Una ricerca tutta italiana sta sviluppando una nuova tecnologia biomedica capace, attraverso delle nanoparticelle, di veicolare terapie farmacologiche mirate ad interrompere la neurodegenerazione. Il team di ricerca coinvolto proviene dall’Università di Milano.
Gli scienziati hanno potuto usufruire di un progetto di ricerca che comprende un finanziamento nell’ambito del programma di scouting Seed4Innovation, promosso da Fondazione UNIMI in collaborazione con la Direzione Innovazione e Valorizzazione delle Conoscenze dell’ateneo.
Nanoparticelle: ecco cosa dice la nuova ricerca
Affinché sia possibile riuscire a trattare le malattie neurodegenerative è fondamentale riuscire a superare la barriera ematoencefalica, che fa da scudo di protezione del cervello, regolando il passaggio delle sostanze provenienti dal circolo sanguigno.
Proprio a causa di questa difficoltà, si è reso necessario elaborare una strategia che permettesse agli scienziati di attraversare questa barriera, sfruttando particolari delle nanoparticelle che hanno la capacità di veicolare nel cervello il colesterolo, una molecola che ha un effetto terapeutico per la malattia di Huntington, una rara forma di neurodegenerazione che insorge in età adulta con un decorso drammatico dopo 15-20 anni.
La malattia di Huntington (MH) è una patologia rara neurodegerativa del sistema nervoso centrale, caratterizzata da movimenti coreici involontari, disturbi psichiatrici e del comportamento e demenza. La sua manifestazione nella popolazione Caucasica è stimata intorno a 1/10.000-1/20.000. L’età media all’esordio dei sintomi è 30-50 anni.
In alcuni casi i sintomi esordiscono prima dei 20 anni, con disturbi del comportamento e difficoltà di apprendimento. La caratteristica predominante di questa malattia è la è la corea che si estende gradualmente a tutti i muscoli. Altri movimenti involontari comprendono i tic, simili a quelli della sindrome di Tourette. Ad oggi non ci sono terapie in grado di curare questa patologia
I ricercatori hanno spiegato che questi nanosistemi o nanoparticelle sono stati modificati in modo opportuno, come un “cavallo di Troia”, capace di trasportare farmaci dalla periferia al cervello. La tecnologia di nanoformulazione alle base di queste nanoparticelle, può essere adattata per sviluppare altre molecole da veicolare sempre nel cervello e capaci di curare altre malattie neurodegenerative.
Il team di ricerca è formato da Marta Valenza, Elena Cattaneo, Giulia Birolini dell’Università Statale di Milano e Istituto Nazionale di Genetica Molecolare (INGM) “Romeo ed Enrica Invernizzi” e da Giovanni Tosi, Barbara Ruozi, Jason T.Duskey, Ilaria Ottonelli dell’Università di Modena e Reggio Emilia, NanotechLab, Te.Far.T.I – gruppo proff.aria AngelaVandelli e Flavio Forni.
Credo che sia il momento di arrivare ad una cura efficace .lo meritano tutti i pazienti speranzosi e tutti i parenti che ve ne si occupano.swcondo me e la via piu giusta intrapresa fino ad oggi
Vi sono sempre più casi di demenza ad esordio precoce , purtroppo e nessuno o pochi ne parlano .Non vi sono risorse per queste malattie degenerative e la ricerca spesso è fatta solo di vane speranze per i malati edi famigliari .Intanto il tempo passa e la demenza avanza .In Italia queste malattie sono considerate le malattie dei vecchi e vi sono troppi stigma a riguardo
Ma è efficace anche contro l’Alzheimer?
Ho due figli con la corea di Huntington..penso che è ora di iniziare con qualche cura..fin ora erano solo chiacchiere..cmq finché verra una cura loro non ci saranno più..
Ma è già in atto ?
Lo Stato dovrebbe aumentare i sussidi destinati a stimolare la ricerca di cure in grado di fermare questa malattia ed altre malattie neurodegenerative..Investire nella sanità pubblica è cosa saggia e giusta perchè la vita e la salute sono i beni preziosi su cui si fonda ogni società civile.
Le demenze tutte davvero devastanti . Quella frontotemporale sembra non interessi nemmeno ai ricercatori . Non se ne sente mai parlare , mai che si abbia un accenno di studio. Spero tanto in queste nuove nanoparticelle.