Una nuova valutazione per prevedere l’aspettativa di vita delle persone anziane si basa meno sulle loro diagnosi specifiche di malattia e più su fattori come la capacità di fare la spesa, la quantità di alcune piccole particelle di colesterolo che circolano nel sangue e se non hanno mai fumato o solo occasionalmente.
Una squadra di ricercatori della Duke Health ha fornito, in un recente studio sull’aspettativa di vita, un modo per prevedere se è probabile che una persona di età superiore ai 70 anni vivrà due, cinque o 10 anni. I marker possono essere ottenuti durante una visita medica, quindi potrebbero essere un’utile guida per l’assistenza clinica.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica eBioMedicine.
Aspettativa di vita negli anziani: ecco quali sono i 17 fattori
“Questo studio è stato progettato per determinare le cause prossimali della longevità e aspettativa di vita, i fattori che fanno presagire se è probabile che qualcuno vivrà altri due o 10 anni”, ha affermato Virginia Byers Kraus, MD, Ph.D., Professoressa nei dipartimenti di medicina , Patologia e Chirurgia Ortopedica presso la Duke University School of Medicine e autrice principale dello studio.
“Applicate correttamente, queste misure potrebbero aiutare a determinare i benefici e gli oneri dei test di screening e del trattamento per le persone anziane”, ha affermato Kraus che insieme ai suoi colleghi ha avviato un’indagine al momento opportuno, essendo stati indirizzati a un deposito di 1.500 campioni di sangue da uno studio longitudinale degli anni ’80 che ha arruolato persone anziane.
I campioni di sangue avevano l’ulteriore caratteristica fortuita di essere prelevati in un momento che precedeva l’uso diffuso di farmaci come le statine, che avrebbero potuto falsare i risultati. Ancora buona fortuna: i partecipanti allo studio erano stati seguiti per diversi anni e avevano compilato questionari sulle loro storie e abitudini di salute.
Sfruttando tutte le caratteristiche dello studio precedente, i ricercatori sono stati in grado di applicare gli attuali sofisticati strumenti analitici. Guidati da Constantin Aliferis e Sisi Ma dell’Università del Minnesota, i ricercatori sono stati in grado di approfondire i fattori di salute per identificare un insieme fondamentale di 17 variabili predittive che hanno un impatto causale sulla longevità e aspettativa di vita.
L’analisi ha rilevato che un fattore principale associato alla longevità e all’aspettativa di vita in ciascuno dei parametri di riferimento dello studio, due, cinque e 10 anni dopo il prelievo di sangue ai partecipanti, era la funzione fisica, definita come la capacità di andare a fare la spesa o eseguire le pulizie domestiche lavoretti. Sorprendentemente, avere il cancro o malattie cardiache non era tra i principali predittori.
Per le persone anziane che hanno vissuto due anni dopo il prelievo di sangue, il fattore principale associato alla longevità e aspettativa di vita è stato l’abbondanza di colesterolo HDL (lipoproteine ad alta densità) e non solo i lipidi HDL, ma volumi elevati di particelle HDL molto piccole .
“Questo è stato particolarmente sorprendente”, ha dichiarato Kraus. “Ipotizziamo che queste particelle HDL molto piccole abbiano le dimensioni migliori per scavenging ed eliminare l’endotossina, una potente molecola che causa l’infiammazione dai microbi intestinali, dalla circolazione [VBKMP1]. La piccola particella potrebbe anche essere in grado di entrare meglio nel angoli e fessure delle cellule per rimuovere il colesterolo cattivo, quindi averne di più potrebbe fornire questo beneficio protettivo”.
A cinque anni oltre il prelievo di sangue originale, il solo fatto di essere di età più giovane era predittivo di longevità e aspettativa di vita, insieme alla funzione cognitiva. E tra i sopravvissuti più lunghi, quelli che vivono 10 anni, il miglior predittore era la storia del fumo di una persona, con i non fumatori che se la cavavano meglio.
Queste misure chiariscono e arricchiscono la nostra comprensione dei meccanismi alla base della longevità e potrebbero indicare test appropriati e potenziali interventi”, ha affermato Kraus. Lo scienziato ha affermato che la fase successiva della ricerca consiste nell’utilizzare strumenti analitici aggiuntivi per migliorare la predittività e identificare potenziali bersagli per le terapie.
Per quanto riguarda l’Italia e il trattamento che è stato riservato alle persone anziane durante la pandemia da Covid19, Marco Trabucchi, psicogeriatra e Presidente dell’Associazione italiana di Psicogeriatria, ha dichiarato: ” Gli anziani sono stati Umiliati e offesi. Umiliati perché si sono trovati ai margini degli interventi sia nelle case di riposo, sia nelle proprie case e sia negli ospedali”.
