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NotiziaSalute

Il gene amico del cuore può davvero ripararlo dopo un infarto? Ecco cosa rivela la nuova ricerca

Ccna2 riaccende la speranza nella medicina rigenerativa

Massimo 5 secondi fa Commenta! 8
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Un gruppo di scienziati americani ha compiuto un passo enorme nella medicina rigenerativa. Hanno dimostrato che riattivando un singolo gene, chiamato Ccna2, è possibile spingere le cellule cardiache umane a rigenerarsi dopo un infarto. Il risultato arriva dai laboratori della Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York e apre la strada a nuove terapie che potrebbero far guarire il cuore da solo, senza bisogno di trapianti o dispositivi meccanici.

Contenuti di questo articolo
Ccna2: il gene che riaccende la rigenerazione del cuoreDalle cavie ai cuori umani: un progresso decisivoCome funziona la terapia genetica con Ccna2Dalla sperimentazione ai test clinici sull’uomoUn nuovo orizzonte per la medicina rigenerativaQuanto siamo lontani da una cura reale?Il cuore del futuro potrebbe guarire senza bisturi

Il cuore, lo sappiamo, non si rigenera come altri organi. Quando un infarto distrugge una parte del muscolo cardiaco, le cellule morte vengono sostituite da tessuto cicatriziale, che non batte e non si contrae. Ma la scienza sta riscrivendo questa regola.

Ccna2: il gene che riaccende la rigenerazione del cuore

Il protagonista di questa scoperta è il gene Ccna2, già noto agli scienziati per il suo ruolo nella divisione cellulare. Durante la vita fetale, questo gene è molto attivo: permette ai cardiomiociti, cioè le cellule del muscolo cardiaco, di moltiplicarsi per costruire il cuore. Dopo la nascita, però, Ccna2 si “spegne”. È come se la natura chiudesse per sempre l’interruttore della crescita cardiaca.

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Il team guidato dalla professoressa Hina Chaudhry è riuscito a riattivare questo interruttore nelle cellule cardiache umane adulte, con risultati sorprendenti. “Abbiamo dimostrato che anche le cellule del cuore di mezza età possono tornare a dividersi e a generare nuove cellule funzionali”, ha spiegato la ricercatrice.

Per farlo, gli scienziati hanno usato un vettore virale, una sorta di “navicella genetica” capace di trasportare all’interno delle cellule una copia attiva del gene Ccna2. Dopo il trattamento, i cardiomiociti hanno cominciato a moltiplicarsi, aprendo una prospettiva che fino a pochi anni fa sembrava impossibile.

Dalle cavie ai cuori umani: un progresso decisivo

Cellule

Il gruppo di Chaudhry non è nuovo a questo tipo di ricerche. Già nel 2014, aveva mostrato che il gene Ccna2 poteva riattivare la rigenerazione nei cuori dei maiali, un modello biologico molto simile a quello umano. Con questo nuovo studio, pubblicato su NPJ Regenerative Medicine, il salto di specie è finalmente compiuto.

La differenza è enorme: finora, nessuno era riuscito a dimostrare la rigenerazione di cellule cardiache umane adulte in modo controllato. La maggior parte degli esperimenti precedenti si fermava alle cellule embrionali o ai modelli animali. Oggi, invece, i ricercatori hanno ottenuto una proliferazione reale di cardiomiociti umani coltivati in vitro.

Come funziona la terapia genetica con Ccna2

Il meccanismo alla base della scoperta è elegante e preciso. Il gene Ccna2 codifica per una proteina, Cyclin A2, che regola il ciclo cellulare e spinge le cellule a dividersi. Una volta disattivata dopo la nascita, il cuore perde la capacità di rinnovarsi. Riaccendendo Ccna2, le cellule vengono stimolate a riprendere la replicazione controllata, rigenerando il tessuto danneggiato dopo un infarto.

La tecnica utilizza vettori virali sicuri, già impiegati in altre terapie geniche approvate dalla FDA, per trasportare il gene attivo all’interno delle cellule cardiache. L’obiettivo è trasformare il cuore in un organo “autoriparante”, in grado di recuperare le aree compromesse e ripristinare la sua piena funzionalità.

Gli esperimenti in laboratorio mostrano che il processo non genera crescita incontrollata o danni collaterali, ma produce nuove cellule contrattili perfettamente integrate. È come se il cuore, per la prima volta, ricordasse come guarire da solo.

Dalla sperimentazione ai test clinici sull’uomo

Dna spazzatura

Il prossimo passo è portare questa tecnologia fuori dal laboratorio. Il team del Mount Sinai sta ora lavorando per ottenere il via libera dalla Food and Drug Administration (FDA) e avviare i primi studi clinici su pazienti colpiti da infarto o insufficienza cardiaca.

Secondo Chaudhry, l’obiettivo non è solo ridurre le cicatrici del cuore, ma evitare trapianti e dispositivi meccanici come i pacemaker o i cuori artificiali. Se la terapia dovesse funzionare in sicurezza anche sugli esseri umani, potrebbe cambiare completamente il modo in cui la medicina affronta le malattie cardiache.

Un nuovo orizzonte per la medicina rigenerativa

Negli ultimi anni la ricerca sul cuore si è concentrata su cellule staminali, bioprinting 3D e farmaci anti-fibrosi, ma nessuna di queste strategie ha ancora raggiunto un livello di efficacia clinica paragonabile alla promessa di Ccna2. La possibilità di risvegliare un gene dormiente per riparare il cuore dall’interno rappresenta una delle frontiere più avanzate della biotecnologia moderna.

Molti scienziati vedono in questo approccio una potenziale rivoluzione. A differenza dei trapianti, che richiedono donatori e terapie immunosoppressive, o delle cellule staminali che spesso non si integrano bene nei tessuti, la terapia con Ccna2 agisce sulle cellule del paziente stesso. È una medicina personalizzata, biologicamente compatibile e teoricamente priva di rigetto.

Cellule staminali

Quanto siamo lontani da una cura reale?

Nonostante l’entusiasmo, i ricercatori restano cauti. I risultati, per ora, provengono da esperimenti in vitro, cioè su cellule isolate e non su cuori funzionanti. Prima che la terapia diventi una cura disponibile, serviranno anni di test clinici per verificarne sicurezza, efficacia e durata nel tempo.

Gli scienziati dovranno anche capire come somministrare il trattamento in modo mirato, controllando con precisione la quantità di cellule che si rigenerano. Un’eccessiva attivazione del gene potrebbe causare aritmie o crescita anomala del tessuto cardiaco, un rischio che la ricerca dovrà escludere completamente.

Tuttavia, le basi gettate da questo studio sono solide. Se confermate, potrebbero aprire un nuovo capitolo nella storia della cardiologia rigenerativa, portando la medicina un passo più vicina a quella che fino a ieri era pura fantascienza: un cuore capace di guarire da solo.

Il cuore del futuro potrebbe guarire senza bisturi

La strada è lunga, ma l’idea è potente: usare i geni per risvegliare la memoria biologica della rigenerazione. Ogni cellula cardiaca conserva al suo interno le istruzioni per dividersi, semplicemente dormienti. Il lavoro del team di Chaudhry mostra che queste istruzioni possono essere riattivate, con risultati concreti e verificabili.

Se i prossimi studi clinici confermeranno la sicurezza del metodo, il gene amico del cuore potrebbe diventare la base di una terapia capace di salvare milioni di vite ogni anno. Il futuro della medicina del cuore, insomma, potrebbe non passare più solo dal bisturi, ma dal DNA stesso.

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