Secondo l’Airc, il tumore alla prostata è tra i più diffusi nella popolazione maschile, e rappresenta circa il 20% di tutti i tumori diagnosticati nell’uomo: le stime, relative all’anno 2017, parlano di 34.800 nuovi casi l’anno in Italia, anche se è importante sottolineare che se diagnosticato in tempo, l’esito porta a risultati incoraggianti.
Un grande aiuto arriva anche da una nuova ricerca pubblicata su The New England Journal of Medicine in cui sono stati pubblicati i risultati completi di sopravvivenza globale (OS) di una ricerca, lo studio ARAMIS, sulla somministrazione di darolutamide negli uomini affetti da cancro alla prostata non metastatico resistente alla castrazione (nmCRPC) ad alto rischio di sviluppare metastasi.
Darolutamide è un antiandrogeno (ARi) con una struttura chimica peculiare: si lega al recettore degli androgeni con un’elevata affinità e mostra una forte attività antagonista, inibendo la funzione del recettore e la crescita delle cellule di carcinoma prostatico.
Darolutamide: i risultati dello studio
Karim Fizazi, M.D., Ph.D., Professor of Medicine presso l’Institut Gustave Roussy, Villejuif, Francia, e investigatore principale dello studio ARAMIS, ha spiegato: “Attraverso la continua ricerca, abbiamo stabilito quanto sia importante focalizzare i trattamenti sul prolungamento della vita e sulla limitazione degli effetti collaterali per gli uomini con carcinoma della prostata non metastatico resistente alla castrazione. Grazie ai risultati incoraggianti di darolutamide, i medici hanno una risorsa ulteriore per rispondere ai molteplici bisogni di questa popolazione di pazienti, che comprendono efficacia, ritardo dello scadimento delle condizioni generali e tollerabilità del trattamento”.
I soggetti trattati con darolutamide associato a terapia di deprivazione androgenica (ADT) hanno mostrato un miglioramento significativo della sopravvivenza globale (OS) rispetto a placebo e ADT, con una riduzione del rischio di morte del 31% (HR=0.69, 95% CI 0.53-0.88; p=0.003). Il beneficio di OS è stato osservato nonostante più della metà (55%) degli uomini nel gruppo con placebo (307 di 554) alla data del cut off dell’analisi finale (15 novembre 2019) abbia ricevuto successive terapie, con darolutamide o con altri farmaci, volte a prolungarne la vita.
Con un’estensione del follow-up mediano a 29 mesi che ha interessato il campione complessivo della ricerca, darolutamide ha evidenziato con una certa costanza un esito positivo. L’interruzione del trattamento per eventi avversi (AEs) è rimasta invariata rispetto all’analisi primaria, risultando pari al 9% dei pazienti in entrambi i bracci della ricerca.
Gli effetti collaterali infine sono risultati essere minimi per quanto riguarda il sistema nervoso centrale (CNS), quali deficit mentale e cognitivo, attesi con darolutamide e ADT. Questo è spiegato dalla bassa penetrazione della barriera ematoencefalica osservata negli studi preclinici e in soggetti sani.
Il carcinoma prostatico è il secondo tumore per incidenza nella popolazione maschile in tutto il mondo. Secondo le stime relative al 2018, nel mondo, a 1,2 milioni di uomini è stato diagnosticato il cancro alla prostata e circa 358.000 sono purtroppo deceduti a causa di questa patologia. Il carcinoma prostatico rappresenta la quinta causa di decesso per tumore negli uomini ed è causato dalla proliferazione anomala delle cellule all’interno della ghiandola prostatica, una parte dell’apparato riproduttivo maschile. Interessa prevalentemente gli uomini di età superiore a 50 anni e il rischio aumenta con l’avanzare dell’età.