“Offesi perché fatti sentire come un peso per l’organizzazione, solo dei costi, e non col pieno diritto di fa parte della cittadinanza e della vita… La vita non si misura per quantità, ma ogni momento ha un suo peso inestimabile. Invece si sente un coro, inespresso o apertamente detto: tanto sono dei vecchi…”.
” Intanto sul piano culturale e scientifico dimostrare che si può vivere bene anche da vecchi e, pure, guarire da questo virus. Con tutta la ricerca fatta sugli anziani che ci ha portato a vivere (in genere bene) circa 85 anni e che ad ogni aggiunta di anni più viene esaltata da tutti, “grande conquista eccetera”, e poi, pronti a rovinare tutto, a smentire i progressi, con gli egoismi in questa congiuntura?”.
“Non vorrei sembrare melodrammatico, ma come ci avvicineremo ai pazienti se questi hanno capito che chiediamo loro gli anni per prendere, oggi, alcune decisioni (l’intubazione), ma, un domani, anche quelle che potrebbero riguardare la somministrazione o meno di farmaci costosi? Sempre più si nota una discrepanza tra il dono di una vita lunga e la sua accettazione”, ha continuato l’esperto.
la svalutazione dell’anziano e del vecchio viene da lontano e questo non può non incidere sull’aspettativa di vita: “E’ vero, ma ora con l’emergenza sono saltati i freni inibitori e si dice ad alta voce quello che molti pensano. Vorrei finire con una citazione del poeta e politico Vaclav Havel: “La speranza non è ottimismo. La speranza non è la convinzione che ciò che stiamo facendo avrà successo. La speranza è la certezza che ciò che stiamo facendo ha un significato. Che abbia successo o meno”.
L’invecchiamento della popolazione è un fenomeno globale: nel 2019 sono state censite più di 703 milioni di persone con età pari o superiore a 65 anni nel mondo. L’Italia è seconda al mondo per longevità soltanto al Giappone. In Italia, nel 2020, più di 13 milioni di persone appartengono alla fascia di età over 65.
Secondo l’Istat: “Al 1° gennaio 2021 si contano in Italia 17.177 persone residenti di 100 anni e oltre. L’83% sono donne. Al 1° gennaio 2021 i centenari residenti in Italia sono 17.177. L’83,4% è costituito da donne. Negli ultimi 10 anni, dopo una costante crescita fino al 2015 (massimo storico con oltre 19mila individui), la popolazione super longeva ha avuto una riduzione dovuta in larga misura a un effetto strutturale: l’ingresso in questa fascia di età delle coorti, meno numerose rispetto alle precedenti, perché costituite dai nati in corrispondenza del primo conflitto mondiale. A seguito dell’aumento dei contingenti iniziali delle coorti nate alla fine del primo dopoguerra si osserva invece a partire dal 2020 una nuova crescita dei sopravviventi più longevi” .
Dal 2009 al 2021 le persone residenti di 100 anni e oltre sono passate da poco più di 10 mila a 17 mila. Quelle di 105 anni e oltre sono più che raddoppiate (+136%), passando da 472 a 1.111. A oggi la persona vivente più anziana in Italia è una donna residente nelle Marche che è alle soglie dei 112 anni; tra gli uomini il decano risiede in Toscana e ha quasi 110 anni. A differenza delle altre fasce di età di popolazione anziana, per chi ha raggiunto o superato i 105 anni di età non si è osservata una crescita rilevante dei decessi nel corso del 2020, primo anno della pandemia da Covid-19″.
Negli ultimi 10 anni, gli anziani di età di circa 65 anni hanno guadagnato più di un anno di aspettativa di vita in buona salute (da 5,6 nel 2009 a 7,3 nel 2019). Lo stesso vale per le donne di 65 anni che possono avere una aspettativa di vita in buona salute di almeno il 30% degli anni che restano loro, gli uomini più del 40%. Per le persone ottantenni, questa prospettiva di aspettativa di vita si riduce solo di poco, scendendo al 23,6% dei 10 anni che restano ancora da vivere per le donne e al 33% dei 9 anni per gli uomini.
Il Rapporto 2020 dell’ISTAT ci conferma che “circa la metà degli ultraottantenni in Italia non presenta problemi di autonomia nelle attività quotidiane fondamentali (ADL – Activities of Daily Living), come sdraiarsi e alzarsi dal letto, vestirsi e spogliarsi da soli, fare il bagno o la doccia, usare i servizi igienici o mangiare da soli. Anche in questo caso gli uomini sono in una posizione di vantaggio: sono il 57%, contro il 40% delle donne, con una differenza dovuta solo in parte alla maggiore longevità delle seconde”.