La progressione della prognosi del morbo di Parkinson potrebbe essere legata a determinati driver genetici: a rivelarlo è uno studio condotto dai ricercatori del Brigham and Women’s Hospital, che hanno riconosciuto 5 posizioni genetiche (loci) associate al decorso cronico della malattia. Il gruppo di esperti ha anche messo a punto il primo punteggio di rischio per prevedere la progressione della malattia di Parkinson nel tempo alla demenza (PDD), un fattore determinante per la qualità della vita.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature Genetics.
Driver genetici nel Parkinson: qualche dettaglio sulla ricerca
Clemens Scherzer, MD, direttore del Center for Advanced Parkinson Research presso il Brigham e direttore del Brigham Programma di neurologia di precisione e autore dello studio ha spiegato che: “I pazienti che vengono a trovarmi in clinica sono preoccupati per il loro futuro, piuttosto che per i loro fattori di rischio passati. Vogliono sapere come andranno in futuro e hanno bisogno di farmaci progettati per impedire alla malattia di progredire rapidamente. Questa è la domanda centrale del nostro studio: quali geni determinano se un paziente avrà un decorso aggressivo o benigno e quali le varianti influenzano chi svilupperà la demenza? “.
La ricerca si è basata su uno studio di sopravvivenza a livello di genoma (GWSS) di 11,2 milioni di varianti genetiche in 3.821 individui con PD su 31.578 visite di studio longitudinali portate avanti nel corso di 12 anni.
Gli scienziati sono riusciti a rintracciare 5 loci di progressione, punti nel genoma in cui le varianti genetiche erano associate al tempo che intercorre tra l’inizio della malattia di Parkinson e la progressione alla demenza. Questi includevano tre nuovi loci: RIMS2, un gene coinvolto nell’attracco delle vescicole sinaptiche; TMEM108; e WWOX. Gli esperti hanno anche ribadito l’importanza di GBA e APOE4 come loci di progressione per il PD. Le varianti RIMS2 hanno avuto un effetto più di 2,5 volte più forte sulla prognosi cognitiva rispetto a GBA e APOE4.
“Questo è un modo diverso di pensare alla malattia e allo sviluppo di un farmaco“, ha affermato Scherzer. “I farmaci modificanti la malattia che prendono di mira i driver genetici della progressione della malattia dovrebbero essere gli obiettivi principali per trasformare i progressori veloci in progressori lenti e migliorare la vita dei pazienti”.
I ricercatori hanno precisato che sarà necessario continuare la ricerca coinvolgendo nello studio popolazioni più ampie per poter esaminare altre varianti con effetti di dimensioni minori e per comprendere ulteriormente la sovrapposizione e le differenze nei contributori genetici alla suscettibilità, alla progressione e alle demenze. La ricerca ha infatti indicato che i loci di progressione del GWSS divergono dai loci di suscettibilità precedentemente identificati, suggerendo che i trigger genetici responsabili dell’inizio della malattia e i driver genetici che fanno avanzare progressivamente la malattia potrebbero essere ampiamente diversi.
Penso che sia molto importante continuare a rintracciare nuovi driver genetici x rallentare il decorso della malattia perché le cure attuali hanno solo effetti collaterali e non curano la malattia e neppure la rallentano. A pochi interessano i problemi legati ai malati di parkinson .La ricerca rallenta tanto parlare e non si va avanti pensare che si cura come 50 anni fa con la levodopa