Il sogno di Electronic Arts di sostituire parte dello sviluppo umano con l’intelligenza artificiale si sta trasformando in un incubo. L’azienda, famosa per serie come The Sims e Battlefield, ha cercato di spingere l’uso dell’AI in ogni reparto, ma i risultati non sono quelli promessi. I dipendenti parlano di strumenti difettosi, di stress crescente e di una cultura aziendale più attenta ai trend che alla qualità dei giochi.
Gli strumenti AI che peggiorano il lavoro anziché migliorarlo
Un’inchiesta di Business Insider rivela che molti sviluppatori di EA stanno trovando l’intelligenza artificiale più d’intralcio che d’aiuto. Il codice generato dai nuovi strumenti è spesso pieno di errori e di “allucinazioni” logiche che richiedono ore di correzione. Invece di ridurre il carico di lavoro, l’AI lo aumenta, creando frustrazione in un’industria già segnata da scadenze serrate e ritmi insostenibili.
Un ex dipendente del reparto QA ha raccontato di essere stato licenziato dopo che l’azienda aveva iniziato a usare un modello di AI capace di svolgere parte del suo lavoro: riassumere i feedback dei playtester. Una mossa che ha alimentato la paura di essere sostituiti dalle stesse tecnologie che si è costretti ad addestrare.
Cosa pensano davvero i dipendenti EA dell’intelligenza artificiale
All’interno dei canali Slack di EA l’ironia è diventata un’arma di sopravvivenza. I dipendenti condividono meme che prendono in giro i dirigenti per la loro ossessione verso l’AI “a tutti i costi”. Uno di questi mostrava un CEO che urla “AI subito!” senza sapere cosa farsene.
Secondo i dati di Google Cloud, l’87% degli sviluppatori di videogiochi usa l’AI per automatizzare processi. Ma dietro la statistica si nasconde un problema più grande: molti lo fanno per obbligo, non per convinzione. Un sondaggio di Dayforce mostra che l’87% dei dirigenti dichiara di usare AI ogni giorno, contro appena il 27% dei lavoratori.
Come ha commentato l’analista Doug Creutz di TD Cowen, “è un problema quando i cani non vogliono mangiare il loro cibo per cani”. In altre parole, se chi lavora ai giochi non vuole usare gli stessi strumenti che i dirigenti impongono, qualcosa non funziona.
EA conosce i rischi, ma va avanti lo stesso

Il CEO Andrew Wilson continua a difendere la scelta di puntare sull’intelligenza artificiale. Secondo lui, l’AI è “il cuore del business di Electronic Arts”. Nei documenti interni, i dipendenti sono invitati a considerare la tecnologia come un “partner di pensiero” e a seguire corsi per integrarla nel flusso creativo e persino nella gestione dei colleghi meno produttivi.
Ma dietro l’entusiasmo ufficiale, l’azienda riconosce i rischi. In un documento presentato alla Securities & Exchange Commission, EA ammette che l’uso dell’AI “potrebbe comportare problemi sociali ed etici” e “danni reputazionali” in caso di errori. Un’avvertenza che suona ironica mentre i team interni lottano con strumenti ancora instabili.
Il caso EA e il confronto con Ubisoft e Square Enix
Anche altre case di sviluppo stanno sperimentando con l’intelligenza artificiale, ma in modo più prudente. Ubisoft sta testando sistemi AI per aiutare i dialoghisti a scrivere linee secondarie, mentre Square Enix studia come usarla per generare ambientazioni più vaste.
EA invece punta a un’integrazione più radicale, che tocca ogni fase dello sviluppo. Una strategia che rischia di alienare gli stessi creativi che dovrebbero usarla. Le differenze tra i dirigenti, entusiasti dei risparmi promessi, e gli sviluppatori, preoccupati per la perdita di controllo creativo, si fanno ogni giorno più evidenti.
Quando l’AI crea più problemi che soluzioni

Il caso EA arriva in un momento delicato per tutto il settore. Dopo i boom del periodo post-pandemico, i costi sono saliti e le vendite si sono stabilizzate. Molte aziende vedono nell’AI la soluzione per ridurre personale e spese. Ma i risultati reali raccontano una storia diversa.
I sistemi generativi producono codice o dialoghi che sembrano corretti ma falliscono nei test interni. Questo richiede più debugging e più tempo, vanificando i presunti benefici. In alcuni casi, i team hanno dovuto riscrivere da zero sezioni intere di gioco per colpa degli errori introdotti dagli strumenti automatici.
I giocatori non sono convinti
Anche il pubblico guarda con sospetto ai progetti “AI-first”. Le demo trapelate di giochi basati su intelligenza artificiale, come il prototipo ispirato a Horizon Zero Dawn, sono state derise per i comportamenti goffi dei personaggi e per l’aspetto “freddo” dei mondi generati.
Molti giocatori temono che l’AI tolga anima ai titoli, rendendoli più prevedibili e meno autentici. E quando persino gli sviluppatori interni ridono dei propri strumenti, il segnale è chiaro: la corsa cieca all’automazione rischia di allontanare proprio chi rende l’esperienza videoludica umana e coinvolgente.
Perché la creatività umana resta indispensabile nei videogiochi
Il professor Jackson Lu del MIT Sloan School of Management spiega che “nei lavori creativi e identitari, le persone vogliono un essere umano nel processo”. È un principio che vale doppiamente per i videogiochi, dove la connessione emotiva con il giocatore è la chiave del successo.
L’intelligenza artificiale può aiutare a ottimizzare, ma non può inventare passione o immaginazione. Quando la direzione aziendale ignora questo punto, la tecnologia diventa un ostacolo invece che un alleato.
Electronic Arts vuole innovare, ma il rischio è che nel tentativo di rendere i giochi più efficienti finisca per cancellare ciò che li rende vivi: la mente e l’emozione di chi li crea.
Segui le storie e le analisi sul futuro dei videogiochi su Instagram.