L’intelligenza artificiale sta entrando sempre più nelle arti: musica, pittura, scrittura. Ma ci siamo mai chiesti davvero cosa ci fa pensare che un sistema sia creativo? La risposta potrebbe sorprenderti: non è tanto ciò che crea, quanto come lo vediamo farlo.

Uno studio condotto dai ricercatori delle università di Aalto e Helsinki ha analizzato proprio questo: quanto incide la percezione del processo creativo sul nostro giudizio finale. E i risultati sono chiari: più vediamo, più crediamo che il sistema sia creativo.
Tre livelli di osservazione dell’intelligenza artificiale, tre livelli di creatività percepita
I partecipanti allo studio sono stati divisi in tre gruppi, ciascuno con un livello diverso di esposizione all’“atto creativo” di un robot disegnatore (guidato da intelligenza artificiale, ma solo in apparenza: in realtà riproduceva opere fatte da un artista umano).
- Solo il disegno finale: i partecipanti valutavano la creatività basandosi esclusivamente sull’opera finita.
- Disegno + processo (video): veniva mostrata anche l’animazione del disegno che prende forma.
- Disegno + processo + autore (robot in azione): si vedeva anche il robot mentre disegnava.
Risultato? Chi vedeva l’intero processo dava punteggi di creatività più alti.
Una scoperta che mette in discussione come intendiamo la creatività, e su quali basi la attribuiamo a esseri umani o macchine.
L’illusione della creatività: progettare intelligenze artificiali “più umane”?
Secondo Christian Guckelsberger, professore di tecnologie creative ad Aalto, il punto centrale è la percezione.
“Possiamo progettare IA che sembrano più creative solo mostrando meglio il loro processo. Ma questo è etico? È reale o un’illusione ben costruita?”

In alcuni casi, mostrare il “dietro le quinte” può rendere un’IA più interessante o coinvolgente, come in sistemi di co-creazione, mentre in altri casi potrebbe risultare fuorviante, facendo credere a una profondità creativa che non esiste.
Questa ricerca apre anche uno spiraglio sui bias cognitivi umani: come e quanto veniamo influenzati dal contesto, dal modo in cui una macchina (o una persona) ci viene presentata. Una questione centrale per il design delle interfacce e per l’etica dell’IA.
Il look conta nell’intelligenza artificiale, oppure no?
I ricercatori hanno anche provato a capire se la forma fisica del robot influenzasse il giudizio e hanno usato due robot: uno con braccio elegante e fluido, l’altro in stile “plotter meccanico”.
Ci si aspettava che il robot più “artistico” ricevesse punteggi migliori, ma non è successo; le persone non hanno fatto distinzioni significative tra i due.

Questo risultato inatteso ha spinto i ricercatori a pianificare altri studi: quali altri fattori giocano un ruolo? Siamo davvero insensibili alla forma, o ci sono altri meccanismi cognitivi in azione?
Implicazioni per l’intelligenza artificiale e per gli esseri umani
Il team sottolinea che questi risultati valgono anche per altre forme d’arte: musica, danza, scrittura. E mettono in guardia i ricercatori futuri: se giudichiamo la creatività in base alla presentazione, bisogna tenerne conto nei test sperimentali. Altrimenti si rischia di trarre conclusioni sbagliate confrontando mele con pere.
E infine, la domanda più interessante: Se questo vale per i le intelligenze artificiali, vale anche per gli esseri umani?
Siamo davvero bravi a riconoscere la creatività negli altri?
O ci basta vedere una mano che si muove per restare impressionati?
Una riflessione che, nel pieno boom dell’intelligenza artificiale generativa, che ci riguarda tutti.