Una recente scoperta archeologica nella grotta di Vanguard, a Gibilterra, sta riscrivendo la storia dei Neanderthal. Una fossa risalente a circa 60.000 anni fa, contenente tracce di resina lavorata, suggerisce che questi nostri antichi parenti possedevano competenze tecniche e cognitive molto più avanzate di quanto si pensasse in precedenza.
I Neanderthal: maestri nella lavorazione della resina
Per svelare i misteri di questa scoperta, un team internazionale di 31 ricercatori, provenienti da oltre 5 Paesi e specializzati in 15 discipline diverse, ha lavorato in sinergia. Paleontologi, archeologi, icnologi, geochimici e mineralogisti hanno unito le loro competenze per analizzare nel dettaglio i reperti rinvenuti. Grazie a questo approccio multidisciplinare, è stato possibile ricostruire con precisione le fasi della produzione della resina e determinare l’età della fossa.
La resina, una sostanza appiccicosa prodotta da alcune piante, era un materiale molto prezioso per i nostri antenati. Veniva utilizzata per incollare punte di freccia, sigillare contenitori e impermeabilizzare indumenti.
Fino a poco tempo fa, si riteneva che solo l’Homo sapiens fosse in grado di estrarre e lavorare la resina in modo così sofisticato. La scoperta nella grotta di Vanguard ha rivelato una fossa appositamente scavata, all’interno della quale i Neanderthal sembravano aver creato una sorta di “fabbrica” per la lavorazione della resina. All’interno della fossa sono state trovate tracce di fuoco, frammenti di corteccia e residui di resina, a dimostrazione di un processo di estrazione e lavorazione piuttosto complesso.
L’analisi dei reperti ha rivelato che i Neanderthal utilizzavano tecniche sofisticate per estrarre la resina dagli alberi. Scaldavano la corteccia sul fuoco per farla ammorbidire e poi la raschiavano con strumenti di pietra. La resina raccolta veniva quindi lavorata e modellata per ottenere la forma desiderata.
Questa scoperta ha profonde implicazioni. Dimostra che questi nostri antichi parenti non erano esseri primitivi e rozzi, ma possedevano capacità cognitive e manuali molto sviluppate. Erano in grado di pianificare, collaborare e utilizzare strumenti in modo complesso, caratteristiche che fino a poco tempo fa si pensava fossero esclusive dell’Homo sapiens.
La scoperta della fossa di Vanguard ci costringe a rivedere le nostre teorie sull’evoluzione umana. I Neanderthal non erano semplicemente dei cugini evolutivi dell’Homo sapiens, ma una specie intelligente e adattabile, capace di sviluppare tecnologie sofisticate. Questa nuova comprensione ci invita a riconsiderare il nostro rapporto questi ominini e a rivalutare il loro contributo alla storia dell’umaniti
I primi chimici della preistoria
La scoperta nella grotta di Vanguard ha rivelato una fossa appositamente scavata, all’interno della quale i Neanderthal sembravano aver creato una sorta di “fabbrica” per la lavorazione della resina. All’interno della fossa sono state trovate tracce di fuoco, frammenti di corteccia e residui di resina, a dimostrazione di un processo di estrazione e lavorazione piuttosto complesso. Ma quale metodo utilizzavano per estrarre la resina? Gli studiosi hanno ipotizzato due possibili tecniche:
Combustione all’aria aperta: Un metodo semplice ma poco produttivo, che consisteva nel bruciare la corteccia di betulla per farla ammorbidire e raccogliere la resina che colava.
Riscaldamento anossico: Un metodo più complesso e sofisticato, che prevedeva il riscaldamento di frammenti di legno in assenza di ossigeno. In questo modo, la resina veniva estratta senza che il legno bruciasse completamente.
La scelta di una o dell’altra tecnica ha importanti implicazioni per la valutazione delle loro capacità cognitive. Il secondo metodo, quello del riscaldamento anossico, richiedeva una pianificazione accurata, una buona conoscenza delle proprietà dei materiali e la capacità di controllare il fuoco in modo preciso. Questa tecnica suggerisce che essi possedevano un livello di intelligenza e di capacità di problem solving molto più elevato di quanto si pensasse in precedenza.
