ricercatori dell’Università di Aalto stanno sviluppando un dispositivo, batezzato Hento Touch, che aiuta a sostenere la sobrietà in combinazione con altri trattamenti, come trattamenti psicosociali e prodotti farmaceutici.
Il nuovo dispositivo è progettato per sopprimere il desiderio di alcol attraverso un piacevole tocco sulla pelle che attiva le vie nervose chiamate C-tattili. Attraverso questi, lo stimolo raggiunge aree del cervello che sono strettamente legate al desiderio di alcol e ad altre dipendenze.
Alcol: ecco come funziona il nuovo dispositivo
Juliana Harkki, ufficiale medico del progetto Hento Touch, ha dichiarato che il cervello elabora il tocco nella corteccia tattile e le carezze morbide nel cervelletto: “Il sistema nervoso parasimpatico viene attivato da tocchi delicati e piacevoli, rilasciando dopamina e ossitocina, tra le altre cose. Il tatto aumenta anche la tolleranza allo stress e lo stress è un grande fattore scatenante nell’alcolismo. L’idea non è quella di sostituire l’intimità con altre persone, ma di integrare attivando meccanicamente determinati percorsi neurali”, ha spiegato Harkki.
L’alcolismo provoca enormi sofferenze umane e costi economici. Secondo l’OMS, l’alcol provoca circa tre milioni di morti ogni anno.
A livello globale, circa tre quarti delle persone con problemi di alcol non si curano, in parte a causa dello stigma che ne deriva e anche a causa delle lunghe liste di attesa. Le applicazioni di monitoraggio dell’alcol e il supporto come la terapia comportamentale sono già disponibili a livello internazionale: “Il dispositivo Hento Touch che stiamo sviluppando sarebbe la prima soluzione medica basata sulla tecnologia”, ha affermato Jukka Planman, responsabile della commercializzazione del team.
“Stiamo anche esaminando la frequenza con cui è necessario eseguire l’attivazione e in quale dosaggio. È possibile che il dispositivo non debba essere portato in giro ma possa essere utilizzato a casa, ad esempio”, afferma Pauli Tuovinen, il capo del team della tecnologia.
Harkki è un ricercatore di dottorato con un focus sulle neuroscienze traslazionali, mentre Tuovinen studia nella sua ricerca di dottorato l’attivazione dei C-tattili utilizzando metodi di ingegneria biomedica e Planman è una start-up imprenditoriale.
I consulenti del progetto sono il professor Francis McGlone, che è in visita ad Aalto da Liverpool e studia gli effetti del tatto, il professor emerito di medicina e riabilitazione Hannu Alho dell’Università di Helsinki e il neuropsicologo Pekka Rapeli dell’HUS. Heikki Nieminen, professore di ingegneria medica all’Università di Aalto, è il ricercatore capo del progetto.
“Il team di ricerca ha identificato un’esigenza significativa per la quale ha una soluzione basata sulla ricerca scientifica. Se il progetto e la successiva commercializzazione avranno successo, la soluzione potrebbe migliorare il trattamento della dipendenza da alcol in tutto il mondo”, afferma Nieminen.
Hento Touch sarà anche testato per il trattamento di condizioni simili, come la dipendenza dal gioco, e per la gestione dello stress. Per il dispositivo è stata depositata una domanda di brevetto.
Il progetto Hento Touch ha coinvolto anche ricercatori che lavorano sul contatto sociale, tra cui il professor Mikko Sams di Aalto e la ricercatrice Ilkka Nissilä, e il professor Lauri Nummenmaa dell’Università di Turku. Sams è un consulente del progetto e il team di ricerca utilizzerà i risultati della ricerca di Nissilä e Nummenmaa come parte del background scientifico.
HentoTouch è nato nel 2021 dal progetto NeuroBiodesign. NeuroBiodesign è un progetto di innovazione neuro-focalizzato gestito congiuntamente dalla rete Helsinki Brain & Mind e dal programma Biodesign Finland. Coinvolge i ricercatori che osservano la vita quotidiana negli ospedali per trovare problemi che possono essere risolti con la tecnologia medica.
Per quanto riguarda l’Italia e i problemi legati all’alcol, Dalle stime dell’Istat e dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto superiore di sanità (Iss) emerge che circa 35 milioni di italiani sopra gli 11 anni di età consumino bevande alcoliche (78,1% di uomini e 53,5% di donne) e che, di questi, più di 8,6 milioni abbiano una modalità del bere a rischio.
Secondo l’EpiCentro ISS: “L’alcol è tra le sostanze psicoattive più usate in Europa e il suo consumo è considerato il quinto fattore di rischio per il carico di malattia globale. Ogni giorno sono circa 800 le persone che in Europa muoiono per cause attribuibili al consumo di alcol e di queste, una percentuale molto elevata, si registra in età compresa tra 20 e 24 anni paria circa 1 decesso su 4. In Italia ogni giorno in media sono 48 le persone che muoiono a causa dell’alcol, oltre 17.000 ogni anno”.
“Nel 2016, anno di cui si dispone la mortalità registrata per tutti gli Stati dell’Unione europea (UE), è stato responsabile del 5,5% di tutti i decessi registrati nell’UE, per un totale di quasi 300 mila persone morte, in gran parte e prevalentemente per cancro (29% dei decessi attribuibili all’alcol), cirrosi epatica (20%), malattie cardiovascolari (19%) e lesioni (18%)”.
