Un team di ricercatori del Cancer Science Institute di Singapore (CSI Singapore) presso la National University of Singapore, guidato dal professore associato Takaomi Sanda e dal dottor Lim Fang Qi, ha dato nuova vita a un farmaco esistente, combattendo un tipo di tumore del sangue chiamata leucemia linfoblastica acuta a cellule T o T-ALL.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Haematologica.
PIK-75: ecco come agisce sulla leucemia linfoblastica acuta a cellule T o T-ALL
Il farmaco PIK-75, è stato inizialmente scoperto oltre un decennio fa, ma è stato scartato a favore di quelli più recenti. Ora, ha fatto un ritorno che lo considera imperdibile: i ricercatori hanno stabilito che il farmaco potrebbe bloccare non solo uno ma due percorsi cruciali che causano la leucemia di T-ALL, consentendo loro di sviluppare nuovi trattamenti che potrebbero effettivamente arginare la malattia.
Colpisce prevalentemente i bambini, la leucemia T-ALL è aggressiva e progredisce rapidamente, colpendo le cellule staminali nel midollo osseo che producono cellule T, che aiutano a mantenere la capacità di un individuo di combattere le infezioni. La condizione provoca la formazione di cellule T immature o mal sviluppate che si accumulano e sopraffanno le loro controparti normali, compromettendo così l’immunità del paziente. Molti pazienti che si sono precedentemente ripresi dalla T-ALL pediatrica soffrono di recidiva e, in alcuni casi, non rispondono nemmeno alla terapia di prima linea.
“Le attuali strategie di trattamento della leucemia si concentrano principalmente sul targeting di una singola molecola specifica per la malattia, come un’oncoproteina”, ha affermato Assoc Prof Sanda, autore principale dello studio. “Abbiamo appreso che la capacità delle cellule tumorali di sopravvivere e proliferare è sostenuta e promossa da molteplici meccanismi, di cui identificare e inibire solo uno spesso non è sufficiente per rallentare la marcia della malattia”.
Con questo in mente, il team ha scoperto i percorsi sottostanti rilevanti, in modo che gli interventi medici possano essere implementati per distruggere tutti i potenziali percorsi che la malattia può prendere mentre tenta di diffondersi in tutto il corpo del paziente.
Al contrario, il tipo B è caratterizzato dall’attivazione di una via di segnalazione anomala come la via PI3K-AKT-PTEN, una serie di reazioni in cui un gruppo di proteine in una cellula si allea per controllare la funzione della cellula, promuovendo infine la comparsa di cellule tumorali. Insieme, questi due meccanismi lavorano insieme per supportare la proliferazione delle cellule della leucemia T-ALL maligne nei pazienti.
Nel loro studio, i ricercatori hanno eseguito uno screening farmacologico per cercare potenziali candidati in grado di trattare la leucemia T-ALL. Tra circa 3.000 composti, PIK-75 si è distinto per la capacità di bloccare l’attività del fattore di trascrizione TAL1 e la via di segnalazione PI3K-AKT-PTEN, riducendo così notevolmente la sopravvivenza delle cellule T-ALL.
Focalizzandoci su un meccanismo di ‘collaborazione oncogenica’, abbiamo dimostrato l’efficacia del nuovo composto terapeutico nell’inibire il meccanismo oncogenico di base, che include anomalie sia di tipo A che di tipo B, che guida la progressione della leucemia T-ALL”, ha spiegato Assoc Prof Sanda. “PIK-75 ha prodotto una forte citotossicità contro le cellule T-ALL a basse dosi rispetto a studi precedenti che coinvolgevano altri tipi di farmaci che richiedevano concentrazioni più elevate per inibirne la crescita”.
Poiché il meccanismo di doppia inibizione del nuovo farmaco è altamente fattibile in un contesto clinico, i ricercatori stanno ora cercando di sviluppare un analogo solubile del farmaco, che è attualmente in una forma insolubile, in modo che possa eventualmente essere somministrato ai pazienti.
“Stiamo scavando più a fondo nella patogenesi dei tumori per scoprire ulteriori intuizioni salvavita”, ha affermato il dott. Lim. “Abbiamo anche in programma di portare alla luce più nuovi farmaci in grado di inibire efficacemente i meccanismi oncogenici primari della leucemia T-ALL”.
