Un ampio studio clinico internazionale rileva che i pazienti con ictus di grandi dimensioni hanno avuto un recupero notevolmente migliore dopo la trombectomia endovascolare più la gestione medica rispetto ai pazienti che ricevevano solo la gestione medica standard.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine.
Ictus: ecco i risultati dello studio sugli effetti della trombectomia nei grandi ictus
La trombectomia endovascolare è il recupero meccanico di un coagulo che blocca il flusso sanguigno in un’arteria. Lo studio SELECT2, che ha coinvolto 31 centri medici in Nord America, Europa, Australia e Nuova Zelanda, è stato interrotto in anticipo a causa dei risultati positivi osservati nei pazienti sottoposti a trombectomia rispetto ai soli farmaci.
Il ricercatore principale globale e autore principale dello studio, Amrou Sarraj, MD, ha dichiarato: “Abbiamo continuato a sfidare la pratica attuale in cui ai pazienti con ictus di grandi dimensioni sarebbe preclusa la trombectomia”. Il Dr. Sarraj è il Centro per l’ictus e Direttore del Sistema, la George M. Humphrey II Cattedra di Neurologia presso gli Ospedali Universitari e Professore di Neurologia presso la Case Western Reserve University School of Medicine.
Mentre la trombectomia si è dimostrata efficace nei piccoli ictus, i pazienti con grandi ictus sono stati considerati a rischio troppo elevato per la procedura. La dimensione di un i. è determinata dalla gamma di tessuto cerebrale danneggiato visto attraverso scansioni TC o MRI.
“Questi pazienti sono lasciati a ricevere solo cure mediche, e un numero significativo di loro finisce con esiti molto scarsi; essere costretti su una sedia a rotelle, costretti a letto o morti”, ha affermato il dott. Sarraj.
“Questa è un’enorme opportunità di miglioramento a un livello molto ampio, soprattutto perché questi pazienti rappresentano dal 20 al 25 percento di tutte le occlusioni dei grandi vasi e possono avere un enorme impatto sui pazienti, sulla loro famiglia e sulla società”.
Lo studio aveva un target di 560 pazienti con occlusione dell’arteria di grandi dimensioni che causava un grande ictus alla TC o all’imaging avanzato, ma il comitato di monitoraggio dei dati e della sicurezza ha interrotto lo studio dopo l’arruolamento di 352 pazienti a causa dei risultati superiori osservati con la trombectomia.
I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a uno dei due gruppi: 178 hanno ricevuto trombectomia e 174 hanno ricevuto una gestione medica . I pazienti che sono stati visitati prima di 4,5 ore dall’inizio dell’ictus hanno ricevuto farmaci anti-coagulo TPA o TNKase se idonei.
“Abbiamo scoperto che quasi il 20 percento dei pazienti che hanno ricevuto una trombectomia è finito con l’indipendenza funzionale, tornando alla propria famiglia, alla società come quasi normale o senza bisogno di supporto, rispetto al 7 percento solo per cure mediche. Abbiamo anche scoperto che quasi il 40 percento dei pazienti finisce per deambulare autonomamente”, ha affermato il dott. Sarraj,
“Questo è un enorme miglioramento in questi pazienti con ictus di grandi dimensioni a cui non viene offerto il trattamento a questo punto”.
Il dottor Sarraj si aspetta che i risultati cambino le linee guida terapeutiche nel prossimo futuro. “Questo darà a un gran numero di pazienti l’opportunità di una possibilità di miglioramento”, ha detto.
“Condurre una sperimentazione a questo livello non è un compito facile”, ha aggiunto il dottor Sarraj. “Innanzitutto, ringrazio i nostri pazienti e le loro famiglie per il loro nobile contributo alla sperimentazione, i miei co-investigatori in tutto il mondo, il mio team di ricerca che è stato il cuore e l’anima della sperimentazione e gli ospedali universitari che hanno ospitato la sperimentazione come centro di coordinamento globale negli ultimi due anni da quando sono arrivato qui”.
In Italia, secondo il Ministero della Salute: “In Italia l’ictus è la seconda causa di morte, dopo le malattie ischemiche del cuore, è responsabile del 9-10% di tutti i decessi e rappresenta la prima causa di invalidità. Ogni anno si registrano nel nostro Paese circa 90.000 ricoveri dovuti all’i. cerebrale, di cui il 20% sono recidive. Il 20-30% delle persone colpite da i. cerebrale muore entro un mese dall’evento e il 40-50% entro il primo anno. Solo il 25% dei pazienti sopravvissuti ad un i. guarisce completamente, il 75% sopravvive con una qualche forma di disabilità, e di questi la metà è portatore di un deficit così grave da perdere l’autosufficienza.
