suo costo elevato (circa 1.650 dollari per ciclo di trattamento) e la sua diffusa prescrizione a livello globale. Lo studio dell’UCLA suggerisce che la sua efficacia potrebbe essere stata sopravvalutata, basandosi principalmente su dati provenienti da studi condotti su popolazioni non vaccinate.
Lo studio dell’UCLA evidenzia la necessità di ulteriori ricerche per valutare l’efficacia del Paxlovid in diverse popolazioni, in particolare negli anziani vaccinati. I risultati suggeriscono che l’uso del farmaco dovrebbe essere riconsiderato, tenendo conto delle prove più recenti e del rapporto costo-efficacia.
La necessità di ulteriori studi clinici
Lo studio, guidato dalla dott.ssa Katherine Kahn, illustre professoressa di medicina presso la divisione di medicina interna generale, ha evidenziato la necessità di ulteriori ricerche sull’efficacia del Paxlovid negli anziani vaccinati. I risultati dello studio non hanno rilevato un suo effetto significativo sui ricoveri ospedalieri e sui decessi per COVID-19 in questa popolazione.
La dott.ssa Kahn ha sottolineato l’urgente necessità di studi clinici randomizzati che esaminino gli effetti del farmaco in popolazioni ad alto rischio, come i sottogruppi di anziani fragili o immunodepressi: “Poiché lo studio non ha rilevato alcun effetto significativo sui ricoveri ospedalieri e sui decessi per COVID-19 tra gli anziani vaccinati, i nostri risultati sottolineano l’urgente necessità di ulteriori studi clinici randomizzati che esaminino i suoi effetti nelle popolazioni ad alto rischio, come i sottogruppi di anziani fragili o immunodepressi”, ha affermato la dott.ssa Kahn.
Per determinare l’associazione tra Paxlovid e ricoveri ospedalieri correlati al COVID-19, ricoveri ospedalieri per tutte le cause e mortalità per tutte le cause, i ricercatori hanno sfruttato un esperimento naturale in Ontario, Canada. Tra il 1° aprile e il 30 novembre 2022, l’Ontario ha implementato una politica restrittiva in base all’età per l’accesso al farmaco, riservandolo agli adulti sintomatici e positivi al COVID-19 di età pari o superiore a 70 anni, a meno che non fossero immunodepressi o presentassero altri fattori di rischio.
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I ricercatori hanno utilizzato dati provenienti da diversi database sanitari dell’Ontario collegati da ICES, il principale custode dei dati sanitari dell’Ontario. Hanno confrontato i risultati di pazienti appena al di sotto e appena al di sopra dei 70 anni che erano plausibilmente simili, fatta eccezione per la loro esposizione al farmaco. I ricercatori hanno scoperto che tra 1,6 milioni di anziani dell’Ontario altamente vaccinati, la politica di limitare il farmaco a coloro che avevano 70 anni ha aumentato il suo tasso di prescrizioni del 118% all’età di 70 anni.
L’analisi dei dati non ha rivelato un effetto significativo del Paxlovid sui ricoveri ospedalieri e sui decessi per COVID-19 tra gli anziani vaccinati. Questo risultato solleva interrogativi sull’efficacia del farmaco in questa fascia di popolazione, che è particolarmente vulnerabile alle complicanze del COVID-19. I risultati dello studio evidenziano l’impellente necessità di condurre ulteriori indagini per determinare l’efficacia del Paxlovid in diverse fasce di popolazione, con un’attenzione particolare rivolta agli anziani che presentano fragilità o condizioni di immunodepressione.
Le future ricerche dovrebbero focalizzarsi sull’analisi di sottogruppi specifici di anziani, includendo coloro che manifestano fragilità, immunodepressione o comorbilità preesistenti. È altresì fondamentale approfondire la comprensione della durata e del dosaggio ottimali del trattamento, al fine di massimizzarne i benefici terapeutici. Un ulteriore aspetto di cruciale importanza è rappresentato dallo studio delle interazioni con altri farmaci comunemente prescritti agli anziani, al fine di prevenire potenziali effetti avversi e garantire la sicurezza del paziente.
L’esperimento naturale in Ontario
Tra il 1° aprile e il 30 novembre 2022, l’Ontario ha implementato una politica che limitava l’accesso al Paxlovid agli adulti sintomatici e positivi al COVID-19 di età pari o superiore a 70 anni, a meno che non fossero immunodepressi o presentassero altri fattori di rischio. Questa politica ha creato una netta demarcazione nell’accesso al farmaco tra gli individui appena al di sotto e appena al di sopra dei 70 anni, consentendo ai ricercatori di confrontare i risultati sanitari in due gruppi altrimenti simili.
I ricercatori hanno scoperto che la politica ha portato a un aumento del 118% delle prescrizioni tra gli individui di 70 anni rispetto a quelli di 69 anni. Tuttavia, questo aumento delle prescrizioni non si è tradotto in un miglioramento dei ricoveri ospedalieri correlati al COVID-19, dei ricoveri ospedalieri per tutte le cause o dei risultati in termini di mortalità per tutte le cause.
Lo studio ha evitato la “trappola” dei fattori confondenti non osservati, un problema comune nella ricerca osservazionale. “I fattori confondenti non osservati rappresentano un problema perché la decisione di utilizzare Paxlovid non è casuale e i fattori che ne influenzano l’uso sono in grado di influenzare il rischio di ospedalizzazione o mortalità”, ha affermato Sitaram Vangala, biostatistico e coautore dello studio. “Poiché l’accesso al farmaco in questo studio è stato di fatto randomizzato per i soggetti prossimi al limite di età di 70 anni, è improbabile che i nostri risultati riflettano fattori confondenti non osservati”, ha aggiunto Vangala.
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I risultati dello studio sono in linea con un recente studio clinico del 2024 che non ha riscontrato benefici significativi negli adulti vaccinati di mezza età. Tuttavia, contrastano con studi osservazionali precedenti che avevano suggerito che fosse associato a una riduzione dei ricoveri ospedalieri e della mortalità negli anziani vaccinati. La ricerca tuttavia presenta alcune limitazioni. In particolare, i ricercatori non avevano accesso a dati individuali a livello di paziente su sintomi, tempistica delle vaccinazioni, somministrazione e aderenza al farmaco.
Lo studio condotto in Ontario fornisce ulteriori prove che l’efficacia del Paxlovid negli anziani vaccinati potrebbe essere inferiore a quanto precedentemente ipotizzato. La ricerca sottolinea la necessità di ulteriori studi clinici randomizzati per valutare l’impatto del farmaco su diverse popolazioni, in particolare sugli anziani fragili o immunodepressi.
La ricerca è stata pubblicata su JAMA.