La benzaldeide, un composto aromatico naturale, emerge come promettente agente antitumorale. Recenti studi ne confermano l’efficacia nel cancro al pancreas e nella capacità di superare la resistenza ai trattamenti come radioterapia e TKI. Questo si inserisce in un solido filone di ricerca che, da decenni, indaga l’attività della benzaldeide e dei suoi derivati su un’ampia gamma di tumori, inclusi carcinomi a cellule squamose, glioblastoma, leucemia, e tumori polmonari e prostatici. La sua azione su meccanismi cellulari comuni a diverse neoplasie suggerisce un vasto potenziale terapeutico.

Comprendere la plasticità delle cellule tumorali aggressive
Le cellule tumorali possiedono una notevole capacità di moltiplicarsi in modo incontrollato. Le varianti più aggressive di queste cellule subiscono un processo di conversione epiteliale-mesenchimale (EMT). In questo processo, passano da uno stato epiteliale, caratterizzato da forti connessioni intercellulari, a uno stato mesenchimale, in cui le restrizioni di contatto vengono meno. Questa trasformazione le rende libere di diffondersi facilmente ad altre parti del corpo, un processo noto come metastasi. Questa stessa plasticità conferisce alle cellule tumorali una resistenza significativa alle terapie antitumorali esistenti, rendendole difficili da eliminare.
La ricerca scientifica è costantemente impegnata nella scoperta di nuovi agenti antitumorali capaci di superare questa resistenza acquisita alla terapia e distruggere le cellule tumorali più elusive, spesso definite “canaglia”. In questo contesto, un gruppo di ricercatori guidato dal Dott. Hideyuki Saya, Direttore dell’Oncology Innovation Center della Fujita Health University in Giappone, ha compiuto una scoperta significativa. Hanno identificato il meccanismo alla base dell’attività antitumorale della benzaldeide, un composto aromatico naturalmente presente in alimenti come mandorle, albicocche e fichi.

Il Dott. Saya ha spiegato la motivazione di questo studio, rivelando che l’impulso iniziale proveniva da un’eredità scientifica: “Negli anni ’80, i ricercatori avevano già dimostrato l’attività antitumorale della benzaldeide e dei suoi derivati. La Dott.ssa Jun Saito, prima autrice del nostro studio, è figlia di uno dei ricercatori coinvolti in quelle prime indagini, ed era spinta dal forte desiderio di scoprire il meccanismo alla base degli effetti antitumorali della benzaldeide”.
Questo studio approfondisce l’impatto della benzaldeide sulle interazioni chiave delle proteine di segnalazione all’interno delle cellule tumorali, che si traduce in una conseguente citotossicità, ovvero la capacità di indurre la morte cellulare. Studi preliminari avevano già evidenziato la capacità della benzaldeide di inibire lo sviluppo progressivo delle cellule embrionali di topo, suggerendo il suo potenziale nella prevenzione della rapida proliferazione cellulare.
Per questo studio specifico, gli effetti antitumorali della benzaldeide sono stati investigati utilizzando un modello murino in cui è stato indotto un tumore pancreatico in crescita, fornendo una piattaforma preclinica rilevante per valutare l’efficacia del composto.
La benzaldeide contro la resistenza ai trattamenti oncologici
Negli studi condotti su colture cellulari, la benzaldeide ha dimostrato una notevole efficacia nell’inibire la crescita di cellule tumorali che avevano sviluppato resistenza sia alla radioterapia sia al trattamento con osimertinib, un agente che agisce bloccando le tirosin-chinasi nella segnalazione dei fattori di crescita. Sorprendentemente, la benzaldeide ha mostrato un’azione sinergica con le radiazioni, riuscendo a eliminare cellule tumorali precedentemente refrattarie.

