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Scienza

Fotodiodi nanometrici studiano l’attività neuronale 

Denise Meloni 3 anni fa Commenta! 7
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Una nuova ricerca della International School of Advanced Studies (SISSA), ha rivelato un nuovo approccio per lo studio dell’attività del neuroni: i fotodiodi nanometrici. Questa nuova metodologia potrà essere sfruttata per ricerche fondamentali sul sistema nervoso e per lo sviluppo di terapie innovative per le malattie neurologiche.

Fotodiodi nanometrici

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Science Advances.

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Fotodiodi nanometrici: ecco come funzionano

Una scossa di luce per modulare in tempo reale l’attività di un singolo neurone: ecco come funzionano gli innovativi fotodiodi nanometrici. La tecnica è stata sviluppata dal gruppo di ricercatori coordinato dalla Professoressa Laura Ballerini presso la SISSA di Trieste, in collaborazione con le Università di Chicago e Cambridge.

Fotodiodi nanometrici

Quando attivati ​​con un raggio infrarosso, i fotodiodi nanometrici di scala nanometrica appunto, inviano un messaggio elettrico alla cellula nervosa a cui sono legati, regolandone la funzione. L’effetto della stimolazione può quindi essere esteso e amplificato alla rete di neuroni circostante in virtù dei loro contatti sinaptici.

Funzionando come un vero e proprio elettrodo, ma con un approccio non invasivo e selettivo, queste nanotecnologie potrebbero essere estremamente utili per la ricerca di base, per indagare in modo approfondito le dinamiche del sistema nervoso, ma anche per sviluppare nuove terapie mirate per malattie neurologiche.

“Per indagare sul funzionamento del sistema nervoso, c’è ora un grande interesse per le tecnologie che devono essere sia molto precise che non aggressive. La nostra strategia va proprio in questa direzione. Diversamente da quanto esplorato finora, dove gli elettrodi metallici o la combinazione optogenetica di manipolazione genetica e tecniche ottiche, abbiamo perseguito un approccio nuovo, più specifico e meno invasivo”, ha spiegato la Professoressa Ballerini insieme ai suoi collaboratori, Denis Scaini e Mario Fontanini.

Fotodiodi nanometrici

Durante lo svolgimento della ricerca, il gruppo di studiosi della SISSA ha sfruttato fotodiodi nanometrici innovativi, sviluppati dall’Università di Chicago, in grado di legarsi alla membrana superficiale delle cellule nervose: “I fotodiodi nanometrici si accendono quando sono illuminati con luce infrarossa”, ha spiegato il team di scienziati: “In questo modo possono agire elettricamente sulla cellula nervosa, attivandola. Questo è estremamente utile ai fini della ricerca perché permette di vedere quale ruolo svolge un determinato neurone in un determinato processo e, poiché l’infrarosso è in grado di penetrare nei tessuti, modula la sua attività dall’esterno in modo agile e non aggressivo”.

Ma come si possono trasportare i fotodiodi nanometrici al neurone la squadra di ricerca vorrebbe analizzare? Grazie a un ingegnoso meccanismo sviluppato in collaborazione con il gruppo di Ljiljana Fruk dell’Università di Cambridge: “Il fotodiodo è legato a un anticorpo che funziona come un corriere che lo prende e lo aggancia esattamente dove vogliamo. Questo perché l’anticorpo riconosce con grande specificità un struttura che sappiamo è sulla superficie del neurone bersaglio”.

Lavorando in laboratorio sulle sezioni espiantate del midollo spinale, la squadra di studiosi della SISSA si è concentrata sullo studio dei neuroni sensoriali coinvolti nelle vie del dolore: “Ci siamo resi conto che i fotodiodi nanometrici hanno la cap è in grado di stimolare selettivamente le singole cellule, permettendoci di attivare singoli neuroni con ruoli funzionali, ad esempio eccitatorio o inibitorio”, hanno specificato i ricercatori.

 “Attivando con il fotodiodo un neurone eccitatorio sul corno spinale dorsale, abbiamo assistito ad un’amplificazione del segnale del dolore. Viceversa, agendo su un neurone inibitorio si è ottenuto l’effetto opposto: l’amplificazione del segnale del dolore è stata disattivata”, ha aggiunto la squadra di ricercatori della SISSA.

Fotodiodi nanometrici

È interessante notare che la ricerca mostra anche che agire su un solo neurone può avere un effetto molto più ampio, influenzando l’attività di un’intera area: “Questo è esattamente ciò che abbiamo verificato: stimolando un neurone bersaglio possiamo modulare la risposta dell’intero circuito, e questo è molto interessante per una serie di motivi”, hanno aggiunto i ricercatori.

“Grazie alla sua funzionalità ed efficienza questa tecnica, finora sviluppata solo in vitro, potrebbe permetterci di definire circuiti neurosensoriali in modo molto sofisticato, ottenendo informazioni molto dettagliate sul ruolo svolto dalle singole cellule nervose nei diversi meccanismi. Questa conoscenza approfondita consentirebbe di conseguenza di progettare approcci terapeutici sempre più specifici a livello del midollo spinale”, ha concluso la Dottoressa Laura Ballerini.

Per quanto riguarda le malattie neurologiche in Italia, le cifre sono poco rassicuranti: 150.000 i nuovi casi di Ictus ogni anno, con circa 800.000 persone che sono sopravvissute all’ictus ma che portano i segni di invalidità; 300.000 i pazienti con Malattia di Parkinson; 120.000 coloro che oggi sono colpiti da Sclerosi Multipla; 5 milioni le persone che soffrono di Emicrania, in particolare donne e 800.000 quanti sono affetti da Emicrania cronica, con dolori costanti per oltre 15 giorni al mese. Fino a 1 milione le persone affette da decadimento mentale.

Il Professor Gianluigi Mancardi, Presidente SIN e Direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Genova, ha dichiarato: “A fronte di questi numeri la sfida della neurologia italiana per il futuro si presenta davvero impegnativa e sarà necessario uno sforzo comune per mantenere i livelli scientifici e migliorare quelli assistenziali in ambito neurologico. Se da un lato, infatti, siamo al terzo posto in Europa e al settimo nel mondo per il numero di pubblicazioni scientifiche in neurologia, dall’altro la qualità dell’assistenza medica, seppur di buon livello, deve fare i conti con i modesti investimenti in sanità, ricerca e formazione nel nostro Paese”.

Fotodiodi nanometrici

Il Professor Alfredo Berardelli, Presidente del Congresso e Direttore del Dipartimento di Neuroscienze Umane presso La Sapienza Università di Roma, è intervenuto dicendo che: “Oggi il neurologo ha nuove armi a disposizione sia dal punto di vista farmacologico, grazie alla recente scoperta delle nuove terapie monoclonali, sia dal punto di vista fisiopatologico sul ruolo della corteccia motoria cerebrale. Possiamo, inoltre, beneficiare dell’innovazione digitale che consente un monitoraggio anche a distanza dell’evoluzione della malattia”.

Per tutte queste ragioni e per i numeri allarmanti che interessano le diagnosi di malattie neurologiche, il nuovo approccio con i fotodiodi nanometrici che esaminano con precisione l’attività del neurone, diventa un’importante speranza per chi soffre di queste patologie.

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