Uno studio portato avanti da un gruppo di studiosi italiani e pubblicato sulla rivista Human Molecular Genetics, ha osservato con attenzione il gene KDM5C, che pare abbia un ruolo importante nella patogenesi di un gruppo di malattie del neurosviluppo.
La ricerca ha offerto un’analisi approfondita sui meccanismi che conducono all’alterazione dei fattori di trascrizione e di modificazione del DNA. Nello specifico, la regolazione della trascrizione dei geni può essere gestita non solo da parte di proteine che si legano a sequenze specifiche del DNA, ma anche da processi di modifica diretta come la metilazione, che impedisce la trascrizione di certi geni. A questo processo si aggiunge anche il controllo della configurazione della cromatina, il materiale di cui sono composti cromosomi.
Ruolo del gene KDM5C: lo studio
Durante le loro analisi, il team di studiosi, guidato dalla prof.ssa Maria Giuseppina Miano, dell’Istituto di Genetica e Biofisica “Adriano Buzzati-Traverso” del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-Igb) di Napoli, hanno osservato con attenzione il ruolo di KDM5C, un gene che codifica una proteina che regola la condensazione della cromatina, rendendola più o meno accessibile ai fattori di trascrizione. Mutazioni a carico di questo gene riducono la stabilità di alcune proteine, portando all’instaurarsi di patologie genetiche dello sviluppo neuronale, tra cui encefalopatie epilettiche e disturbi dello spettro autistico.
Il gene KDM5C è legato al ritardo mentale sindromico legato all’X da mutazioni di JARID1C, una patologia che si manifesta con problemi cognitivi, crisi epilettiche, microcefalia e spasticità, ma anche con il ritardo dello sviluppo e comportamenti sovrapponibili ai disturbi dello spettro autistico.
Negli ultimi anni, sono emerse alcune proteine che regolano KDM5C, quali ZNF711, PHF8 e ARX, ma il meccanismo che governa lo sviluppo delle patologie legate a questo gene risulta ancora piuttosto complesso da decodificare. Così, gli scienziati hanno cercato di indagare come funzioni l’interazione tra KDM5C e le sue proteine regolatrici e, soprattutto, se con adeguate terapie farmacologiche sia possibile migliorare la manifestazione delle malattie ad esso associate.
Una volta confermata la relazione tra KDM5C e il trittico di proteine composto da ZNF711, PHF8 e ARX ( spesso alterati nei disturbi del neurosviluppo) il gruppo vdi studiosi ha capito che ARX e ZNF711 sono fattori di trascrizione antagonisti, in competizione per PHF8, che aumentano l’attività di trascrizione di KDM5C.
I geni che codificano per queste proteine, se toccati da specifiche mutazioni, producono diversi fenotipi di malattia, la cui severità è direttamente collegata alla ridotta espressione di KDM5C. Perciò, attraverso lo studio di alcuni modelli animali come quello di Caenorhabditis elegans, un nematode nel quale i geni hanno conservato la loro funzione in maniera simile a quanto avviene nell’uomo, i ricercatori hanno osservato che la somministrazione di acido idrossamico suberoilanilide (SAHA) – un potente anticonvulsivo – è in grado di correggere la ridotta espressione di KDM5C, forzando la trascrizione genica e favorendo, in tal modo, il recupero dei neuroni danneggiati.
Il risultato di questo esperimento da una parte ci ricorda il peso esercitato, all’interno del percorso di maturazione del DNA, da un processo epigenetico come la metilazione, determinate nella patogenesi di malattie quali la sindrome dell’X fragile, l’encefalopatia epilettica infantile o la distrofia miotonica di tipo 1; dall’altra hanno un’implicazione clinica, perché affidano a KDM5C il ruolo di biomarcatore di malattia, importante per lo sviluppo di potenziali terapie per diverse patologie dello sviluppo neuronale.