Una ricerca che ha analizzato il cervello veterani di guerra con dolore cronico, ha rintracciato tre sottotipi cerebrali unici che potenzialmente indicano una suscettibilità alta, media e bassa al dolore e ai sintomi del trauma. Si tratta di una misurazione obiettiva del dolore e della suscettibilità ai traumi che potrebbero aprire la strada a terapie personalizzate per il dolore cronico.
Lo studio è stato sviluppato da un team di studiosi del San Francisco Veterans Affairs Health Care Center ed è stato pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Pain Research.
Perché è importante studiare il cervello dei veterani di guerra con dolore cronico
Il dolore cronico e il trauma spesso si manifestano contemporaneamente. Tuttavia, la maggior parte delle ricerche precedenti li ha studiati isolatamente e utilizzando misure soggettive come i sondaggi, portando a un quadro incompleto. La nuova ricerca ha colmato diverse lacune e ha rivelato tre segni unici nella connettività cerebrale che sembrano indicare la suscettibilità o la resilienza dei veterani di guerra con dolore cronico e ai traumi, indipendentemente dalla loro storia diagnostica o di combattimento. La ricerca potrebbe aprire nuove frontiere per misurazioni più obiettive del dolore e del trauma, portando sulla strada di trattamenti mirati e personalizzati.
“Il dolore cronico è una delle principali preoccupazioni per la salute pubblica, soprattutto tra i veterani“, ha affermato la prima autrice, la Professoressa Irina Strigo del San Francisco Veterans Affairs Health Care Center. “Inoltre, chi soffre di dolore cronico non si presenta quasi mai con un singolo disturbo, ma spesso con molteplici co-morbilità, come traumi, stress post-traumatico e depressione”.
I ricercatori hanno dichiarato che sia il dolore che il trauma possono influenzare le connessioni nel nostro cervello, ma nessuna ricerca aveva osservato il fenomeno nel contesto di traumi e dolore concomitanti. Gran parte della ricerca sul dolore e sui traumi si basa anche su misurazioni soggettive come i questionari, piuttosto che su misurazioni oggettive come le scansioni cerebrali.
Adottando un approccio diverso, i ricercatori dietro questa nuova ricerca hanno studiato un gruppo di 57 veterani di guerra con dolore cronico e traumi: il dolore cronico interessava particolare il mal di schiena. Il gruppo presentava sintomi abbastanza vari in termini di dolore e gravità del trauma.
Scansionando il cervello dei veterani di guerra con dolore cronico e utilizzando la risonanza magnetica funzionale, il team di studiosi ha rintracciato la forza delle connessioni tra le regioni cerebrali coinvolte nel dolore e nel trauma. Gli scienziati hanno successivamente sfruttato una tecnica statistica per raggruppare automaticamente i veterani in base alle loro firme di connessione cerebrale, indipendentemente dal dolore e dai livelli di trauma auto-riferiti.
Sulla base dell’attività cerebrale dei veterani di guerra, il computer li ha suddivisi automaticamente in tre gruppi. Il risultato si è mostrato particolarmente interessante: le divisioni erano paragonabili alla gravità dei sintomi dei veterani e rientravano in un gruppo di sintomi bassi, medi o alti.
I ricercatori hanno ipotizzato che il modello di connessioni cerebrali trovato nel gruppo con sintomi bassi consentisse ai veterani di evitare alcune delle ricadute emotive dovute al dolore e al trauma e includesse anche capacità di riduzione del dolore naturale. Al contrario, il gruppo di veterani di guerra con dolore cronico con sintomi elevati ha dimostrato schemi di connessione cerebrale che potrebbero aver aumentato le loro possibilità di ansia e catastrofismo durante l’esperienza del dolore.
È interessante notare che sulla base del dolore auto-riferito e dei sintomi del trauma, il gruppo dei sintomi medi era in gran parte simile al gruppo dei sintomi bassi. Tuttavia, il gruppo dei sintomi medi ha mostrato differenze in determinati segni della connettività cerebrale, il che ha suggerito che erano più bravi a concentrarsi su altre cose quando provavano dolore, riducendone l’impatto.
“Nonostante il fatto che la maggior parte dei soggetti all’interno di ciascun sottogruppo avesse una diagnosi concomitante di dolore e trauma, le loro connessioni cerebrali differivano“, ha dichiarato Strigo.
“In altre parole, nonostante le somiglianze demografiche e diagnostiche, abbiamo trovato gruppi neurobiologicamente distinti con meccanismi diversi per la gestione del dolore e dei traumi. I sottogruppi basati sulla neurobiologia possono fornire informazioni su come questi individui risponderanno alla stimolazione cerebrale e ai trattamenti psicofarmacologici“, ha concluso lo scienziato.
Ad oggi, il gruppo di studiosi non sa se i segni distintivi neurali che hanno trovato rappresentino una vulnerabilità al trauma e al dolore o una conseguenza di queste condizioni. Tuttavia, la tecnica è interessante, in quanto fornisce un segno distintivo oggettivo e imparziale di suscettibilità o resilienza al dolore e al trauma. Non si basa su misure soggettive come i sondaggi. In effetti, le misurazioni soggettive del dolore in questo studio non distinguerebbero tra i gruppi bassi e medi.
Le tecniche che utilizzano misure oggettive, come la connettività cerebrale, sembrano più sensibili e potrebbero fornire un quadro generale più chiaro della resilienza o della suscettibilità di qualcuno al dolore e al trauma, nella fattispecie dei veterani di guerra con dolore cronico che prestandosi allo studio, permettendo così di dare la possibilità di sviluppare un trattamento personalizzato e aprire la strada a nuove terapie.