Il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi a Radio 24, ha annunciato il piano di stanziamento di una parte del recovery fund e precisa:
“In questo anno ci sono state molte evoluzioni nell’uso degli strumenti: gli insegnanti e i ragazzi hanno fatto diventare la tecnologia uno strumento educativo che sarà integrato con la presenza e permetterà alla presenza di essere ancora più importante. I ragazzi usano quotidianamente gli strumenti digitali ma devono utilizzare in modo consapevole e critico le strumentazioni informatiche, su questo lavoreremo e lavoreranno le scuole”.
Quello che fino ad oggi è stato il Digital Divide, si ricuce attraverso un insieme di fondi che mireranno a rinvigorire il settore informatico delle scuole, ma il progetto non si ferma solo all’acquisto di strumenti, come già a Gennaio la Ministra Lucia Azzolina aveva provveduto con 80 milioni presi dalle risorse PON – Programma Operativo Nazionale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
La volontà è oltretutto quella di cominciare un percorso di alfabetizzazione tecnologica completo, perché si può credere che i giovani in Italia siano all’avanguardia nell’uso delle risorse, ma in confronto ai loro coetanei degli altri paesi europei, la consapevolezza tecnica al di là del semplice uso domestico dei social e della banale navigazione, è veramente carente.
Recovery Fund: analfabetismo informatico in Italia, la situazione
L’informatica non è solo l’utilizzo dei pc o dei device, per un uso tipo “elettrodomestico”, ma anche uno sbocco lavorativo in settori dove la richiesta rimane altissima in Italia, e molte volte dobbiamo fare ricorso a forza lavoro estera.
L’Italia ha un gap nelle materie tecnico scientifiche, siamo si in vantaggio sul Regno Unito, ma Francia, Spagna e Germania ci surclassano, e seppure si sia individuato un aumento di iscrizioni alle università STEM, poco più di 2000 iscritti in confronto al 2019, rimaniamo ancora nella soglia di analfabetismo tecnologico.
Ci viene incontro un’analisi condotta da uno dei fornitori Leader della sicurezza informatica, Panda Security che da anni monitorizza e rilascia sul suo blog interessanti analisi statistiche sull’Italia:
Secondo l’OCSE, solo il 21% degli italiani ha un livello di alfabetizzazione digitale sufficiente. A partire da qui, potremmo citare tantissimi studi, numeri e percentuali su questo argomento. Per non complicare le cose, invece, preferiamo attenerci solo ad alcuni dati emblematici, riportati in questo ottimo articolo sull’analfabetismo digitale di Milena Gabanelli nella rubrica Dataroom del Corriere:
- Il 31% degli italiani non utilizza Internet.
- Il 13% degli italiani utilizza l’online per le procedure amministrative (media UE: 30%).
- In Italia l’8% delle PMI vende anche online, in Germania il 23%.
- Il 40% dei dipendenti di imprese private italiane non sa utilizzare bene i software da ufficio (Office, CSM, CRM e così via).
E ci fermiamo qui, perché consideriamo che da soli questi numeri siano in grado di illustrare in modo chiaro la situazione italiana: siamo rimasti indietro.
Il fatto è che abbiamo dato per scontato per decenni, che le nostre risorse analogiche fossero sufficenti a svolgere e risolvere i nostri problemi quotidiani, invece di fare immediatamente affidamento alle nuove tecnologie. Pensa che in Italia è tutt’ora normale inviare Fax, per molti paesi è l’equivalente temporale della tecnologia audio dei vinile, e questa la dice lunga.
Il Covid ci ha sbattuto in faccia la nostra enorme ignoranza gestionale, aggravando di fatto la già pericolosa situazione pandemica. Pensa agli anziani in fila alle poste nel 2021 per riscuotere la pensione causando assembramenti, le piccole transazioni monetarie ancora in contanti che aumentano il rischio di contatto con i patogeni, la difficoltà per molti di richiedere documenti al proprio comune di residenza via mail per cui vale lo stesso problema delle poste, il non saper fare un ordine online per la spesa quotidiana ecc…
Il ridicolo è ormai assodato, ed i giovani hanno pressappoco la sufficenza nell’uso dei device, ecco quindi che l’iniziativa del Ministro Bianchi sul recovery, assume dei toni di rigore bellissimi ed utilitaristi.
Dimentichiamoci di certa stampa sensazionalista a cui piace elogiare i sacri sepolcri, fomentando una rivalsa dei metodi medievali, che tra l’altro sono la prima causa della mancata ripresa economica, e condannando i giovani ad una ricerca di lavori sempre più scarseggianti e poco richiesti, e soprattutto mal retribuiti e nella maggior parte dei casi, grazie allo scarso uso dei metodi digitali, pagati a nero, creando ulteriori voragini nelle casse dello stato.
Già, perché il mancato uso di metodi digitali di tracciamento monetario, favorisce l’evasione fiscale, ed è dunque questo, anche se in ritardo e forse ancora in maniera insufficiente, il momento di affacciarci finalmente al futuro cominciando dai giovani, per riaffermarci come una nuova economia, ripartendo dalla scuola e dall’uso intelligente di parte del Recovery Fund.