Una nuova ricerca che ha coinvolto 47 volontari con diagnosi di depressione ha dimostrato che l’assunzione di probiotici, oltre l’effetto benefico generale sulla salute, sono un valido aiuto nel trattamento della depressione.
Lo studio si è sviluppato in un arco di tempo di 31 giorni dove una parte dei partecipanti ha assunto i probiotici mentre ad un altro gruppo è stato somministrato un placebo. I volontari che hanno assunto i probiotici hanno dimostrato di trarre beneficio con un miglioramento dei sintomi di depressione rispetto a coloro che hanno assunto un placebo.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Translational Psychiatry
Probiotici e depressione: ecco cosa dice lo studio
Durante la fase di sperimentazione, i ricercatori hanno anche osservato cambiamenti causati dai probiotici nella flora intestinale di chi li ha assunti: un aumento dei batteri produttori di acido lattico. Tuttavia, un follow-up dopo quattro settimane ha mostrato che i livelli di questi batteri sono diminuiti nuovamente in quel periodo: “Può darsi che quattro settimane di trattamento non siano sufficienti e che ci voglia più tempo per stabilizzare la nuova composizione della flora intestinale“, ha dichiarato la psichiatra Anna Chiara Schaub, dell’Università di Basilea in Svizzera.
La ricerca si è basata su informazioni che gli scienziati già cinoscono: l’intestino e il mix di batteri in esso contenuti possono svolgere ruolo importante nella nostra salute mentale. Il team ha anche esaminato un altro legame esplorato in precedenza, tra la depressione e il modo in cui elaboriamo le emozioni che incontriamo nelle altre persone.
Nelle persone con diagnosi di depressione, alcune regioni del cervello gestiscono questa elaborazione in modo diverso e spesso viene misurata osservando le risposte alle espressioni facciali. Questo studio ha adottato lo stesso approccio, utilizzando scansioni fMRI per vedere come i partecipanti hanno reagito ad espressioni del viso neutre o paurose.
La ricerca ha rilevato che che i probiotici hanno avuto un impatto anche in questo ulteriore test: per coloro ai quali sono stati somministrati dei batteri “buoni“, i processi cerebrali normalmente errati si sono normalizzati. Anche se le ragioni per cui ciò accade non sono del tutto chiare, i primi risultati sono positivi e dimostrano che il trattamento influisce su molteplici aspetti della depressione: “Sebbene l’asse microbioma-intestino-cervello sia oggetto di ricerca da diversi anni, i meccanismi esatti devono ancora essere completamente chiariti” ha affermato la dottoressa Schaub.
I benefici dei probiotici per la salute non sono affatto chiari e la ricerca continua per stabilire se potrebbero bel lungo periodo dannosi anziché curativi. Sulla base di questo piccolo campione, tuttavia, sembra che abbiano almeno un certo potenziale quando si tratta di curare chi soffre di depressione.
Il team di ricercatori che hanno condotto la ricerca ha voluto specificare una condizione molto importante: i probiotici non funzionerebbero come trattamento da soli, senza gli antidepressi e saranno necessarie ulteriori ricerche per esaminare gli effetti di alcuni tipi di batteri vivi su un numero molto maggiore di persone.
Attualmente, circa due terzi di quelli prescritti con antidepressivi non mostrano una risposta significativa a lungo termine ad essi. È possibile che nella ricerca di trattamenti più mirati ed efficaci, i probiotici possano avere una funzione importante che non è stata ancora trovata: “Con una conoscenza aggiuntiva dell’effetto specifico di alcuni batteri, potrebbe essere possibile ottimizzare la selezione dei batteri e utilizzare la migliore miscela per supportare il trattamento della depressione“, ha concluso la Dottoressa Schaub.
Per quanto riguarda l’Italia, secondo l’ISTAT: “Si stima che in Italia superino i 2,8 milioni (5,4% delle persone di 15 anni e più) coloro che ne hanno sofferto nel corso del 2015 e siano 1,3 milioni (2,5%) coloro che hanno presentato i sintomi della depressione maggiore. Rispetto alla media dei paesi europei, in Italia la depressione è meno diffusa tra gli adulti e tra i 15-44enni (1,7% contro 5,2% media Ue28) mentre per gli anziani lo svantaggio è di 3 punti percentuali”.
Antonella Gigantesco del reparto Ricerca clinico-epidemiologica in salute mentale e comportamentale dell’ISS, riferendosi agli effetti del lockdown sulla salute mentale ha dichiarato: “La pandemia ha comportato dunque molte sfide, in particolare per i giovani preoccupati per il loro futuro, le donne e i lavoratori i cui mezzi di sussistenza sono stati minacciati. Sarà importante, nel breve e lungo periodo, promuovere azioni e interventi specifici e innovativi rispetto a nuovi bisogni di salute mentale emergenti come il potenziamento dei servizi per la salute mentale e politiche che coinvolgano anche i luoghi di lavoro e le scuole”.