Il riscaldamento globale sta mettendo a serio rischio la salute delle nostre barriere coralline: l’aumento della temperatura delle acque e l’acidificazione dei mari hanno causato lo sbiancamento di migliaia di chilometri quadrati di coralli e i ricercatori sono alla ricerca di soluzioni innovative per risolvere questo problema. Oggi ci occuperemo di un recente studio da parte dell’Università di Cambridge su dei coralli stampati in 3D, che dimostra come questa tecnologia possa rivelarsi utile non solo ad ingegneri allergici agli smartphone, ma anche a scienziati in lotta per la salvaguardia dell’ambiente.
Ma perché i coralli perdono i loro caratteristici colori vivaci? La risposta richiede una piccola lezione di biologia: per cominciare, i coralli non sono altro che dei piccoli polipi che si aggregano in colonie tramite una struttura esterna composta da carbonato di calcio. Per nutrirsi, questi polipi sfruttano delle alghe che vivono al loro interno e con le quali sono in una relazione cosiddetta simbiotica: le Zooxantelle, grazie alla fotosintesi che avviene durante le ore di luce, producono gli zuccheri necessari alla vita dei coralli, i quali durante la notte estroflettono i loro tentacoli per catturare le microscopiche particelle alimentari generate da questo processo.
Nel momento in cui i coralli sono sottoposti a situazioni di stress, è possibile che il polipo espella le alghe e conseguentemente perda la sua fonte di nutrimento: è proprio la mancanza di sostanze nutritive a causare il progressivo sbiancamento dei coralli che, se persistente, può arrivare a causarne la morte.
Coralli stampati in 3D per comprendere il fenomeno di sbiancamento
Un team di ricercatori dell’Università di Cambridge è riuscito a creare delle strutture estremamente simili a quelle dei coralli sfruttando una combinazione di gel e idrogel tramite una tecnica di stampa 3D, simile a quella utilizzata per la riproduzione di organi umani. I modelli dispongono di caratteristiche ottiche equiparabili a quelle delle strutture presenti in natura, ottenute tramite una complessa geometria interna mirata a massimizzare la quantità di luce che colpisce la superficie interna dei coralli stampati in 3D.
Il risultato è in grado di ospitare agevolmente le alghe responsabili del nutrimento e di incentivarne la produzione ad un ritmo esponenzialmente più rapido rispetto ai coralli presenti in natura: questo non solo potrebbe permetterci di rimediare velocemente ai danni che ogni giorno subisce la barriera corallina, ma potrebbe anche aiutare gli scienziati a comprendere più a fondo le dinamiche che causano l’allontanamento delle alghe da parte del corallo, in modo da prevenire che ciò continui ad accadere in futuro.
Qui il link all’intero studio pubblicato dall’Università di Cambridge nel caso ti interessi approfondire.