Un’importante ricerca durata 10 anni e svolta sulla popolazione francese si è interrogata sul ruolo dei dolcificanti artificiali nelle malattie cardiovascolari. Durante lo studio è stata monitorata periodicamente l’assunzione di cibi e bevande consumate dai volontari che hanno dovuto informare regolarmente gli stu sulla propria salute.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Il Bmj.
Dolcificanti artificiali e salute: ecco che cosa ha rivelato la ricerca
Mentre i dolcificanti artificiali possono sembrare una buona alternativa allo zucchero per ridurre l’apporto calorico, la nuova ricerca ha mostrato che potrebbe esserci una connessione tra tali dolcificanti e un aumento del rischio di malattie cardiovascolari (CVD), incluso l’ictus.
La ricerca, condotta dall’Istituto nazionale francese per la salute e la ricerca medica , non è il primo studio a suggerire una connessione tra dolcificanti artificiali e aumento del rischio di malattie cardiache, tuttavia è il più grande fino ad oggi. Lo studio ha incluso i dati di oltre 100.000 volontari.
Quando le persone cercano di eliminare lo zucchero dalla loro dieta, per motivi come cercare di perdere peso o cercare di controllare la glicemia, possono ricorrere ai dolcificanti artificiali, che sono fruibili sul mercato ormai da più di 100 anni. La saccarina, ad esempio, che si trova nel sostituto dello zucchero Sweet’N Low, è stata scoperta nel 1879. Da allora, i ricercatori hanno rintracciato numerosi altri dolcificanti artificiali come il sucralosio, aspartame, stevia e xilitolo.
Ad esempio, con il sucralosio (che si trova in Splenda), una persona di 132 libbre potrebbe consumare 23 pacchetti prima di superare il limite raccomandato. Lo studio è iniziato nel 2009 con il lancio della e-coorte NutriNet-Santé. Le persone interessate a partecipare allo “ studio nutrizionale più grande del mondo ” possono iscriversi online.
Più di 170.000 si sono iscritti allo studio e i ricercatori hanno ristretto il loro campo a 103.388. I partecipanti scelti includevano persone di età pari o superiore a 18 anni, nonché persone che hanno compilato questionari relativi a “dieta, salute, dati antropometrici, stile di vita e dati sociodemografici e attività fisica”.
Per assicurarsi che i volontari fossero accurati con i loro diari alimentari, i ricercatori hanno richiesto loro di inviare foto. Inoltre, i partecipanti hanno anche segnalato il loro consumo quotidiano di dolcificante artificiale. I ricercatori volevano conoscere la quantità e la marca del dolcificante.
aspartame;
acesulfame potassio;
sucralosio;
ciclamati;
saccarina;
taumatina;
neoesperidina diidrocalcone;
glicosidi steviolici;
sale di aspartame-acesulfame potassio.
Il team di ricerca ha altresì raccolto altre informazioni sulla salute dai partecipanti per tutta la durata dello studio, comprese le informazioni da “qualsiasi nuovo evento sanitario, trattamenti medici ed esami”. Inoltre, i partecipanti hanno fornito la documentazione di eventuali segnalazioni di CVD.
I ricercatori hanno scoperto che le persone che hanno consumato maggiormente dolcificanti artificiali avevano un rischio maggiore di malattie cardiovascolari rispetto ai non consumatori. I partecipanti hanno riportato 1.502 eventi cardiovascolari durante il follow-up, inclusi 730 eventi di malattia coronarica e 777 eventi di malattia cerebrovascolare.
Gli autori hanno notato che non credono che l’uso occasionale di dolcificanti artificiali sia problematico come l’uso quotidiano: “È improbabile che il consumo occasionale di dolcificanti artificiali abbia un forte impatto sul rischio di CVD, quindi anche se alcuni consumi potrebbero essere stati persi, probabilmente avrebbe avuto un basso impatto sui risultati dello studio”.
