La retinopatia diabetica rappresenta una grave e insidiosa complicanza microvascolare del diabete mellito, sia di tipo 1 che di tipo 2, costituendo una delle principali cause di perdita della vista e cecità a livello globale. Questa patologia oculare progressiva è caratterizzata da danni ai vasi sanguigni della retina, il tessuto sensibile alla luce situato nella parte posteriore dell’occhio, e può evolvere silenziosamente per anni prima che i sintomi diventino evidenti. La sua patogenesi multifattoriale coinvolge una complessa interazione tra l’iperglicemia cronica e una serie di fattori biochimici e molecolari che compromettono l’integrità vascolare retinica, sottolineando l’importanza cruciale di una gestione glicemica ottimale e di screening oculistici periodici per la prevenzione e l’individuazione precoce.

Un nuovo insight sulla retinopatia diabetica
Un innovativo studio condotto dagli scienziati del prestigioso Wilmer Eye Institute, afferente alla Johns Hopkins Medicine, ha portato a una scoperta di fondamentale importanza per la comprensione delle complicanze oculari del diabete. I ricercatori hanno stabilito un nesso causale tra la condizione di basso livello di zucchero nel sangue, scientificamente definita ipoglicemia, e la potenziale compromissione della barriera emato-retinica. Questa barriera biologica rappresenta un confine cruciale all’interno dell’occhio, svolgendo un ruolo essenziale nella regolazione precisa del flusso di nutrienti vitali, delle scorie metaboliche e dell’acqua tra il circolo sanguigno e il delicato tessuto della retina, garantendo così la sua corretta funzionalità.
La ricerca, che ha accuratamente investigato questo fenomeno patologico utilizzando un modello animale di diabete (topi diabetici), fornisce nuove e preziose informazioni sull’eziopatogenesi della retinopatia diabetica, una delle complicanze più gravi e invalidanti del diabete di tipo 1 e di tipo 2. In particolare, lo studio getta luce sul ruolo potenzialmente significativo degli episodi di ipoglicemia nello sviluppo e nella progressione di questa malattia oculare. La retinopatia diabetica, se non diagnosticata e trattata tempestivamente, può progredire inesorabilmente, causando danni permanenti e irreversibili alla vista, con un impatto significativo sulla qualità di vita dei pazienti.

L’approfondita indagine condotta dai ricercatori ha permesso di identificare un meccanismo molecolare chiave che sembra essere coinvolto nella fragilizzazione della barriera emato-retinica durante gli episodi di ipoglicemia. Lo studio spiega dettagliatamente come una specifica proteina, nota come fattore inducibile dall’ipossia (HIF), tenda ad accumularsi in determinate cellule specializzate della retina durante i periodi caratterizzati da livelli anormalmente bassi di glucosio nel sangue.
Questa accumulazione di HIF suggerisce un potenziale ruolo di questa proteina come mediatore molecolare attraverso il quale l’ipoglicemia esercita i suoi effetti deleteri sulla barriera emato-retinica, aprendo nuove vie per la comprensione dei meccanismi patogenetici della retinopatia diabetica e potenzialmente per lo sviluppo di strategie preventive e terapeutiche più mirate.
L’aumento differenziale dell’HIF in modelli murini diabetici durante l’ipoglicemia
Il fattore inducibile dall’ipossia (HIF) non è un attore sconosciuto nel panorama delle patologie oculari, essendo stato precedentemente implicato nella patogenesi della retinopatia diabetica stessa e di altre condizioni che affliggono l’occhio. Questa proteina possiede la capacità di innescare una complessa reazione a catena molecolare, promuovendo la sovrapproduzione di ulteriori proteine che, a loro volta, contribuiscono alla crescita anomala e alla perdita di integrità dei vasi sanguigni all’interno della retina.

La nuova e significativa scoperta del team di ricerca si concentra sull’identificazione dell’HIF come un fattore determinante nella compromissione strutturale e funzionale della barriera emato-retinica in risposta a episodi di ipoglicemia, un evento frequente e potenzialmente pericoloso nei pazienti diabetici.
Per investigare in modo rigoroso il ruolo specifico dell’HIF durante gli episodi di bassi livelli di zucchero nel sangue, i ricercatori hanno condotto una serie di esperimenti controllati utilizzando modelli murini. Hanno indotto periodi di ipoglicemia sia in topi affetti da diabete che in topi sani, privi della condizione metabolica. I risultati ottenuti hanno rivelato una differenza significativa nella risposta all’ipoglicemia tra i due gruppi.
I topi con diabete hanno mostrato un marcato aumento dei livelli di HIF nelle cellule retiniche durante gli episodi ipoglicemici, raggiungendo concentrazioni sufficienti a promuovere la rottura della barriera emato-retinica e a causare una conseguente perdita di liquidi e proteine dai vasi sanguigni retinici. Al contrario, i topi non diabetici non hanno manifestato un aumento significativo dei livelli di HIF in risposta alla stessa condizione di basso zucchero nel sangue.