Secondo l’Airc: “In Italia, secondo le stime più aggiornate, mediamente vengono diagnosticati 17,5 casi di leucemia ogni 100.000 maschi e 10,5 ogni 100.000 femmine, che si traducono in un numero stimato di circa 4.700 nuovi casi ogni anno tra gli uomini e circa 3.200 tra le donne.
In base ai dati AIRTUM (Associazione italiana registri tumori), la forma più frequente di leucemia degli adulti è la leucemia linfatica cronica a cellule B (30 per cento di tutte le leucemie), mentre la leucemia linfoblastica acuta rappresenta il 20 per cento delle forme leucemiche dell’età avanzata. La leucemia mieloide cronica ha un’incidenza (1-2 casi annui ogni 100.000 adulti) più bassa della leucemia mieloide acuta (3,5 casi annui ogni 100.000 adulti).
Gran parte delle leucemie deriva da anomalie del DNA che vengono acquisite in modo casuale durante la vita. In particolare, la leucemia mieloide cronica è caratterizzata dalla comparsa di un cromosoma anomalo, il cromosoma “Philadelphia”, nel quale si viene a creare un nuovo gene (BCR-ABL). Si tratta del prodotto della fusione di due porzioni di DNA che, in condizioni normali, si trovano su due cromosomi diversi, il 9 e il 22.
Le cause dei tumori infantili sono quasi sempre sconosciute. Alcune malattie genetiche, come la sindrome di Down, sono associate a un rischio da 10 a 20 volte superiore di sviluppare una leucemia nei primi dieci anni di vita.
Per quanto riguarda gli adulti, esiste un collegamento tra l’esposizione a dosi massicce di radiazioni e alcuni tipi di leucemia. C’è inoltre un’associazione con l’esposizione a sostanze chimiche come il benzene, un componente naturale del petrolio, e la formaldeide, un composto organico presente anche in natura e utilizzato nell’industria chimica. Anche una radioterapia o una chemioterapia effettuate in precedenza per curare altre forme tumorali può aumentare il rischio di alcuni tipi di leucemia.
Sono stati infine identificati alcuni fattori di rischio non modificabili, sui quali cioè non si può intervenire per ridurre il rischio, come l’età avanzata e il sesso maschile”.
I farmaci a bersaglio molecolare sono meno tossici. A differenza della chemioterapia, non colpiscono le cellule sane, ma solo quelle leucemiche. Questo ha un grande valore se si pensa che, per i loro effetti collaterali, i chemioterapici non possono essere somministrati a pazienti anziani. Inoltre, essendo una terapia mirata, si presuppone vada a caccia delle cellule malate più nascoste, in genere non intercettate dallo spettro chemioterapico.
Valutare la qualità della vita del paziente aiuta a capire sia come un nuovo farmaco impatta sulla quotidianità di un paziente; sia, attraverso indagini e questionari, qual è il suo stato di salute durante la terapia. Dato che le ricerche non hanno ancora scoperto una target therapy capace di cambiare la storia della leucemia mieloide acuta in termini di sopravvivenza, per noi ematologi è importante sapere se un farmaco, nonostante non allunghi la vita, almeno ne migliori la qualità. Sarebbe una ragione valida per prescriverlo”.
Per quanto riguarda la leucemia linfoblastica acuta, il Prof. Fabrizio Pane
Professore Ordinario di Ematologia e Direttore U.O. di Ematologia e Trapianti A.O.U. Federico II di Napoli, ha dichiarato: “Negli ultimi anni uno dei risultati più significativi è stato sicuramente l’introduzione degli anticorpi monoclonali che hanno cambiato lo scenario terapeutico. Sono due i capifila: blinatumomab e inotuzumab ozogamicin.
Il primo è un anticorpo monoclonale bispecifico costituito da 2 anticorpi che si lega contemporaneamente alle cellule T del sistema immunitario e alle cellule B maligne. Blinatumomab crea un ponte tra il CD3, recettore espresso sulla superficie delle cellule T e il CD19, recettore presente sulla superficie delle cellule leucemiche B-linfocitarie. Il legame stimola le cellule linfocitarie T, dotate di attività litica nei confronti di agenti estranei, a riconoscere le cellule maligne e distruggerle.
Il farmaco viene somministrato in infusione continua per 24 ore, tipicamente in 2 o 3 cicli 4 settimane di infusione ciascuno, di cui solo i primi giorni di terapia in ospedale e poi a casa portando la pompa di infusione del farmaco come uno “zainetto”. La terapia è in genere molto efficace e più del 65% deI pazienti che hanno fallito i trattamenti tradizionali vanno in remissione completa della malattia.