Inoltre, gli autori hanno notato che tre dolcificanti artificiali in particolare erano associati a rischi maggiori. Secondo gli autori, “L’assunzione di aspartame era associata a un aumento del rischio di eventi cerebrovascolari e l’acesulfame potassio e il sucralosio erano associati a un aumento del rischio di malattie coronariche”.
il dottor Jeff Gladd , medico di medicina integrativa e chief medical officer di Fullscript, una piattaforma di erogazione di cure per la medicina integrativa, ha osservato che mentre i dolcificanti artificiali con parsimonia non rappresentano probabilmente problemi di salute, il loro uso regolare può eventualmente causare alcuni problemi.
“La ricerca suggerisce che l’uso massiccio di dolcificanti artificiali può effettivamente portare ad aumento di peso e obesità e, secondo alcuni studi sugli animali, il consumo di dolcificanti artificiali può alterare il microbiota intestinale e potenzialmente aumentare il rischio di alcuni tumori, sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per corroborare queste affermazioni”.
“Sebbene studi prospettici come questo non siano prove confermate del nesso di causalità, questa potenziale connessione in combinazione con associazioni di consumo con obesità e problemi di microbioma intestinale dovrebbe aumentare la motivazione per limitarne l’assunzione”, ha affermato.
“Viviamo in un’era in cui ci concentriamo sulla prevenzione, e quindi questo studio mostra che il controllo dei fattori di rischio dal punto di vista dietetico può ridurre l’incidenza di infarti e ictus”, ha concluso l’esperto.
Paolo Buonaiuto, biologo nutrizionista, ha dichiarato: “I dolcificanti artificiali (ASW), detti anche dolcificanti non nutritivi (NNS), sono diventati popolari dopo le guerre a causa della ridotta produzione di zucchero dovuta alla crisi agricola. La saccarina è stato il primo dolcificante sintetico scoperto causalmente nel 1879 ma passò presto di moda a causa del suo retrogusto amaro. Attualmente, viene impiegato dall’industria alimentare in bevande, caramelle e alimenti sugar free e ha un potere dolcificante di gran lunga superiore a quello dello zucchero comune. Il suo impatto sull’organismo è tutt’ora oggetto di studi ma non è chiaro se abbia effetti poco salutari sull’organismo”.
“L’aspartame, comparso intorno al 1965, ha un potere dolcificante 200 volte maggiore dello zucchero, con potere calorico quasi nullo, è considerato alternativa ipocalorica allo zucchero, adatto anche a persone diabetiche o con tendenze ad alterazioni della glicemia. Ma qui occorre prestare attenzione: l’aspartame può dare effetti lassativi e, in alcuni casi, potrebbe avere effetti indesiderati, come mal di testa, se viene assunto in elevate quantità. Non ci sono invece evidenze che l’astartame sia cancergoeno, anche se in passato sono stati sollevati dubbi in questo senso”.
“Per quanto riguarda il fruttosio, si tratta di uno zucchero è presente in natura maggiormente nella frutta e viene assorbito lentamente a livello intestinale. Secondo due studi, pubblicati sull’American Journal of Clinical Nutrition, pare che l’uso del fruttosio al posto del glucosio o del saccarosio nel cibo o nelle bevande potrebbe ridurre la concentrazione di insulina e la glicemia dopo i pasti”.
“La sostituzione non portava a un aumento delle calorie, portava a picchi postprandiali del glucosio più bassi, soprattutto nelle persone predisposte al diabete o con diabete tipo 1 o tipo 2. Lo studio si basa sull’analisi di studi già pubblicati, selezionati dagli archivi Cochrane Library, Medline, Clinicaltrials.gov, etc.
I suoi benefici sul metabolismo sembrano legati alla quantità quotidiana di assunzione, ma a tal riguardo si attendono ancora conferme”.