L’ictus è più frequente dopo i 55 anni, la sua prevalenza raddoppia successivamente ad ogni decade; il 75% degli i. si verifica nelle persone con più di 65 anni. La prevalenza di i. nelle persone di età 65-84 anni è del 6,5% (negli uomini 7,4%, nelle donne 5,9%).
La definizione di ictus comprende:
I. ischemico: si verifica quando un’arteria che irrora l’encefalo viene ostruita dalla formazione di una placca aterosclerotica e/o da un coagulo di sangue che si forma sopra la placca stessa (ictus trombotico) oppure da un coagulo di sangue che proviene dal cuore o da un altro distretto vascolare (ictus trombo-embolico). Circa l’80% di tutti gli ictus è ischemico.
I. emorragico: si verifica quando un’arteria situata nell’encefalo si rompe, provocando così un’emorragia intracerebrale non traumatica (questa forma rappresenta il 15-20% di tutti gli i.) oppure nello spazio sub-aracnoideo (l’aracnoide è una membrana protettiva del cervello; questa forma rappresenta circa il 3%-5% di tutti gli i.). L’ipertensione è quasi sempre la causa di questa forma gravissima di ictus.
Bisogna inoltre ricordare l’attacco ischemico transitorio o TIA (Transient Ischemic Attack), che si differenzia dall’ictus ischemico per la minore durata dei sintomi (inferiore alle 24 ore, anche se nella maggior parte dei casi il TIA dura pochi minuti, dai 5 ai 30 minuti). Si stima che circa un terzo delle persone che presenta un TIA, in futuro andrà incontro ad un ictus vero e proprio. In Italia il numero dei ricoveri per TIA attualmente supera i 30.000 l’anno.
Negli ultimi anni si è osservata in Italia una riduzione dell’incidenza e della mortalità degli eventi cerebrovascolari, con diminuzione del numero dei ricoveri da ictus e TIA, che è dovuta al miglioramento dell’efficacia delle misure preventive, terapeutiche e assistenziali delle citate patologie e dei correlati fattori di rischio”.
Il Dottor Giulio Mercandalli, chirurgo vascolare del Centro Radiologico Lissonese, ha dichiarato: “L’ictus è un danno neurologico del sistema nervoso centrale che può essere dovuto a diversi fattori. In base alla causa che scatena il fenomeno, possiamo distinguere l’ictus in due tipologie:
L’i. emorragico – quando è dovuto ad un’emorragia che determina una compressione della materia grigia e quindi un danno cerebrale localizzato.
L’i. ischemico – quando è dovuto all’occlusione di un’arteria o trombo all’interno della cavità cardiaca che migra all’interno del flusso circolatorio (ictus cardioembolico)
A volte l’ictus ischemico può verificarsi a partire da un trombo all’interno della cavità cardiaca che, migrando verso il flusso circolatorio, giunge all’encefalo provocando l’occlusione di un’arteria. Fortunatamente la maggior parte degli ictus consente un recupero parziale/completo, ma possono verificarsi casi in cui l’ictus può evolversi in qualcosa di grave entità o divenire fatale.
I termini ictus ed ischemia sono parzialmente sovrapponibili. L’Ischemia è una mancanza di vascolarizzazione ed irrorazione sanguigna di un determinato territorio che può essere il cuore, il cervello o un arto ad esempio. L’i. è invece una mancanza di vascolarizzazione che si verifica esclusivamente nel territorio cerebrale e che prevede, oltre alla mancanza di irrorazione sanguigna, anche un danno ai tessuti.
L’ictus può determinare uno spettro di sintomi che possono andare dall’emiparesi fino al coma e, nel peggiore dei casi, alla morte. In caso di i., i sintomi sono in sostanza pressoché lateralizzati. In altre parole, il sintomo dell’i. è correlato alla zona che viene colpita.
Come sappiamo l’emisfero destro del cervello comanda la parte sinistra del corpo, il sinistro comanda la parte destra,Quindi, ad esempio, se l’ictus colpisce la parte sinistra del cervello, si potrà riscontrare un’emiparesi destra (ossia una paresi parziale della parte destra del corpo).
Ancora, sempre facendo lo stesso esempio, dato che nell’emisfero sinistro vi sono anche i centri del linguaggio, si potrà riscontrare anche un’afasia, un sintomo che impedisce al paziente di esprimersi con le parole.
Riassumendo, i principali sintomi dell’ictus possono essere:
Emiparesi
Emiplegia (paresi completa della parte sinistra o destra del corpo)
Afasia fluente o completa
Disartria (difficoltà nell’utilizzare i muscoli utilizzati per parlare)
Altri disturbi motori e del pensiero
C’è da dire inoltre che negli ictus meno importanti, il paziente risulta perfettamente cosciente di quello che gli sta accadendo anche se non ha il pieno controllo del proprio corpo e del proprio linguaggio.