Questa compromissione dell’integrità della barriera emato-retinica, innescata dall’interazione tra l’ipoglicemia e l’aumento dei livelli di HIF nei pazienti diabetici, rappresenta un meccanismo patologico cruciale che contribuisce in modo significativo al danno irreversibile a carico del tessuto retinico e alla conseguente perdita della capacità visiva, caratteristiche distintive della retinopatia diabetica. La comprensione di questo nesso causale apre nuove prospettive per lo sviluppo di strategie terapeutiche mirate a proteggere la barriera emato-retinica e a prevenire la progressione della retinopatia nei pazienti diabetici, con particolare attenzione alla gestione degli episodi di ipoglicemia.
La promettente azione inibitoria del farmaco sperimentale 32-134D
Per validare ulteriormente il ruolo cruciale dell’HIF nella patogenesi della rottura della barriera emato-retinica indotta da ipoglicemia, il team di ricerca ha intrapreso un’indagine più approfondita utilizzando un farmaco sperimentale designato con la sigla 32-134D. Questo composto è noto per la sua capacità di inibire specificamente l’attività della proteina HIF. Nell’ambito di questo esperimento, alcuni topi affetti da diabete hanno ricevuto una singola iniezione di 32-134D prima di essere sottoposti a episodi indotti di ipoglicemia.
Le osservazioni condotte dai ricercatori hanno rivelato risultati incoraggianti: nei topi trattati con l’inibitore dell’HIF, i livelli di questa proteina a livello retinico risultavano significativamente inferiori rispetto ai topi diabetici non trattati. Questa riduzione dell’HIF si è tradotta, a sua volta, nella prevenzione dell’espressione di quelle proteine che normalmente promuovono la rottura della delicata barriera emato-retinica e l’aumento della permeabilità dei vasi sanguigni retinici, suggerendo un effetto protettivo del farmaco.

Le implicazioni cliniche di questi risultati sperimentali sono state sottolineate dall’autore corrispondente dello studio, il Dottor Akrit Sodhi, MD, Ph.D., professore associato di oftalmologia e titolare della cattedra Branna e Irving Sisenwein presso la Johns Hopkins University School of Medicine e il Wilmer Eye Institute: Questi studi aiutano a spiegare perché i pazienti affetti da diabete che inizialmente seguono uno stretto controllo del glucosio, il fondamento della gestione del diabete, o quelli che hanno un’elevata variabilità glicemica (episodi transitori di livelli di glucosio nel siero molto bassi seguiti da livelli molto alti), riscontrano un peggioramento della loro patologia oculare diabetica”, ha chiarito il Dottor Sodhi.
Questa osservazione evidenzia come gli sforzi intensivi per normalizzare la glicemia, se non gestiti con estrema cautela e precisione, o le fluttuazioni glicemiche significative, con episodi di ipoglicemia, possano paradossalmente contribuire al danno retinico attraverso il meccanismo dell’attivazione dell’HIF e della conseguente rottura della barriera emato-retinica.
Forte delle promettenti evidenze precliniche ottenute, il Dottor Sodhi ha espresso un cauto ottimismo riguardo alle future applicazioni terapeutiche: “I nostri risultati sottolineano perché le terapie mirate all’HIF saranno un approccio efficace per prevenire o curare la retinopatia diabetica”. L’identificazione dell’HIF come mediatore chiave del danno vascolare retinico indotto dall’ipoglicemia apre la strada allo sviluppo di farmaci specifici, come il 32-134D, in grado di inibirne l’attività e proteggere così l’integrità della barriera emato-retinica nei pazienti diabetici.

In linea con questa prospettiva, il team di ricerca sta attivamente pianificando studi futuri volti a esplorare ulteriormente il ruolo dell’HIF, i meccanismi della rottura della barriera emato-retinica e l’efficacia del farmaco 32-134D. L’obiettivo finale è quello di tradurre queste promettenti scoperte precliniche in benefici tangibili per i pazienti affetti da retinopatia diabetica attraverso la conduzione di studi clinici rigorosi sul farmaco 32-134D.
Lo studio è stato pubblicato su Science Translational Medicine.