“La stevia è un dolcificante ipocalorico naturale estratto dalla pianta Stevia rebaudiana, nativa del Brasile. Viene definito un “non zucchero”, poiché non contiene saccarosio ma sostanze che danno il gusto dolce senza apportare calorie ma un elevato potere dolcificante. Alla stevia si riconoscono alcuni effetti benefici, tra cui un efficace controllo della glicemia e un migliore impatto sul metabolismo dei grassi ma occorre stare attenti alle quantità assunte e all’eccessivo consumo nell’arco della giornata”.
“L’eritritolo è naturalmente presente nella frutta e nei cibi fermentati.È utilizzato come dolcificante naturale, è praticamente privo di calorie e non dà retrogusto. Ma soprattutto, non influisce sui livelli di insulina. L’eritritolo può quindi essere utilizzato nella dieta dei diabetici o dei gruppi a rischio”.
Secondo un altro studio, effettuato dai ricercatori della Anglia Ruskin university di Cambridge pubblicato lo scorso giugno sempre sull’International journal of molecular sciences, i dolcificanti possono, non solo modificare il tipo e il numero di batteri intestinali, ma anche rendere i batteri patogeni, dunque causa di infezioni.
“Il nostro studio è il primo a dimostrare che alcuni dei dolcificanti più comunemente presenti negli alimenti e nelle bevande – saccarina, sucralosio e aspartame – possono rendere patogeni i batteri intestinali normali e “sani” – ha affermato Havovi Chichger, tra gli autori dello studio”. Gli esperimenti in vitro condotti utilizzando due batteri modello (Escherichia coli e Enterococcus faecalis) hanno mostrato un aumento della capacità dei batteri intestinali di aderire e invadere l’epitelio con il rischio di causare danni all’intestino.
Un’indagine dell’Università di Sydney (Australia) spiega il perché, qual è il processo a livello cerebrale di questa contraddizione. “Abbiamo sottoposto per un certo periodo degli animali a una dieta con dolcificanti ed abbiamo visto che hanno cominciato a mangiare molto di più», ha detto il professor Greg Neely. «Nel caso dei moscerini della frutta. dopo cinque giorni di questa alimentazione, addirittura il 30 per cento in più”.
I ricercatori australiani, il cui studio è comparso sulla rivista Cell Metabolism, sono andati oltre. “Quando abbiamo cercato di capire – hanno detto – perché gli animali mangiavano di più anche se avevano ingerito un numero di calorie sufficiente, abbiamo scoperto che il consumo cronico di edulcoranti fa aumentare l’intensità della dolcezza percepita dello zucchero nutriente naturale e questo aumento fa crescere la spinta degli animali a ingurgitare più cibo”.
Già, il meccanismo di «falsa» trasmissione di dati nel cervello si ripete, pur diversamente modulato. “Sì, sembrerebbe agire un falso segnale – commenta Elena Dogliotti, nutrizionista della Fondazione Umberto Veronesi. La ricerca rientra nel filone di studi sull’obesità e trova una correlazione tra il gusto dei cibi a livello neurologico e l’istinto di mangiare; qui è il sapore del dolce, che ai neuroni dà l’idea di un maggiore apporto di calorie, e se questo non avviene, ecco il messaggio interno che spinge a consumare più calorie”.
“Un altro filone di studi sugli edulcoranti artificiali, continua Elena Dogliotti, è concentrato sull’intestino: “Si indaga sul microbioma, vale a dire l’insieme della flora intestinale. In particolare si hanno più dati sul colon irritabile: sembrerebbe che i dolcificanti artificiali peggiorino la situazione, alterando l’assetto batterico interno”.
È necessario un no deciso all’uso di dolcificanti artificiali? “No – è la risposta -, sono sostanze sempre sotto il mirino dei sospetti e delle indagini, soprattutto della paura che siano cancerogeni, ma ad oggi paiono sicuri.
Anche le dosi che si trovano nelle bevande sono sotto il livello di guardia. Ciò non toglie che, sul piano della corretta alimentazione, l’ideale sarebbe abituarsi a ridurre gli zuccheri semplici, diminuendoli un po’ alla volta fino a che rappresentino un ridotto numero di calorie. La parola d’ordine è: ridurre, non sostituire”.