“Proporzioni che rispettano quelle verificate in passato per l’Italia anche dall’OMS, e ancora oggi confermate con la percentuale più alta di decessi attribuibili all’alcol registrata tra i giovani adulti maschi e tra i giovani sino ai 29 anni di età, per i quali l’incidentalità stradale alcolcorrelata continua a rappresentare la prima causa di morte anche in Europa”.
“Le conseguenze negative del consumo di alcol sulla salute sono molteplici. Nella Classificazione Internazionale delle Malattie (10ª revisione) più di 30 categorie riguardano condizioni totalmente alcol-attribuibili ma sono oltre 200 le condizioni anche parzialmente attribuibili che raddoppiano nei fatti il carico di mortalità causato dall’alcol, e tra queste almeno 12 tipi di cancro”.
“I danni alcol-correlati non coinvolgono i soli consumatori; sempre più frequentemente le conseguenze del consumo di alcol si ripercuotono sulle famiglie e sulla comunità in generale a causa del deterioramento delle relazioni personali e di lavoro, dei comportamenti criminali (come per esempio vandalismo e violenza), della perdita di produttività e dei costi a carico dell’assistenza sanitaria”.
Luigino Pellegrini del Servizio alcologia e dipendenze dell’Azienda sanitaria, ha dichiarato: “Occorre chiarire che questo è un concetto [dipendenza da alcol] superato e non si usa più se non in ambito eventualmente culturale. Nell’approccio che abbiamo da anni, questi concetti sono messi in discussione. Anche perché il DSM-5 che è la bibbia dei disturbi correlati al consumo di alcol e sostanze che ha eliminato concetti di dipendenza alcolismo e tossicodipendenza perché scientificamente non definibili e stigmatizzanti e non facilmente decifrabili. Si parla di disturbi da consumo di sostanze alcoliche. Disturbi da droghe”.
“L’alcol etilico contenuto nelle bevande alcoliche, dalla birra al vino, dall’aperitivo ai superalcolici, può cambiare gradazione ma è sempre lo stesso. E’ una sostanza con tre caratteristiche: è tossica, a tutti gli effetti è una droga pesante ed è un cancerogeno. Naturalmente salta all’occhio che queste tre caratteristiche confliggono in maniera forte con una cultura, con degli interessi economici e tanti aspetti che fanno parte della nostra società e che devono essere presi in considerazione. Non possiamo edulcorare l’analisi scientifica perché c’è una cultura economicamente tollerante nei confronti dell’alcol. C’è un conflitto di interessi. Fortemente dannoso che compromette la vita delle persone”.
“Una sostanza, come l’alcol, che crea 60 – 80 tipi di malattie, non ha nessun tipo di segnalazione e di etichettatura particolare nei prodotti. E’ una cosa assurda. Io ho lavorato in America Latina e negli anni Ottanta in Ecuador le bottiglie avevano la scritta “L’alcol può danneggiare la tua salute e la tua famiglia”. In Italia in nessuna bevanda alcolica è presente una scritta simile”.
Per quanto riguarda la situazione in Italia: “Partiamo con il dire che serve considerare un’analisi che comprende più anni. Il consumo procapite medio di alcol per persona all’anno in Italia negli anni ’70 era di 13 litri. Attualmente si è passati a 9 litri. Abbiamo avuto una riduzione forte e significativa importante che ha portato ad una riduzione dei problemi e delle malattie fisiche e dei problemi sociali e anche degli incidenti stradali”.
“L’obiettivo dell’OMS per il 2025 è di arrivare a 6 litri procapite. Per ridurre, però, non è abbastanza che lo faccia chi ha problemi. Bisogna che sia la popolazione in generale a cambiare le abitudini. Siamo un po’ nella situazione analoga a quella del cambiamento climatico. Avremmo bisogno di cambiare le abitudini per ridurre i problemi”.
“Abbiamo una percentuale maggiore tra i maschi anche se nel corso degli anni c’è un avvicinamento delle donne. Dai 18 ai 24 anni la percentuale ad alto rischio nei ragazzi è del 78% mentre nelle ragazze del 64%. Questo per i modi in cui si beve. Spesso fuori pasto o in maniera concentrata o ad alte quantità nel fine settimana”.
“Ci sono due fenomeni importanti: uno è l’età di inizio del consumo che si è spostata verso il basso. Se negli anni ’70 e ’80 si beveva a partire dai 16 anni attualmente ci siamo spostati a 12 anni e questa è una preoccupazione forte. Anche perché per il nostro organismo non è la stessa cosa bere a 12 anni o a 16 anni. Il secondo fenomeno importante è l’aumento del consumo di alcol nelle donne. Le adolescenti consumano le bevande alcoliche in maniera forte, così come il fumo”.
“Rispetto agli anni ’70 ci sono stati dei miglioramenti significativi sugli incidenti stradali. Sicuramente le politiche di controllo per l’alcol introdotte nel 2000 hanno portato dei risultati. Ora si stima che un terzo degli incidenti sia alcol – correlato. L’altro 70% per disattenzione. Certo non possiamo abbassare la guardia. Abbiamo oltre 3 mila morti. Bisognerebbe portare a zero il limite legale per la guida. C’è in molti paesi e dovrebbe esserci anche in Italia. Con lo 0.5, che è il limite che abbiamo oggi per legge, i tempi di reazione sono comunque raddoppiati, il campo visivo ridotto. Il limite 0.5 è stato inserito per motivi economici e culturali”.