I risultati di questo studio hanno rivelato che la benzaldeide esercita i suoi effetti antitumorali agendo su un meccanismo molecolare specifico: previene l’interazione tra la proteina di segnalazione 14-3-3ζ e la forma fosforilata in Ser 28 dell’istone H3 (H3S28ph).
Questa interazione è cruciale per la sopravvivenza delle cellule tumorali ed è stata identificata come responsabile della resistenza ai trattamenti e dell’espressione di geni legati alla plasticità epitelio-mesenchimale (EMT), il processo che rende le cellule tumorali aggressive e metastatiche. In particolare, la benzaldeide impedisce la fosforilazione 14-3-3ζ-dipendente dell’amminoacido serina28 dell’istone H3. Di conseguenza, il trattamento con benzaldeide ha ridotto significativamente l’espressione dei geni responsabili della resistenza terapeutica.
L’efficacia della benzaldeide è stata ulteriormente confermata in modelli preclinici: il trattamento di topi con un derivato della benzaldeide ha inibito la crescita dei tumori pancreatici e ha soppresso la plasticità epitelio-mesenchimale, prevenendo così la diffusione del cancro a organi distanti come i polmoni. Bloccando questa interazione chiave, fondamentale per la sopravvivenza delle cellule tumorali, la benzaldeide si presenta come un potenziale agente in grado di superare la resistenza ai trattamenti e di prevenire la formazione di metastasi.

Il Dott. Saya ha sottolineato le importanti implicazioni di queste scoperte: “La proteina 14-3-3ζ è stata a lungo considerata un bersaglio promettente per la terapia antitumorale, ma la sua inibizione diretta non è stata fattibile a causa delle sue cruciali funzioni nelle cellule normali. I nostri risultati suggeriscono che l’inibizione dell’interazione tra 14-3-3ζ e le sue proteine client da parte della benzaldeide ha il potenziale per superare questo problema”. Questo apre nuove e promettenti vie per lo sviluppo di terapie antitumorali più efficaci e mirate.
Un nuovo meccanismo d’azione per superare la resistenza
Il meccanismo alla base di questa efficacia è stato attentamente delineato: la benzaldeide agisce prevenendo una specifica interazione proteica cruciale per la sopravvivenza e la resistenza delle cellule tumorali. Essa interferisce con l’associazione tra la proteina 14-3-3ζ e una forma fosforilata dell’istone H3 (H3S28ph).
Questa interazione è stata identificata come un fattore chiave non solo per la sopravvivenza delle cellule cancerose, ma anche per lo sviluppo della resistenza ai trattamenti e per l’espressione dei geni coinvolti nella plasticità epitelio-mesenchimale (EMT). Quest’ultima è un processo fondamentale che permette alle cellule tumorali di mutare la loro forma, acquisendo maggiore mobilità e aggressività, facilitando la metastasi e la resistenza alle terapie.

Impedendo la fosforilazione dell’amminoacido serina28 dell’istone H3 in modo dipendente dalla 14-3-3ζ, riduce l’espressione dei geni che promuovono la resistenza, ripristinando in parte la vulnerabilità delle cellule tumorali. Questo innovativo approccio si distingue dalle strategie che cercano di inibire direttamente la 14-3-3ζ, un bersaglio complesso a causa del suo ruolo essenziale nelle cellule normali. La benzaldeide, invece, agisce selettivamente sull’interazione tra 14-3-3ζ e le sue “proteine client”, offrendo un potenziale terapeutico più sicuro e mirato.
La possibilità di impiegarla per “resensibilizzare” le cellule tumorali aggressive ai farmaci e alle radiazioni apre nuove prospettive per i pazienti con tumori difficili da trattare. La ricerca futura dovrà approfondire questi meccanismi e valutare la sicurezza e l’efficacia della benzaldeide in studi clinici, al fine di tradurre queste promettenti scoperte di laboratorio in nuove strategie terapeutiche per combattere il cancro in modo più efficace.
Lo studio è stato pubblicato sul British Journal of Cancer.