Lo sviluppo di robot contro le mine antiuomo è la nuova frontiera della ricerca che vuole dare il suo contributo per rintracciare gli ordigni inesplosi che ogni anno mietono centinaia di vittime che subiscono la mutilazione degli arti. I più colpiti sono spesso i bambini.
Robot contro le mine antiuomo: gli obiettivi
La Nato, insieme all’università di Firenze e ad altre collaborazioni internazionali, lavora da anni a questo interessante progetto. L’ateneo di Firenze, guidato dal professor Lorenzo Capineri, docente di Elettronica presso il Dipartimento di Ingegneria dell’informazione dell’Università di Firenze, contribuisce con la ricerca allo studio di metodi e tecnologie elettroniche utili a rendere più efficiente e sicuro lo sminamento umanitario.
Il risultato di tanto impegno è Il risultato è un prototipo di robot innovativo, “UGO-1st”, capace di individuare le bombe inesplose senza mettere a rischio la vita e la salute degli artificieri. La macchina è equipaggiata con 2 diversi tipi di radar: uno a impulsi ad azione rapida, scandaglia il terreno fino alla profondità di alcuni centimetri e arresta il robot non appena rileva un oggetto nel suolo; l’altro, di tipo olografico, sviluppa immagini per indicare all’operatore che tipo di oggetto ha fatto fermare il robot stesso.
Capineri ha spiegato che: “Il nome che gli abbiamo dato, può anche essere letto come abbreviazione della frase “You go first”. Il robot, infatti, può andare effettivamente per primo sulla zona a rischio senza esplodere, grazie alla sua leggerezza. Ma ora la ricerca raddoppia. La Nato, sulla base dei primi promettenti ha finanziato un nuovo progetto dal 2020 al 2023; il titolo è Multi-sensor cooperative robots for shallow buried explosive threat detection – DEMINING ROBOTS è sarà dunque guidato dall’Ateneo fiorentino”.
“Lo scopo -continua lo studioso- quindi è quello di consolidare e sviluppare le ricerche per dimostrare la fattibilità di un sistema di rilevamento sicuro di mine terrestri e di ordigni realizzati con materiali non convenzionali”.