Gli scienziati hanno rianimato una serie di virus antichi che sono stati rinchiusi in profondità nel permafrost siberiano sin dall’era glaciale, e sebbene la ricerca sembri indubbiamente rischiosa, il team ritiene che sia una minaccia che vale la pena esaminare se consideriamo i crescenti pericoli dello scongelamento del permafrost e del cambiamento climatico.
In un nuovo documento, che è stato recentemente pubblicato sul server di prestampa bioRxiv ma che deve ancora essere sottoposto a revisione paritaria, i ricercatori spiegano come hanno identificato e rianimato 13 virus appartenenti a cinque diversi cladi da campioni raccolti nel gelido estremo oriente russo, e tra il bottino, sono riusciti a far rivivere un virus da un campione di permafrost che aveva circa 48.500 anni.
Tra i virus che hanno rianimato ci sono anche tre nuovi virus da un campione di 27.000 anni di cacca di mammut congelata, e un pezzo di permafrost riempito con una grande quantità di lana di mammut, e questo trio è stato giustamente chiamato mammut Pithovirus, mammut Pandoravirus e mammut Megavirus.
Altri due nuovi virus sono stati invece isolati dal contenuto dello stomaco congelato di un lupo siberiano (Canis lupus), denominati Pacmanvirus lupus e Pandoravirus lupus.
Ma quanto sono pericolosi questi virus antichi?
Questi virus antichi infettano le amebe, poco più di macchie unicellulari che vivono nel suolo e nell’acqua, ma gli esperimenti hanno indicato che i virus hanno ancora il potenziale per essere patogeni infettivi, inoltre il team ha introdotto i virus in una coltura di amebe vive, dimostrando che erano ancora in grado di invadere una cellula e replicarsi.
Il progetto proviene da un team di ricercatori dell’Università di Aix-Marseille in Francia che in precedenza ha riportato in vita un virus di 30.000 anni trovato nel permafrost siberiano nel 2014, e con l’ultimo gruppo di virus antichi, incluso quello che risale a 48.500 anni fa, i ricercatori hanno forse ha rianimato il virus più vecchio di sempre.
“48.500 anni sono un record mondiale”
ha detto a New Scientist Jean-Michel Claverie, uno degli autori dell’articolo e professore di genomica e bioinformatica presso la School of Medicine dell’Università di Aix-Marseille.
Scrivendo nel loro articolo, i ricercatori spiegano che è necessario più lavoro per concentrarsi sui virus che infettano gli eucarioti, osservando che “sono stati pubblicati pochissimi studi su questo argomento”, inoltre spiegano che è probabile che l’aumento delle temperature dovuto ai cambiamenti climatici risvegli molte minacce microbiche dal passato antico, compresi i virus patogeni.
“Come purtroppo ben documentato dalle recenti (e in corso) pandemie, ogni nuovo virus, anche legato a famiglie note, richiede quasi sempre lo sviluppo di risposte mediche altamente specifiche, come nuovi antivirali o vaccini”
scrivono gli autori dello studio, aggiungendo in seguito:
“Non esiste un equivalente di ‘antibiotici ad ampio spettro’ contro i virus, a causa della mancanza di processi drogabili universalmente conservati nelle diverse famiglie virali. È quindi legittimo riflettere sul rischio che antiche particelle virali rimangano infettive e tornino in circolazione dallo scongelamento di antichi strati di permafrost».
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