Negli ultimi decenni, l’astronomia ha compiuto progressi straordinari, grazie soprattutto all’evoluzione delle tecnologie ottiche impiegate nei telescopi come le lenti piatte, dove strumenti come il Telescopio Spaziale Hubble e, più recentemente, il James Webb, hanno rivoluzionato la nostra comprensione dell’universo, permettendo osservazioni sempre più dettagliate e profonde.

Detto ciò, la ricerca di soluzioni ottiche più efficienti e meno ingombranti continua a essere una priorità nel campo dell’astrofisica, e proprio in questo contesto, un team di ingegneri e astronomi dell’Università dello Utah ha sviluppato un nuovo tipo di lenti piatte che potrebbero rappresentare una svolta significativa per l’imaging spaziale.
Tradizionalmente, i telescopi si dividono in due categorie principali: rifrattori e riflettori, i primirifrattori utilizzano lenti per rifrangere la luce e focalizzarla, mentre i secondi impiegano specchi per riflettere la luce verso un punto focale.
Le lenti di grandi dimensioni, però, sono spesso pesanti e costose da produrre, il che ha portato molti professionisti a preferire l’uso di specchi, del resto le lenti tradizionali possono soffrire di aberrazione cromatica, un fenomeno in cui le diverse lunghezze d’onda della luce vengono rifratte in misura leggermente diversa, causando frange di colore attorno agli oggetti osservati. Per correggere questo problema, si ricorre spesso a rivestimenti complessi e all’uso di più lenti, aumentando ulteriormente costi e complessità.
Le nuove lenti piatte sviluppata dall’Università dello Utah misurano meno di un millimetro di spessore e presenta microscopici anelli concentrici incisi su un substrato di vetro tramite una tecnica chiamata “litografia ottica in scala di grigi”; questi anelli sono progettati per rifrangere la luce in modo preciso, consentendo alla lente di focalizzare l’intero spettro visibile senza le distorsioni tipiche delle lenti tradizionali.
Secondo Rajesh Menon, professore di ingegneria presso l’Università dello Utah, le tecniche computazionali utilizzate hanno suggerito la possibilità di progettare lenti diffrattive piatte multi-livello con ampie aperture, capaci di focalizzare la luce attraverso lo spettro visibile.
Attualmente, questa lente è ancora in fase di prototipo, ma le sue potenziali applicazioni sono promettenti, sicuramente se il concetto potrà essere ampliato, queste lenti potrebbero un giorno sostituire le lenti e gli specchi più pesanti e ingombranti attualmente utilizzati nei telescopi, sia terrestri che spaziali. Oltre quanto detto fino ad ora, potrebbero essere implementate anche nei telescopi amatoriali, offrendo agli appassionati strumenti più leggeri ed efficienti.

Apratim Majumder, membro del laboratorio di Menon e leader del team dietro il nuovo prototipo di lente, ha sottolineato che questa dimostrazione rappresenta un passo avanti verso la creazione di lenti piatte di grande apertura e peso ridotto, capaci di catturare immagini a colori complete per l’uso in telescopi aerei e spaziali.
L’adozione di tali lenti potrebbe portare a una riduzione significativa dei costi e del peso associati ai telescopi spaziali, facilitando il lancio e l’operatività di future missioni, migliorando anche la loro capacità di eliminare l’aberrazione cromatica senza la necessità di complessi sistemi di correzione, rendendo la qualità delle immagini ottimale.
Il futuro dell’imaging spaziale e le implicazioni delle nuove lenti piatte
Uno degli aspetti più entusiasmanti delle nuove lenti piatte riguarda il suo potenziale impatto sulle missioni spaziali. La riduzione del peso e del volume di un telescopio è una priorità assoluta per le agenzie spaziali come la NASA e l’ESA, poiché ogni chilogrammo lanciato nello spazio comporta costi significativi. La sostituzione di lenti e specchi tradizionali con una soluzione più leggera e compatta potrebbe rendere più accessibili missioni che oggi risultano estremamente complesse e costose.
Le lenti piatte potrebbero anche rivoluzionare la progettazione dei futuri telescopi spaziali, consentendo strutture più compatte e facilmente trasportabili, ad esempio, uno dei problemi principali dei telescopi spaziali odierni è la necessità di meccanismi complessi per il dispiegamento dei componenti ottici una volta in orbita.
Il James Webb Space Telescope (JWST), per citare uno tra i più famosi, ha richiesto una serie di operazioni estremamente delicate per aprire il suo specchio primario e il parasole una volta raggiunto il punto di osservazione, mentre con le nuove lenti piatte, si potrebbe immaginare un futuro in cui i telescopi vengono lanciati in configurazioni molto più semplici, riducendo il rischio di malfunzionamenti dovuti a meccanismi mobili complessi.

Un’altra possibile applicazione riguarda l’integrazione di questa tecnologia nei piccoli satelliti, noti come CubeSat, questi mini-satelliti stanno diventando sempre più importanti per la ricerca scientifica e l’osservazione della Terra e dello spazio profondo, grazie alla loro economicità e flessibilità.
Ciononostante, uno dei limiti principali dei CubeSat è proprio la dimensione ridotta dei loro strumenti ottici, e con lenti piatte di alta qualità, sarebbe possibile migliorare la risoluzione e la sensibilità degli strumenti montati su questi satelliti, ampliando le loro capacità di monitoraggio e ricerca.
Anche le missioni su altri pianeti potrebbero trarre beneficio da questa innovazione, i rover su Marte, come Perseverance e Curiosity, utilizzano telecamere avanzate per analizzare la superficie del pianeta e identificare potenziali tracce di vita o risorse utili per future missioni umane, pertanto dotare questi strumenti di ottiche più leggere e con prestazioni migliorate potrebbe incrementare l’efficienza dell’esplorazione planetaria, fornendo immagini più nitide e dettagliate senza aumentare il carico utile delle missioni.
La ricerca di esopianeti, uno degli obiettivi più ambiziosi dell’astronomia moderna, potrebbe anch’essa beneficiare enormemente da questa tecnologia, con i telescopi spaziali che cercano pianeti in orbita attorno ad altre stelle necessitano di ottiche estremamente precise per distinguere i flebili segnali di questi mondi lontani dalla luce molto più intensa delle loro stelle madri.
Una lente piatta in grado di mantenere una messa a fuoco perfetta su diverse lunghezze d’onda potrebbe migliorare la capacità di rilevare esopianeti, permettendo di raccogliere dati più dettagliati sulle loro atmosfere e, potenzialmente, sulla loro abitabilità.

Infine, l’evoluzione di questa tecnologia potrebbe avere un impatto anche sulla fotografia astronomica amatoriale, attualmente infatti gli astrofili devono investire in strumenti costosi e spesso ingombranti per ottenere immagini di qualità elevata, mentre con l’introduzione di lenti piatte più leggere e accessibili, potrebbe democratizzare ulteriormente l’astronomia, permettendo a un numero maggiore di persone di esplorare il cielo con strumenti più avanzati.
La strada verso l’adozione su larga scala di questa nuova tecnologia è ancora lunga, ma gli esperimenti condotti finora indicano che il concetto è valido e promettente, sicuramente nei prossimi anni, ulteriori ricerche e miglioramenti potrebbero portare alla realizzazione dei primi strumenti astronomici commerciali basati su lenti piatte, aprendo una nuova era nell’imaging spaziale.
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