Hai mai sentito parlare delle storie di vampiri del passato? Immagina di trovarti a Venezia, tra il XVI e il XVII secolo, in una fossa comune del Nuovo Lazzaretto, dove riposavano le vittime delle epidemie di peste. Qui, gli archeologi hanno scoperto qualcosa di insolito: il corpo di una donna con un mattone posizionato nella sua bocca aperta. Ma perché?
Il grafico 3D ed esperto di medicina forense Cicero Moraes ha deciso di indagare questa storia affascinante.
Utilizzando tecniche di ricostruzione digitale, è riuscito a ricreare il volto di questa donna, svelandoci un pezzo di storia che sembra uscito da un romanzo di brividi. Questa pratica, si pensa, fosse legata a credenze popolari su vampiri e altri esseri notturni, temuti per la loro capacità di risvegliarsi dalla morte e perseguitare i vivi.
Il fascino oscuro del vampiro nella storia europea
Nella cultura europea del Medioevo e fino al XVII secolo, non era raro imbattersi in sepolture che sembravano seguire rituali macabri per prevenire queste resurrezioni maledette. Da villaggi in Polonia dove bambini erano sepolti a faccia in giù a prevenire la loro fuga, a donne con falci alla gola per decapitarle in caso di risveglio, ogni rituale aveva il suo significato oscuro.
La nostra “donna vampiro” veneziana con un mattone nella bocca entra in questa narrazione di terrore e superstizione.
Gli studiosi hanno ipotizzato che il mattone fosse un mezzo per impedire alla donna, considerata una potenziale vampira, di diffondere la peste nutrendosi dei morti. Tuttavia, ricerche più recenti suggeriscono che il mattone potrebbe essere finito nella sua bocca per caso, smontando l’ipotesi di un rituale anti-vampiro.
Cicero Moraes, però, ci porta una nuova prospettiva. Le sue analisi dimostrano che inserire un mattone di quelle dimensioni nella bocca della donna senza danneggiare i tessuti molli sarebbe stato possibile, mantenendo aperta l’ipotesi di un rituale deliberato.
Ora ti lascio con una domanda che spero risvegli la tua curiosità: credi che queste pratiche fossero frutto di paura e superstizione, o c’è qualcosa di più profondo nel modo in cui i nostri antenati affrontavano la morte e l’ignoto?