Nascosti sotto la superficie terrestre, i funghi micorrizici formano reti sotterranee che collegano radici di piante tra loro, facilitano lo scambio di nutrienti e catturano carbonio dal suolo. Sono alleati invisibili ma cruciali nella lotta contro il cambiamento climatico.

Eppure, secondo uno studio pubblicato il 9 giugno su Current Biology, oltre l’83% delle specie di funghi micorrizici ectomicorrizici non è ancora stato ufficialmente identificato. Sono i cosiddetti “dark taxa”, organismi di cui conosciamo il DNA ma che non hanno ancora un nome, né una descrizione scientifica formale.
Il paradosso: funghi fondamentali ma senza identità
I nomi contano, soprattutto nella scienza. Senza una classificazione ufficiale, queste specie non possono essere incluse in programmi di conservazione. E questo diventa un problema enorme, perché molti di questi funghi vivono in simbiosi con piante a rischio di estinzione.
“Come possiamo proteggere qualcosa che non è stato nemmeno nominato?”, si chiede Laura van Galen, microbiologa della Society for the Protection of Underground Networks (SPUN) e co-autrice dello studio.
Dove si nascondono le specie sconosciute
Gli hotspot di queste specie senza nome non sono casuali: si concentrano in regioni tropicali del sud-est asiatico, dell’Africa centrale e dell’America Latina, ma anche zone montane come le foreste di conifere dei monti Sayan, a nord della Mongolia, risultano particolarmente ricche di biodiversità fungina sconosciuta.

Il problema? La maggior parte degli studi finora è stata condotta nell’emisfero nord, lasciando intere regioni poco esplorate. Serve un riequilibrio nei fondi e nella ricerca, per coinvolgere studiosi locali e aumentare il numero di specie descritte.
I numeri della simbiosi (e del carbonio)
I funghi ectomicorrizici, uno dei gruppi più studiati, collaborano con circa il 25% della vegetazione mondiale e ogni anno, contribuiscono ad assorbire oltre 9 miliardi di tonnellate di CO₂ e più di un quarto delle emissioni da combustibili fossili.
Non solo: migliorano la resistenza delle piante agli stress ambientali, aiutano a regolare il ciclo dei nutrienti e degradano sostanze inquinanti. Ma senza un’identificazione precisa, gran parte di questo patrimonio rimane fuori radar.
Soluzioni pratiche: tra sequenziamento e archivi dimenticati
Gli scienziati propongono una strategia in due tempi:
- Raccogliere e analizzare nuovi funghi, sequenziandone il DNA.
- Riutilizzare le collezioni già esistenti: molti esemplari di funghi giacciono da decenni nei magazzini di orti botanici e musei, mai analizzati a livello genetico. Quei vecchi campioni potrebbero essere la chiave per identificare molte dark taxa.

“Abbiamo la tecnologia, ci manca solo l’attenzione”, afferma van Galen. “Se perdiamo le piante ospiti di questi funghi, potremmo perdere anche intere comunità microbiche che non abbiamo mai conosciuto.”
Conclusione: la corsa contro il tempo è iniziata
Nel mondo sotterraneo, invisibile ma attivo, si gioca una partita cruciale per il futuro del pianeta. Mappare e nominare questi funghi non è solo un esercizio accademico: è una priorità ambientale e climatica.
Conservare significa conoscere e conoscere, in questo caso, significa dare un nome a chi ancora non ce l’ha.