Immagina di non poter più parlare perché sei senza voce per qualche ragione, ma di poter comunque cantare una melodia o parlare con i tuoi cari, usando solo la forza del pensiero: ti sembra fantascienza? Eppure è quanto stanno realizzando i ricercatori dell’Università della California, Davis, grazie a una nuova tecnologia che fonde neuroscienze, intelligenza artificiale e interfacce cervello-computer.

In uno studio pubblicato sulla rivista Nature, il team ha mostrato come sia possibile trasformare in tempo reale l’attività cerebrale in voce, permettendo a un uomo affetto da SLA (sclerosi laterale amiotrofica) di tornare a comunicare – e addirittura cantare – grazie a un computer.
Non è più solo testo: ora si può “parlare” con una voce digitale
Finora le tecnologie più avanzate permettevano di tradurre i pensieri in testo, un po’ come inviare messaggi: utile, certo, ma lento e limitato; questa nuova interfaccia invece sintetizza la voce in tempo reale, come se fosse una telefonata.
“Con questa velocità, le conversazioni diventano più naturali. Si può persino interrompere chi parla, o variare l’intonazione per fare domande, esprimere emozioni o sottolineare parole chiave”, spiega il professor Sergey Stavisky, co-direttore del Neuroprosthetics Lab dell’ateneo.
Come funziona questa magia?
Il partecipante allo studio aveva impiantati nel cervello quattro microelettrodi nella zona che normalmente controlla la parola. Questi sensori registrano l’attività dei neuroni ogni volta che la persona prova mentalmente a parlare.
Un sistema di intelligenza artificiale interpreta quei segnali e li trasforma in voce sintetica quasi istantaneamente (con un ritardo di appena 1/40 di secondo, simile a quello della nostra voce naturale).

E non solo: il sistema è così avanzato da riuscire a riprodurre nuove parole non ancora presenti nel database, cambiare tono e persino intonare melodie.
I risultati? Davvero notevoli
Senza l’interfaccia, il partecipante riusciva a farsi capire solo nel 4% dei casi e con il sistema attivo, la comprensione delle parole saliva al 60%: e questo con una tecnologia ancora in fase sperimentale.

“Abbiamo dimostrato che una persona paralizzata può tornare a esprimersi con una voce sintetica personalizzata, costruita sui suoi pensieri. È un risultato che può davvero cambiare la vita”, afferma il neurochirurgo David Brandman, che ha effettuato l’impianto.
Una nuova frontiera per la neurotecnologia
Il sistema fa parte del trial clinico BrainGate2, uno dei più promettenti al mondo per la ricerca sulle interfacce cervello-computer. Gli algoritmi sono stati addestrati mostrando al partecipante frasi da leggere mentalmente: in questo modo l’intelligenza artificiale ha imparato ad associare ogni schema neurale a un suono o parola specifica.
I limiti attuali (e il futuro che ci attende)
Al momento lo studio è stato condotto su un solo partecipante e sarà fondamentale testare la tecnologia su più persone e in contesti diversi (ad esempio chi ha perso la parola per ictus o traumi).
Ma il potenziale è chiaro: ridare voce a chi l’ha persa, non solo come strumento tecnico, ma come atto di umanità.