La usi tutti i giorni, la trovi in ogni bagno, ma probabilmente non ti sei mai chiesto: quanto impatta sull’ambiente la carta igienica?
Spoiler: tanto. Secondo le stime, un europeo medio consuma circa 20 chili di carta igienica l’anno. Che, moltiplicato per milioni di persone, fa una montagna di alberi tagliati, acqua usata e sostanze chimiche in circolo. Tutto questo per pochi secondi di comfort.
Ma c’è un problema ancora più grosso: ci siamo talmente abituati a usarla che l’idea di farne a meno ci sembra assurda. Eppure, alternative (molto più sostenibili) esistono. E alcune sono già comuni in mezzo mondo.
Carta igienica: comoda, ma inquinante
Facciamo due conti. La produzione di carta tissue – quella soffice, profumata e “delicata” – non è affatto green. Per produrla servono:
- alberi (spesso da foreste primarie),
- acqua in quantità industriali,
- energia elettrica,
- e additivi chimici, profumi inclusi.
Secondo l’Environmental Paper Network, il tissue rappresenta circa il 10% della produzione globale di carta, ed è un settore in crescita. Molti brand sono già finiti nel mirino per deforestazione o pratiche poco trasparenti.
E poi ci sono i PFAS, le famigerate “sostanze chimiche per sempre”. Uno studio del 2023 ha trovato tracce di questi composti in 21 marche di carta igienica. Sì, quella che finisce nelle nostre fognature (e magari nei nostri mari). Non proprio il massimo per la salute del pianeta.
E l’Europa cosa fa?

L’Unione Europea ha approvato un regolamento che vieterebbe la vendita di prodotti derivanti da terreni deforestati. Una buona notizia, certo. Ma l’entrata in vigore è stata rimandata al 2025 per le grandi aziende e al 2026 per le piccole. Tradotto: c’è ancora tempo (e spazio) per fare danni.
Non a caso, nel 2024, un gruppo di attivisti ha inscenato una protesta direttamente dentro il Parlamento europeo, sostituendo i rotoli nei bagni con messaggi ambientalisti.
Alternative alla carta igienica: esistono davvero?
Se ti stai chiedendo se dobbiamo tornare ai “pessoi” di ceramica dei Romani (sì, li usavano per pulirsi… e sì, facevano male), tranquillo: oggi c’è di meglio.
Ecco le opzioni più serie:
- Bidet: un classico intramontabile. Pratico, pulito, igienico.
- Doccetta (o bumgun): diffusissima nel Sud-est asiatico. È come un mini-idrante personale.
- Salviette lavabili: per i più estremi (e organizzati), esistono anche panni riutilizzabili da lavare dopo ogni uso.
L’NRDC (Natural Resources Defense Council) americano ha calcolato che un bidet consuma meno acqua rispetto alla produzione della carta tissue usata nello stesso periodo. Quindi sì, anche dal punto di vista idrico conviene.
Ma davvero possiamo farne a meno?

Non tutti sono d’accordo. Il professore Giovanni De Feo, esperto in ingegneria ambientale, difende il rotolo con una punta di poesia: “La carta igienica ha salvato vite, migliorato l’igiene e ridotto le infezioni”. Non ha tutti i torti: niente è a impatto zero.
Ma anche lui invita alla moderazione. Basta usarne meno. Un solo foglio in meno ogni volta può equivalere a litri d’acqua risparmiati nel ciclo produttivo.
E qui entra in gioco l’educazione: De Feo ha fondato “Greenopoli”, un progetto per spiegare ai giovani l’impatto ambientale attraverso oggetti quotidiani. Come? Con un rotolo in mano. E una poesia: “Passo dopo passo, pezzo dopo pezzo, giorno dopo giorno, rimane solo la nostra anima”. Difficile da dimenticare.
Quindi cosa facciamo?
La domanda è scomoda quanto l’argomento, ma serve: vale la pena continuare a usare carta igienica come se niente fosse, sapendo quanto costa al pianeta?
Non serve abolirla domani. Ma possiamo:
- passare al bidet o alla doccetta, almeno in casa,
- scegliere carta riciclata o certificata FSC,
- evitare prodotti con profumi o additivi chimici inutili,
- e usarne meno, con più consapevolezza.
Anche il bagno può diventare un posto in cui fare scelte più sostenibili. E forse è proprio da lì che deve partire il cambiamento. Sì, anche da lì.
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