Il sogno proibito di leggere nel pensiero è probabilmente appartenuto a tutte quelle generazioni che hanno amato e amano la fantascienza e i romanzi distopici. Anche la filmografia ha ricalcato questo bisogno ancestrale, dalla commedia più divertente come “what women want” al più inquietante “il villaggio dei dannati”.
Naturalmente anche le scienze e neuroscienze hanno fatto la loro parte, rilanciando continui studi nel settore sino ad arrivare ad una prima fase embrionale nel 2015, dove proprio qui in Italia si è potuto dimostrare che le onde magnetiche rilasciate dai neuroni quando comunicano tra di loro, sono traducibili.
Leggere nel pensiero: lo studio italiano
La possibilità di leggere nel pensiero è stata sviluppata nel 2015 dall’Università di Pavia e dalla Scuola superiore Universitaria Iuss-Pavia. I ricercatori hanno posto in essere un’indagine che misura l’attività elettrica del cervello in pazienti in stato di veglia nel corso di interventi neurochirurgici. Da questo primo approccio è stato possibile stabilire che i soggetti pensavano sotto forma di “linguaggio” e dunque in parole, anche se il pensiero non era espresso vocalmente.
Il secondo step della ricerca ha evidenziato una capacità neuronale sorprendente: i neuroni impegnati nell’area delle capacità linguistiche dell’essere umano comunicano tra loro affidandosi a forme d’onda che contengono la copia dell’impronta acustica delle parole utilizzate, anche in assenza di emissioni sonore, rendendo così teoricamente possibile la lettura del linguaggio prima che venga prodotto dalla voce.
Stefano Cappa, ordinario di Neuropsicologia, commenta: “Il lavoro descrive l’esito di ricerche( sulla possibilità di leggere nel pensiero n.d.r) condotte nel corso degli ultimi 4 anni su tracciati elettrocorticografici ricavati dall’emisfero specializzato per il linguaggio di pazienti sottoposti in anestesia locale ad interventi neurochirurgici per l’asportazione di lesioni cerebrali. Durante questi interventi, è necessario al chirurgo identificare le aree cerebrali coinvolte nel linguaggio ed in altre funzioni superiori per poterle rispettare durante l’asportazione della patologia”
”Questa indicazione clinica – prosegue lo scienziato – consente di ricavare dati neurofisiologici, linguistici e comportamentali utilissimi per comprendere il funzionamento del cervello umano e le basi biologiche del linguaggio. Il lavoro degli studiosi ha permesso di dimostrare per la prima volta come l’attività elettrofisiologica delle aree del lobo frontale e temporale dedicate al linguaggio sia modellata sul suono delle parole. Le analisi condotte sui dati raccolti direttamente sul cervello dimostra, infatti, che l’attività neuronale rispecchia l’andamento del segnale sonoro, anche in aree che non sono primariamente specializzate per la percezione uditiva”.
“Questo è vero anche se le parole non vengono effettivamente pronunciate, ad esempio – spiega ancora – anche quando il paziente legge mentalmente un testo. Le osservazioni dello studio spiegherebbero così tra l’altro la diffusa impressione di sentir ‘risuonare’ dentro di noi un discorso quando pensiamo. Questi risultati dimostrano la base oggettiva del fenomeno mentale del ‘linguaggio interno“.
“Una scoperta con molte implicazioni che riguardano le basi neurofisiologiche, la struttura e l’evoluzione del linguaggio umano, ma che apre anche una serie di ipotesi su possibili applicazioni pratiche. La capacità di leggere nel pensiero direttamente dall’attività cerebrale – conclude lo studioso rispetto agli effetti collaterali che si potranno ottenere attraverso la possibilità di leggere nel pensiero – potrebbe costituire una importante base per lo sviluppo di dispositivi protesici in grado di aiutare chi ha perso la capacità di articolare la parola in seguito a malattie del cervello”.
Leggere nel pensiero: l’impiego dell’intelligenza artificiale
Ad arricchire lo studio sulla possibilità reale di leggere nel pensiero, svolto dagli studiosi dell’Università di Pavia e dalla Scuola superiore Universitaria Iuss-Pavia, è stato l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.
Il nuovo sistema di intelligenza artificiale pare sia capace di leggere nel pensiero e tradurlo in parole grazie ad un algoritmo sviluppato all’Università della California a San Diego, che riesce a decodificare l’attività elettrica registrata nell’attività neuronale per poi elaborarla in tempo reale utilizzando un vocabolario di 250 parole. Il margine di errore è trascurabile e si aggira intorno al 3%.
La ricerca è stata condotta su quattro soggetti a cui erano stati impiantati elettrodi nel cervello per monitorare le crisi epilettiche. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Neuroscience. Ad oggi i successi ottenuti dalla combo macchina-cervello rispetto alla possibilità di leggere nel pensiero avevano prodotto magre soddisfazioni poiché erano in grado di decifrare solo frammenti di parole o meno del 40% delle parole di una frase.
Rispetto agli studi del passato quindi, riuscire ad avere la possibilità di leggere nel pensiero attraverso un vocabolario di 250 parole e con un margine di errore insignificante apre le porte a nuovi orizzonti delle intercettazioni cognitive. Resta da chiedersi quanto questo risultato sia etico e tuteli la privacy dei soggetti sottoposti a tale pratica. Aspetteremo che sia il tempo a pronunciarsi.