Benvenuto in questa nuova rubrica sugli animali impossibili, questa rubrica tratterà del perché certi animali non potrebbero più sopravvivere oggi o del perché certe creature di fantasia non possano esistere nella realtà.
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L’idea di riportare in vita i dinosauri affascina il pubblico da decenni, complici film e romanzi che hanno trasformato l’ipotesi in un immaginario pop. Ma, dal punto di vista biologico, anche se fosse possibile ricrearli con precisione millimetrica (e questo è già un gigantesco se!) ci scontreremmo con un problema molto più concreto: l’atmosfera terrestre non è più quella dei loro tempi.
Ed è una differenza tutt’altro che secondaria.
Prima precisazione: “dinosauri” non è un’epoca, ma un ombrello enorme
Quando parliamo di dinosauri, in realtà mettiamo nello stesso calderone animali vissuti in tre periodi completamente diversi:
- Triassico (252–201 milioni di anni fa)
- Giurassico (201–145 milioni di anni fa)
- Cretaceo (145–66 milioni di anni fa)
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La composizione atmosferica, la temperatura e persino la pressione cambiarono più volte; per esempio:
- i primi grandi sauropodi del Giurassico respiravano un’aria ben diversa da quella dei predatori del tardo Cretaceo;
- persino all’interno dello stesso “gruppo” esistono differenze: quello che chiamiamo Tirannosauro non è un singolo animale “eterno”, ma uno specifico teropode del tardo Cretaceo (T. rex), lontano più di 80 milioni di anni dai suoi antenati triassici.
In altre parole, immaginare “l’aria dei dinosauri” come qualcosa di uniforme è scientificamente scorretto.
L’atmosfera mesozoica: più CO₂, più calore, più ossigeno (ma non sempre)
La Terra mesozoica non assomigliava per nulla a quella moderna. Due parametri sono critici per capire il problema respiratorio:
1. Anidride carbonica (CO₂) molto più alta
In molte fasi del Mesozoico, la CO₂ era tra le 4 e 10 volte superiore ai livelli attuali. Questo comportava:
- un effetto serra più marcato, quindi temperature medie elevate;
- ecosistemi più lussureggianti (il che favoriva animali giganteschi);
- un metabolismo adattato a un’aria più ricca di CO₂ e più calda.
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2. Ossigeno variabile: più alto nel Giurassico, più instabile nel Cretaceo
Nel Giurassico l’ossigeno si attestava anche verso il 26–28%, rispetto al nostro 21%, facilitando animali enormi.
Nel tardo Cretaceo, invece, oscillava, ma comunque non era identico al nostro.
Insomma: non solo l’aria era diversa in composizione, ma variava di epoca in epoca.
E oggi? L’aria moderna è una gabbia biologica per un dinosauro
Mettiamo di essere riusciti nell’impresa fantascientifica di clonare un T. rex “perfetto”. Il problema arriva prima ancora del morso… arriva al primo respiro.
Perché i dinosauri avrebbero difficoltà a respirare oggigiorno? Ci sono varie ragioni.
1. Meno ossigeno di quanto il suo corpo si aspetta
Un animale evoluto per un’atmosfera al 26–28% di ossigeno si troverebbe di colpo in un mondo al 21%; per noi oggi è normalità, per lui è un deficit cronico simile all’essere perennemente in alta quota.
Risultato:
- affaticamento costante,
- respirazione accelerata,
- difficoltà nella termoregolazione,
- crescita più lenta,
- potenziali collassi cardiovascolari negli individui più grandi.
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2. Troppa poca CO₂ per un metabolismo che si è evoluto al contrario
Sembra paradossale, ma un organismo adattato a un’atmosfera ricca di CO₂ potrebbe soffrire un ambiente dove la CO₂ è drasticamente inferiore. Il ritmo respiratorio si deregolerebbe, proprio come succede a certi animali abituati a quote elevate quando li portiamo vicino al mare.
3. Temperature troppo rigide
Il Mesozoico era mediamente più caldo di diversi gradi.
Un dinosauro mesozoico raffredderebbe il corpo molto più velocemente di quanto previsto dal suo design evolutivo.
Il parallelo con i cani brachicefali: un esempio attuale di animale fuori dal suo ambiente biologico
Per spiegare questo fenomeno ai lettori non tecnici, c’è una similitudine perfetta: i cani brachicefali (Bulldog, Carlino, Bouledogue francese, ecc.).
Queste razze soffrono quotidianamente perché la loro anatomia non è adatta all’aria moderna:
- vie aeree troppo strette
- muso schiacciato
- temperatura corporea difficile da gestire
Il risultato è un animale che respira, sì, ma respira male, e vive in una condizione costante di stress respiratorio.
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Il dinosauro nel nostro mondo moderno sarebbe una versione su scala molto maggiore dello stesso problema: un animale perfettamente progettato per un ecosistema… che non esiste più.
E se “adattassimo” i dinosauri all’atmosfera odierna? La genetica non è magia
Alcuni potrebbero chiedersi: “E se modificassimo artificialmente i dinosauri per respirare la nostra aria?” Tecnicamente, sarebbe come creare un animale nuovo, non più un dinosauro autentico.
Per esempio:
- dovremmo ridisegnare il loro sistema respiratorio aviano;
- ricalibrare la densità dei capillari polmonari;
- modificare il metabolismo basale;
- intervenire sulla regolazione termica.
A quel punto non staremmo più riportando in vita il passato: staremmo costruendo un animale moderno ispirato ai dinosauri.
Conclusione: tecnicamente affascinante, biologicamente tragico
La domanda “Possiamo ricreare i dinosauri?” è meno interessante della domanda successiva:
“Se anche ci riuscissimo, potrebbero vivere nel nostro mondo?”
La risposta, oggi, è: probabilmente no, non a lungo e non bene.
L’atmosfera, la temperatura, la pressione, la composizione dei gas, la dinamica degli ecosistemi… tutto ciò che definiva la vita nel Mesozoico è cambiato radicalmente.
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Un dinosauro nel 2025 sarebbe come un cane brachicefalo all’estremo: un organismo che respira aria incompatibile con ciò per cui è stato costruito.
E questo ci ricorda una verità fondamentale della biologia: gli organismi non sono solo geni. Sono il prodotto di un’intera epoca della Terra.
E quell’epoca, per i dinosauri, è perduta per sempre.