Inotuzumab ozogamicin è un anticorpo monoclonale che lega un potente chemioterapico che “trasporta” fino al bersaglio costituito da una proteina, l’antigene CD22 situata sulla membrana delle cellule leucemiche. L’anticorpo, dopo il legame al bersaglio, viene internalizzato dalla cellula leucemica insieme al chemioterapico a esso legato. Il risultato finale è il trasporto del chemioterapico all’interno delle cellule leucemiche con la loro distruzione.
Questo anticorpo è indicato in monoterapia per il trattamento di pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta a cellule B CD-22 positivi, recidivata o refrattaria e per la leucemia linfoblastica acuta, positiva per il cromosoma Ph+. Viene somministrato con un’infusione classica, circa 2 ore per volta, fino a raggiungere il massimo effetto.
Anche per questo anticorpo monoclonale i risultati in termini di ottenimento di remissione completa sono estremamente buoni anche in pazienti che hanno dimostrato refrattarietà a tutte le terapie tradizionali.
È da sottolineare che l’impiego di queste immunoterapie ha consentito di effettuare il trapianto di cellule staminali in una elevata percentuale di pazienti recidivati, con il risultato ultimo di ottenere un elevato tasso di guarigioni.
Questi farmaci, sono ora impiegati in studi clinici di prima linea in cui sono utilizzati in combinazione con la chemioterapia tradizionale per ottenere remissioni più lunghe e un aumento del tasso di guarigione.
La Car –T, Chimeric Antigen Receptor T-cell, è una tecnologia in grado di riprogrammare i linfociti T, manipolandone il genoma in modo da poter riconoscere selettivamente le cellule leucemiche mediante dei recettori chimerici sintetici per l’antigene.
La terapia si basa sul prelievo dei linfociti del paziente che vengono trattati in laboratorio, stabilizzati e reinfusi al paziente. I linfociti così modificati, non solo riconoscono selettivamente e con elevata efficienza le cellule leucemiche, ma al legame con queste ultime, sono attivati e si moltiplicano, amplificando l’efficienza della loro capacità anti-leucemica.
È una tecnica molto recente e con grandi potenzialità che deve però essere utilizzata in modo prudente e appropriato. La selezione del paziente è fondamentale e deve essere valutato attentamente il suo burden leucemico. Infatti l’attivazione dei linfociti CAR al contatto con le cellule leucemiche determina un potente rilascio di citochine che, oltre a danneggiare le cellule leucemiche e indurre la replicazione dei linfociti stessi, che sono gli effetti desiderati della terapia, può determinare dei rischi o danni al paziente.
Questa sindrome da rilascio di citochine, provocata da un’eccessiva risposta immunitaria dovuta all’infusione dei linfociti T modificati, può dare origine a reazioni anche molto violente dell’organismo, che possono essere gestite efficacemente solo quando i pazienti sono seguiti in centri con grande esperienza clinica.
La Car – T è approvata a livello europeo, ma non ancora in Italia, e proprio per la sua complessità devono essere selezionati centri e laboratori in grado di portela gestire al meglio. Al momento nel nostro paese sono in corso alcuni studi clinici che ci aiuteranno a capire come utilizzarla nel modo migliore e a capire le sue potenzialità, identificando i centri in cui effettuarla.
In ematologia e non solo il cancro è sempre più curabile, soprattutto con le nuove strategie terapeutiche, e sono in aumento i trattamenti iper-mirati e specializzati: immunoterapia, terapie cellulari, anticorpi monoclonali, la nuova CAR-T. Ad Amsterdam sono stati presentati risultati molto incoraggianti e di grande valore scientifico su studi con anticorpi monoclonali”.
È importante chiarire che questo farmaco ha puro scopo divulgativo e non intende sostituirsi al prezioso lavoro della comunità medica e paramedica. Se avvertissi dei sintomi che ti inducono a supporre di avere una leucemia, parlane tempestivamente col tuo medico di fiducia, che saprà prescriverti tutti gli accertamenti necessari ed eventualmente indirizzarti verso lo specialista più adatto alle tue esigenze.
Se invece hai già ricevuto una diagnosi di leucemia e le terapie descritte nell’articolo ti incuriosiscono, parlane con lo specialista che ti ha in cura, che saprà spiegarti tutto quello che non ti è chiaro.