La superfluorescenza è molto più utile di quanto si credesse, ma ci arriviamo.
Un team internazionale guidato dalla North Carolina State University ha identificato il meccanismo che consente la coerenza quantistica anche a temperatura ambiente: un passo avanti decisivo verso le tecnologie quantistiche senza bisogno di criogenia.
Nel mondo delle tecnologie quantistiche, c’è un ostacolo che da decenni frena lo sviluppo su larga scala di dispositivi come i computer quantistici, i sensori iperprecisi o i sistemi di comunicazione ultra-sicuri: la necessità di mantenerli a temperature prossime allo zero assoluto, ma un nuovo studio pubblicato su Nature potrebbe cambiare tutto.

Un gruppo di ricerca internazionale, guidato dalla North Carolina State University e con il contributo di ricercatori da Duke, Boston University e Institut Polytechnique de Paris, ha osservato per la prima volta una transizione quantistica macroscopica a temperatura ambiente.
Il fenomeno? Si chiama superfluorescenza.
Superfluorescenza: un comportamento da “particella gigante”
Per capire l’impatto della scoperta, immaginiamo un banco di pesci che si muove all’unisono, oppure le lucciole che lampeggiano sincronizzate: sono esempi di comportamento collettivo in natura e nel mondo quantistico, un comportamento simile prende forma quando gruppi di particelle si sincronizzano e agiscono come un’unica entità, dando vita a fenomeni esotici come la superconduttività, la superfluidità o, appunto, la superfluorescenza.

Questi effetti della superfluorescenza, però, richiedono normalmente condizioni criogeniche. Il smotivo? Il rumore termico, cioè le vibrazioni atomiche dovute al calore, che disturbano la sincronizzazione delle particelle e impediscono la coerenza quantistica.
Ma i ricercatori hanno scoperto che in certi perovskiti ibridi (materiali già noti per le loro promettenti applicazioni nei pannelli solari e nei LED) il rumore termico viene “spento” grazie alla formazione di solitoni: strutture quantistiche ordinate e coerenti.
Superfluorescenza: dalle teorie alle prove sperimentali
Usando impulsi laser per eccitare elettroni nel materiale, gli scienziati hanno osservato la formazione di polaroni, ovvero deformazioni locali del reticolo cristallino che “avvolgono” le particelle cariche, proteggendole dalle interferenze termiche e quando questi polaroni si organizzano in modo ordinato, nasce un solitone: una sorta di “super-particella” stabile e coerente.

“Quando i polaroni passano da una distribuzione casuale a una formazione ordinata, si crea una struttura coerente che resiste al rumore termico”, spiega Kenan Gundogdu, autore principale dello studio.
Secondo gli esperimenti, questa trasformazione non avviene automaticamente: serve una densità critica di polaroni; al di sotto di questa soglia, i polaroni restano isolati e incoerenti, ma una volta superata, il sistema entra spontaneamente in uno stato quantistico macroscopico.
Si tratta di una delle prime osservazioni dirette di questo tipo di fenomeno a temperatura ambiente.
Perché è una svolta per la tecnologia
Finora, la maggior parte delle applicazioni quantistiche ha avuto bisogno di ambienti criogenici costosi e complessi. Con questa scoperta, però, si apre la possibilità di progettare nuovi materiali quantistici “a caldo”, utilizzabili senza sistemi di raffreddamento estremi.
“Ora che abbiamo una teoria chiara supportata da esperimenti, possiamo iniziare a progettare materiali per computer quantistici e sensori quantistici che funzionino a temperatura ambiente”, sostiene Gundogdu. “È un enorme passo avanti.”
Il lavoro è stato finanziato dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti e rappresenta una base solida per lo sviluppo di quantum tech più accessibili e integrabili nei dispositivi del quotidiano.