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Glioblastoma: farmaci mirati ne bloccano il metabolismo

Denise Meloni 4 anni fa 3 commenti 3
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Una nuova ricerca condotta dagli studiosi della Columbia University di New York, capitanati da Antonio Iavarone e Anna Lasorella e pubblicata su Nature Cancer, ha scoperto che un quinto dei casi di glioblastoma è alimentato da mitocondri iperattivi ( ovvero le centrali energetiche all’interno di ogni cellula). Grazie a questa scoperta, si potrebbero applicare alcuni farmaci, sia disponibili che sperimentali, che riducono l’attività dei mitocondri.

Glioblastoma

Il glioblastoma è tra i tumori cerebrali più ostici con prognosi purtroppo severe che calcolano la sopravvivenza dei pazienti è intorno a 15 mesi. Di questa terribile malattia, esistono 4 sottogruppi e in uno di essi la crescita incontrollata delle cellule tumorali dipende da un surplus di energia prodotta dai mitocondri. Il nuovo studio ha evidenziato la possibilità, tramite una terapia farmacologica mirata, di contrastare questa iperproduttività di energia.

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Glioblastoma: i dettagli sulla nuova ricerca

Glioblastoma

Antonio Iavarone, autore dello studio, ha dichiarato: ” Esistono alcuni farmaci di largo uso come la metformina, un antidiabetico che ha un’azione anti-mitocondriale. Questi farmaci «classici», però, non sono altamente efficaci e soprattutto non hanno un meccanismo specifico, in quanto hanno anche altri effetti biologici. Un farmaco noto come IACS-010759, per esempio, blocca un meccanismo della catena respiratoria mitocondriale. Nel nostro studio lo abbiamo usato con successo in studi preclinici contro il glioblastoma mitocondriale”.

” Il nostro studio – Continua lo studioso – fornisce la possibilità di selezionare, fra i pazienti con glioblastoma, quelli che hanno le maggiori possibilità di risposta clinica a questo farmaco. Al momento è necessario fare la sequenza dell’Rna per identificare l’attività dei meccanismi mitocondriali nel tumore. Stiamo lavorando per sviluppare metodi di identificazione più semplici, che si possano basare su pochi geni o proteine da analizzare facilmente”.

Gli studiosi sono impegnati anche nell’osservazione dei dati di molti altri tumori aggressivi per capire se anche in questi esiste un sottotipo mitocondriale con le stesse caratteristiche. Se questo si rivelasse vero, le terapie farmacologiche che potrebbero essere applicate per curare il glioblastoma potrebbero essere utili nel sottotipo mitocondriale di altri tumori, per esempio il cancro del polmone.

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3 commenti 3 commenti
  • Avatar di gian pietro Gian pietro ha detto:
    Gennaio 12, 2021 alle 16:24

    Mia moglie è stata operata il 17/10/2017 di glioblastoma di IV grado e trattata nel post operatorio con terapia radiante ( 60 Gray ) e temozolimide per 15 mesi, il 28/04/2020 e’ stata rioperata per recidiva presso l’ospedale Besta, attualmente sta bene e non gli sono mai state applicate cure sperimentali anche se ne ha esternato il parere favorevole, attualmente no ha in corso nessuna terapia

    Rispondi
    • Avatar di daniela Daniela ha detto:
      Gennaio 12, 2021 alle 21:29

      Rincuora e incoraggia la sua testimonianza. Ho mio nipote di 39 anni e domani sarà al terzo ciclo di temozolamide dopo radioterapia concomitante con temozolamide. In bocca a lupo sempre e forza che nulla è scontato. Nella mia ignoranza in materia lo sto aiutando a lottarlo questo maledetto tumore e farò di tutto. Non gli renderò il terreno troppo facile

      Rispondi
  • Avatar di vita Vita ha detto:
    Gennaio 13, 2021 alle 0:50

    Salve! Sono favorevole all ‘utilizzo di nuove terapie sperimentali. Quattro anni fa ho perso mia sorella con questo tipo di tumore ( glioblastoma). Ci avevano detto già da subito che era così brutto , che poteva vivere non più di quindici mesi se faceva la chemioterapia e radioterapia. In quattro mesi mia sorella è morta .subendo queste torture, che non sono servite a nulla . In tutto questo periodo sempre in ospedale , lontano da tutti ( . È stata operata a Vicenza d’ apprima , poi per far la terapia è stata trasferita a Pavia x essere più vicino a un figlio infermiere che lavorava al San Matteo, mia sorella era in un altro ospedale. Premetto che mia sorella veniva dalla provincia di Palermo. Solo il marito gli è rimasto accanto tutti i giorni. Noi sorelle e i figli si ci andava quando si poteva. È stato un calvario x tutti noi. Non pensavamo affatto che in quattro mesi ci avrebbe lasciati , già ci sembrava poco quindici mesi. Ancora oggi non mi do pace x la perdita. Per me è stata come una seconda mamma. Si è impotenti a questo brutto male. Ad oggi non avrei mai acconsentito a far fare nessuna terapie.

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