Fernando Muñiz, docente presso il Dipartimento di Cristallografia, Mineralogia e Chimica Agraria dell’Università di Siviglia, spiega che “i nostri cugini estinti non erano gli esseri umani brutalizzati dell’immaginario popolare”. È stato dimostrato che questa specie umana possiede capacità cognitive, come dimostrato da ricerche che dimostrano la padronanza di processi industriali per la produzione di resina da usare come adesivo per fissare punte di pietra alle impugnature delle lance.
Un’eredità inaspettata
D’altro canto, il direttore degli scavi Clive Finlayson spiega che: “I Neanderthal hanno dovuto seguire una serie di processi mentali, scegliendo quali piante selezionare e capendo come estrarre la resina senza bruciarla”. Le prove geochimiche e i pollini fossili suggeriscono che la resina fosse ricavata dal cisto spinoso (Cistus ladanifer) e non dalla betulla, un albero all’epoca più raro alle latitudini mediterranee.
Per verificare la fattibilità delle tecniche utilizzate dai Neanderthal, i ricercatori hanno condotto un esperimento di archeologia sperimentale. Riproducendo le condizioni ambientali e utilizzando gli stessi strumenti a disposizione dei Neanderthal, sono riusciti a estrarre la resina dal cisto spinoso e a lavorarla. Questo esperimento ha dimostrato che i Neanderthal possedevano le conoscenze e le abilità necessarie per realizzare strutture come quella scoperta nella grotta di Vanguard.
È interessante notare che fino al XX secolo, l’olio di labdano veniva ricavato dai cisti per essere utilizzato come profumo, sciroppo per la tosse e come antisettico, con un metodo molto simile a quello descritto in questo studio. Questa scoperta suggerisce che i Neanderthal non solo avevano una profonda conoscenza del mondo naturale, ma erano anche in grado di sfruttare le risorse disponibili per migliorare la loro qualità di vita.
Catrame di betulla: un legante prezioso
Il catrame, una sostanza viscosa ottenuta dalla distillazione di legno resinoso, era fondamentale per i nostri antenati. Veniva utilizzato come collante per fissare le punte di freccia ai manici di legno, migliorandone l’efficacia e la durata. Fino a poco tempo fa, si pensava che solo l’Homo sapiens fosse in grado di produrre il catrame in modo così sofisticato.
Come già accennato in precedenza, I ricercatori hanno avanzato l’ipotesi che i Neanderthal utilizzassero questo focolare per riscaldare piante resinose, come il cisto (Cistaceae), in condizioni anossiche, bruciando erbe e arbusti. Per verificare questa teoria, hanno condotto un esperimento replicando le condizioni presenti nella grotta di Vanguard. Utilizzando foglie di cisto e seguendo le indicazioni fornite dalla struttura del focolare, sono riusciti a produrre catrame in modo efficace.
L’analisi chimica dei residui trovati nel focolare ha fornito prove concrete a sostegno di questa ipotesi. La presenza di levoglucosano e retene, composti organici tipici della combustione di materiale vegetale resinoso, conferma che la struttura era effettivamente utilizzata per la produzione di catrame. Questa scoperta rivoluziona la nostra comprensione dei Neanderthal. Dimostra che questi nostri antichi parenti possedevano capacità cognitive e tecnologiche molto più avanzate di quanto si pensasse in precedenza. Erano in grado di progettare strutture complesse, controllare il fuoco in modo preciso e utilizzare le risorse naturali in modo efficiente.
La scoperta del focolare di Vanguard ci mostra che i Neanderthal non erano esseri primitivi, ma piuttosto esseri umani complessi e creativi, capaci di adattare l’ambiente alle loro esigenze. Questa nuova comprensione ci invita a riconsiderare il nostro rapporto con i Neanderthal e a rivalutare il loro contributo alla storia dell’umanità e mostra che i Neanderthal erano molto più sofisticati di quanto si pensasse in precedenza e ci invita a riconsiderare il nostro posto nel mondo naturale.
La ricerca è stata pubblicata su Quaternary Science Reviews.