Arrivare a spegnere 100 candeline non è più un obiettivo realistico per le nuove generazioni. Lo dice una ricerca pubblicata su PNAS e coordinata dal demografo José Andrade dell’Istituto Max Planck in Germania: l’aspettativa di vita, che nel Novecento sembrava destinata a crescere senza freni, ha subito un forte rallentamento.
Dall’ottimismo del ’900 al freno degli anni recenti
All’inizio del secolo scorso sembrava che la strada fosse tracciata. L’igiene pubblica, gli antibiotici, i vaccini e i progressi della medicina avevano allungato la vita media in modo spettacolare. Un bambino nato in un Paese ricco nel 1938 poteva aspettarsi di vivere in media 80 anni, ben 18 in più rispetto a chi era nato solo quarant’anni prima.
Quel trend fece pensare che l’obiettivo dei 100 anni fosse dietro l’angolo. Ma i dati più aggiornati raccontano un’altra storia.
I numeri del rallentamento
Analizzando i dati di 23 Paesi industrializzati, i ricercatori hanno scoperto che la crescita dell’aspettativa di vita ha perso ritmo dal 1939 in poi. Per i nati tra il 1939 e il 2000, l’aumento medio è sceso a 2,5-3,5 mesi per anno di nascita. Un rallentamento netto rispetto alla prima metà del ’900, quando i guadagni erano quasi il doppio.
Oggi l’aspettativa di vita media nei Paesi ricchi si aggira sugli 80 anni. Secondo Andrade, “i nati nel 1980 non vivranno in media fino a 100 anni e nessuna delle coorti osservate nello studio raggiungerà quel traguardo”.
Il ruolo della scienza e della medicina

C’è chi spera nelle biotecnologie, nella medicina rigenerativa o nelle nuove terapie anti-invecchiamento. Ma lo studio mette le cose in chiaro: anche scoperte mediche di grande portata difficilmente riusciranno a replicare i balzi del passato. I progressi igienico-sanitari e la scoperta degli antibiotici hanno avuto un impatto che, oggi, è quasi impossibile eguagliare.
Implicazioni sociali e politiche
Questi dati non riguardano solo le statistiche, ma anche la vita quotidiana. Se l’aspettativa di vita non cresce più come un tempo, bisogna rivedere piani pensionistici, sistemi sanitari e politiche sociali. Significa, ad esempio, ricalcolare i contributi previdenziali e pianificare meglio l’assistenza sanitaria per una popolazione che non invecchia all’infinito, ma resta comunque longeva.
Come spiega Héctor Pifarré i Arolas, coautore dello studio e docente all’Università del Wisconsin-Madison, “l’aumento senza precedenti dell’aspettativa di vita registrato nella prima metà del XX secolo è stato un fenomeno irripetibile, almeno nel prossimo futuro”.
Un futuro da costruire con realismo

Non vuol dire che non si possano migliorare le condizioni di vita. Stile alimentare, attività fisica, qualità dell’aria e accesso alle cure restano fattori decisivi. Ma l’idea di una crescita infinita dell’aspettativa di vita è ormai superata: il traguardo dei 100 anni resta un’eccezione, non la regola.
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