La notizia ha dell’incredibile, ma sta rimbalzando ovunque: il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA starebbe organizzando una sorta di “svendita di fine attività” per una serie di satelliti scientifici, alcuni già in orbita e altri ancora da lanciare. Sembra il titolo di una sitcom distopica, e invece è tutto vero.
Secondo quanto riportato da NASA Watch, blog gestito dall’ex astrobiologo Keith Cowing, al centro della svendita ci sarebbero asset di valore scientifico enorme: satelliti dedicati allo studio del clima, al monitoraggio della Terra, alle previsioni sugli uragani, e persino strumenti ancora non lanciati come GLIMR (Geostationary Littoral Imaging and Monitoring Radiometer).
Una manovra figlia dei tagli

Per capire il contesto bisogna guardare a monte: tutto parte dal budget 2026 dell’amministrazione Trump, che prevedeva di tagliare più della metà dei fondi alla direzione scientifica della NASA. Una scelta definita senza mezzi termini da Casey Dreier (Planetary Society) come “un evento di estinzione per la scienza spaziale”.
Il punto, però, è che NASA HQ sembra non voler nemmeno aspettare che il bilancio venga approvato. I tagli sono già iniziati nei fatti: progetti congelati, strumenti accantonati, e ora la mossa clamorosa del JPL, che starebbe cercando compratori tra enti governativi e aziende private.
Il futuro della scienza venduto al miglior offerente?
Un ingegnere del JPL, Luis Amaro, cerca di sdrammatizzare con ironia: “Dobbiamo mantenerci il senso dell’umorismo da queste parti”. Ma l’umore tra gli scienziati è tutt’altro che allegro.
Yusef Johnson, mission integration lead per Artemis IV, va giù duro: “Il popolo americano ha votato per questo. L’olio di serpente vende ancora bene.”
Il messaggio è chiaro: chi ha interesse nella scienza pubblica – e nella trasparenza – dovrebbe preoccuparsi. I satelliti che monitorano il nostro pianeta e le sue crisi non sono beni superflui da scaricare su eBay. Sono strumenti vitali per capire come sta cambiando il mondo.
Cosa sta succedendo davvero al JPL?

La risposta ufficiale? Nessuna. NASA non ha rilasciato dichiarazioni, e lo stesso Cowing precisa che è una vicenda in divenire, con nuovi dettagli in arrivo.
Ma la realtà è che il Jet Propulsion Lab – una delle eccellenze mondiali nella ricerca spaziale – potrebbe trovarsi costretto a vendere pezzi della propria missione scientifica, pur di restare a galla.
Si tratta solo di una manovra temporanea o del sintomo di qualcosa di molto più grave?
Perché questa storia ci riguarda tutti
Non si parla solo di satelliti. Si parla di scelte politiche che hanno un impatto diretto sulla scienza, sulla nostra capacità di leggere i segnali del cambiamento climatico, sull’accesso ai dati ambientali.
Quello che sta accadendo alla NASA è lo specchio di un mondo in cui la ricerca viene svenduta per fare cassa, mentre le crisi globali richiederebbero esattamente il contrario.
E tu, sapevi di questa “svendita spaziale”? Pensi che la scienza pubblica debba finire nelle mani del mercato privato?