Le cause dell’ictus, come dicevamo, possono essere diverse. Ad esempio nel caso dell’i. emorragico, si ha un allagamento dei tessuti cerebrali dovuto alla rottura di un’arteria che va a comprimere la materia grigia dell’encefalo provocando l’i.. Questa rottura a sua volta può essere generata da diversi scompensi come ad esempio una malformazione artero-venosa, un picco ipertensivo, un aneurisma cerebrale ed altri.
Cause diverse che sono quindi caratterizzate da un eziopatogenesi completamente differente.
Per quanto riguarda, invece, l’i. ischemico, si ha un’occlusione dell’arteria che può essere anch’essa prodotta da diversi fattori. Ad esempio, per quanto riguarda l’ictus cardioembolico, la causa è da ricercarsi nella formazione di un trombo all’interno della cavità cardiaca che, migrando all’interno del flusso circolatorio, arriva al cervello provocando l’occlusione dell’arteria.
Le conseguenze dell’ictus possono essere diverse e dipendono in sostanza da due fattori:
l’entità del danno
il tempo di recupero
Il territorio che va incontro ad ictus, ad una lesione cerebrale di tipo ischemico, nei casi in cui si può intervenire, lascia una cicatrice. Se questa cicatrice è di grossa entità, tutta la zona interessata ne risentirà. La zona che è interessata dall’I., a seconda di come ed in quanto tempo si riperfonde, determina un recupero più o meno parziale di quell’area. E qui entra in gioco la differenza tra il tipo di lesione e la ripercussione clinica.
Esistono ictus che producono lesioni grosse in aree poco importanti che danno sintomi relativamente meno preoccupanti ed i. che hanno un’estensione di lesione piccola, ma colpiscono delle aree più importanti producendo così sintomi di grave entità.
Ciò che condiziona le aspettative di vita di un paziente colpito da un i. ischemico è senz’altro la percentuale di recupero dopo l’attacco. Negli ictus in cui si manifesta un’emiplegia o nei casi più gravi che possono portare al coma, l’aspettativa di vita ovviamente si riduce.
Facciamo un po’ di chiarezza: l’i. cardio-embolico, ad esempio, è un ictus di un paziente che accusa un embolo al cuore che va a finire nel cervello determinando l’ictus. Si tratta però di un paziente che, a parte l’aritmia, potrebbe risultare un paziente sano. Un paziente invece che ha un i. di tipo carotideo ha un’aspettativa di vita più bassa a parità di sintomi perché un paziente con una carotide occlusa è un paziente che risulta clinicamente più compromesso.
Un altro tema sensibile da affrontare oltre all’aspettativa di vita è quella della compromissione della qualità della vita dei pazienti. Poiché l’ictus oltre ad essere una patologia che può portare a conseguenze fatali, resta un fenomeno di grave entità che porta anche nelle fasi intermedie ad un deterioramento importante della qualità della vita.
Se parliamo di I. ischemico i fattori di rischio sono:
Ipertensione
Fumo
Diabete
Familiarità
Sesso maschile
È possibile prevenire l’ictus. A parte il controllo dei fattori di rischio, è possibile fare prevenzione eseguendo una serie di esami tra cui un ecocolordoppler delle carotidi, un elettrocardiogramma per escludere delle eventuali aritmie, un bubble test ed altri esami più specifici. Inoltre, è possibile prevenire l’i. anche farmacologicamente ed in ultima analisi eseguire un intervento chirurgico per rimuovere la causa dell’ictus come ad esempio una placca carotidea in caso di ictus carotideo.
I principali esami che è possibile effettuare nel Centro Radiologico Lissonese per prevenire l’ictus sono:
Ecocolordoppler dei tronchi sovraortici
Elettrocardiogramma – esame principe per la prevenzione dell’ictus cardioembolico
Risonanza magnetica o TAC dell’encefalo nel caso di i. emorragico
Tutti esami molto semplici che vanno a coprire la grande maggioranza delle cause dell’ictus.
Il grande vantaggio del Centro Radiologico Lissonese è che si avvale, per quanto riguarda la cardiochirurgia e la chirurgia vascolare, di specialisti che oltre a fare la diagnosi sono in grado di seguire il paziente a 360° sia nel pre che nel post-intervento. Nella maggior parte degli ambulatori spesso il paziente si trova di fronte ad un professionista che non ha un appoggio ospedaliero e quindi non opera in prima persona.
Il vantaggio di questo centro è proprio la possibilità di essere seguiti in tutto il percorso dalla diagnosi alla fase post operatoria. L’approccio multidisciplinare del centro consente al paziente di avere un intero team a sua disposizione per poter effettuare tutti gli interventi di cui ha bisogno proprio all’interno del centro senza il bisogno di doversi spostare in altre strutture”.