La disfunzione delle proteina A1 è risultata responsabile della morte o del danneggiamento delle celle nervose nei pazienti con diagnosi di sclerosi multipla. La proteina A1 è coinvolta in numerosi processi biologici, compreso lo sviluppo e la funzione dei neuroni e un gruppo di scienziati del College of Medicine dell’Università del Saskatchewan (USA), grazie a questa informazione, intende sviluppare farmaci in grado di inibire il danno alle cellule nervose che si verifica a causa di malattie come la sclerosi multipla.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica eNeuro.
Disfunzione della proteina A1: ecco come agisce sulle cellule cerebrali
La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria immuno-mediata che attacca gli assoni mielinizzati nel sistema nervoso centrale, distruggendo la mielina e l’assone in gradi variabili e producendo una disabilità fisica significativa entro 20-25 anni in oltre il 30% dei pazienti. Il segno distintivo della SM sono gli episodi sintomatici che si verificano a distanza di mesi o anni e colpiscono diverse sedi anatomiche.
La causa della SM non è nota, ma probabilmente coinvolge una combinazione di suscettibilità genetica e un presunto innesco non genetico (p. es., infezione virale, bassi livelli di vitamina D) che insieme provocano una malattia autoimmune autosufficiente che porta a ricorrenti attacchi immunitari. La variazione geografica nell’incidenza della SM supporta la probabilità che i fattori ambientali siano coinvolti nell’eziologia.
La SM viene diagnosticata sulla base di reperti clinici e prove a sostegno di test ausiliari, come la risonanza magnetica (MRI) del cervello e l’esame del liquido cerebrospinale. Tradizionalmente, la SM non poteva essere diagnosticata dopo un solo episodio sintomatico, poiché la diagnosi richiedeva il verificarsi di attacchi clinici ripetuti che suggerivano la comparsa di lesioni separate nel tempo e nello spazio; tuttavia, le recenti linee guida consentono la diagnosi di SM anche con un primo episodio clinico purché i test ausiliari supportino la separazione delle lesioni nel tempo o nello spazio.
“La disfunzione A1 nelle cellule nervose provoca la moete e il danno delle cellule nervose , noto anche come ‘neurodegenerazione’ nei pazienti con SM”, ha affermato il dott. Michael Levin (MD), professore dell’USask College of Medicine e Saskatchewan MS Clinical Research Chair in Neurology, che ha guidato il progetto: “La neurodegenerazione è il motivo per cui le persone con SM continuano a manifestare un peggioramento dei sintomi neurologici, anche quando assumono un farmaco per la SM”.
Sviluppando la conoscenza di come la proteina A1 provoca danni a un neurone, il team di ricerca spera di creare farmaci che interrompano o prevengano i processi neurodegenerativi: “Il nostro obiettivo è prevenire la neurodegenerazione e, così facendo, migliorare la vita delle persone che vivono con la SM“, ha affermato Levin.
Il team di scienziati ha modellato la disfunzione della proteina A1 riducendo geneticamente la quantità della stessa nelle cellule nervose, dimostrando che la disfunzione della proteina A1, provoca una riduzione della crescita delle cellule nervose. I rami delle cellule nervose si accorciano e la comunicazione tra le cellule viene quindi compromessa, il che può portare a sintomi neurologici osservati nelle persone che convivono con la SM.
Altri risultati indicano che vi è un aumento dei livelli di tossicità cellulare dallo spostamento della proteina A1, nonché interruzioni della capacità della cellula di far fronte allo stress.
Comprendere che tutti e tre i fattori – funzione delle cellule nervose compromessa, aumento della tossicità cellulare e adattamento allo stress compromesso delle cellule nervose – contribuiscono alla neurodegenerazione nei pazienti con SM è fondamentale per la progettazione di trattamenti in grado di affrontare questi componenti.
Il team si sta ora concentrando sulla sperimentazione di farmaci per invertire la neurodegenerazione causata dalla disfunzione della proteina A1 nelle cellule nervose coltivate in laboratorio che imitano quelle trovate nei pazienti con SM: “Siamo fiduciosi che questo porterà alla scoperta di farmaci che possono essere utilizzati negli esseri umani, che inibiranno la neurodegenerazione e miglioreranno la vita delle persone che vivono con la SM“, ha detto Levin.
Una precedente ricerca statunitense, aveva evidenziato che: ” Nelle persone sane, i granuli di stress proteggono le cellule nervose. La scoperta di granuli di stress anormali nelle cellule nervose di un paziente con SM svela un nuovo meccanismo di malattia, che può portare a nuovi trattamenti per questa malattia devastante che colpisce le persone all’inizio della loro vita e carriera“.
In precedenza si era scoperto che i granuli di stress portano alla morte delle cellule nervose o al danno in altre malattie neurologiche come la sclerosi laterale amiotrofica e alcuni tipi di demenza, ma questa è la prima volta che sono stati implicati in associazione con la SM.
La SM è la malattia più comune del sistema nervoso nei giovani adulti e si ritiene che sia autoimmune, il che significa che il sistema immunitario del corpo attacca il cervello e il midollo spinale. Questo crea un danno permanente che si traduce in sintomi come perdita della vista, paralisi, dolore e disfunzione sessuale.
“Anche se la causa di questi granuli di stress anormali nelle persone con SM non è del tutto chiara, sappiamo che è correlata alla risposta immunitaria del corpo e, in particolare, a una molecola chiamata interferone-gamma. Questa scoperta potrebbe aprire la strada alla ricerca su nuovi farmaci che potrebbero abbattere questi granuli di stress anormali e potenzialmente rallentare o invertire il corso della SM“, aveva allora dichiarato Levin, nel 2018.
Il lavoro di allora, pubblicato pubblicato sul Journal of Neuroimmunology con il titolo Proteine leganti l’RNA disfunzionali e granuli di stress nella sclerosi multipla , è stato fondamentale per rintracciare quale proteina disfunzionale danneggiasse le cellule nervose nei pazienti con SM: la proteina A1.
Le mutazioni A1 hanno anche causato la formazione dei granuli di stress più rapidamente e frequentemente. Per osservare questa dinamica gli scienziati si sono serviti di un sistema di imaging optogenetico di cellule vive per sondare le caratteristiche di localizzazione e associazione di A1.
Questo approccio della biotecnologia medica dimostra anche che le mutazioni somatiche in A1 alterano la sua funzione e promuovono la formazione di granuli da stress, il che supporta l’ipotesi che la disfunzione di A1 possa esacerbare la neurodegenerazione nella sclerosi multipla.
La comprensione dei meccanismi molecolari della neurodegenerazione nella sclerosi multipla può portare a nuove terapie che attenuano la neurodegenerazione, migliorando così la vita dei pazienti con sclerosi multipla.
Altri ricercatori USask coinvolti nello studio includono gli assistenti di ricerca Amber Anees (studentessa MSc), Hannah Salapa, Catherine Hutchinson e la dott.ssa Patricia Thibault (PhD) della USask College of Medicine Neurology Division.
La ricerca è stata finanziata dall’USask College of Medicine e dalla Saskatchewan Health Research Foundation.
C’è relazione fra i livelli di vitamina d e la produzione di proteine A1?