Una squadra di scienziati della Tufts University e dell’Università di Oxford, utilizzando un modello tridimensionale di coltura di tessuti umani che simula il cervello, ha dimostrato dimostrato che virus comuni come il virus della varicella e l’herpes zoster, che può innescare l’herpes simplex (HSV), e in modo particolare la variante HSV-1, può dare vita alle prime fasi del morbo di Alzheimer.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Alzheimer’s Disease.
Virus HSV-1: ecco come innesca l’insorgenza del morbo di Alzheimer
Le prime fasi del morbo di Alzheimer possono prendere vita quasi in modo impercettibile, trincerandosi dietro le dimenticanze che possono manifestarsi ad una certa età e che vengono considerate normali. Tutta via la vera causa o le vere cause che scatenano l’insorgenza del morbo di Alzheimer sono, ad oggi, sconosciute.
Per quanto riguarda la scoperta dei ricercatori della Tufts University e dell’Università di Oxford, l’HSV-1, una delle principali varianti del virus, giace dormiente all’interno dei neuroni del cervello, ma quando viene innescato, causa l’accumulo di proteine tau e beta amiloide e alla perdita della funzione neuronale, caratteristiche distintive riscontrate negli individui con diagnosi di malattia di Alzheimer.
“I nostri risultati suggeriscono un percorso verso il morbo di Alzheimer, causato da un’infezione da VZV che crea fattori scatenanti infiammatori che risvegliano l’HSV nel cervello”, ha affermato Dana Cairns, GBS12, ricercatrice associata al Dipartimento di ingegneria biomedica: “Mentre abbiamo dimostrato un legame tra l’attivazione di VZV e HSV-1, è possibile che anche altri eventi infiammatori nel cervello possano risvegliare l’HSV-1 e portare al morbo di Alzheimer”.
“Abbiamo lavorato su molte prove consolidate che l’HSV è stato collegato a un aumento del rischio di malattia di Alzheimer nei pazienti”, ha affermato David Kaplan, Professore di ingegneria della famiglia Stern e Presidente del dipartimento di ingegneria biomedica presso la Tufts’ School of Engineering. Una delle prime a ipotizzare una connessione tra il virus dell’herpes e il morbo di Alzheimer è stata Ruth Itzhaki dell’Università di Oxford, che ha collaborato con il laboratorio Kaplan a questa nuova ricerca.
“Sappiamo che esiste una correlazione tra l’HSV-1 e il morbo di Alzheimer e alcuni suggeriscono il coinvolgimento di VZV, ma quello che non sapevamo è la sequenza di eventi che i virus creano per mettere in moto la malattia”, ha dichiarato Itzhaki: “Pensiamo di avere ora le prove di quegli eventi”.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 3,7 miliardi di persone di età inferiore ai 50 anni sono state infettate dall’HSV-1, il virus che causa l’herpes orale. Nella maggior parte dei casi è asintomatico, giacendo dormiente all’interno delle cellule nervose. Quando attivato, può causare infiammazioni ai nervi e alla pelle, causando piaghe aperte e vesciche dolorose. La maggior parte dei portatori – e secondo il CDC è uno su due americani – avrà sintomi da molto lievi a nessun sintomo prima che il virus diventi dormiente.
Per riuscire a sviscerare meglio la relazione di causa ed effetto tra i virus e il morbo di Alzheimer, la squadra di scienziati del Tufts ha ricreato ambienti che simulano il tessuto cerebrale, piccole spugne a forma di ciambella larghe 6 millimetri ottenute dalle proteine della seta e collagene.
Successivamente, i ricercatori hanno popolato le spugne con cellule staminali neurali che crescono e diventano neuroni funzionali in grado di scambiarsi segnali in una rete, proprio come accade nel cervello. Alcune delle cellule staminali formano anche cellule gliali, che si trovano tipicamente nel cervello e aiutano a mantenere vivi e funzionanti i neuroni.
“Si tratta di due virus molto comuni e generalmente innocui, ma gli studi di laboratorio suggeriscono che se una nuova esposizione a VZV risveglia l’HSV-1 dormiente, potrebbero causare problemi”, ha affermato Cairns: “È ancora possibile che altre infezioni e altri percorsi di causa ed effetto possano portare al morbo di Alzheimer, e fattori di rischio come trauma cranico, obesità o consumo di alcol suggeriscono che potrebbero intersecarsi con il riemergere dell’HSV nel cervello”, ha aggiunto l’esperta.
I ricercatori hanno anche notato gli effetti neurologici a lungo termine che alcuni pazienti COVID hanno sperimentato dal virus SARS-CoV-2, in particolare tra gli anziani, e che sia VZV che HSV-1 possono essere riattivati dopo un’infezione da COVID. In questi casi sarebbe consigliabile tenere d’occhio i possibili effetti cognitivi successivi e la neurodegenerazione.