Il dottor Adam Faye insieme al suo gruppo di studio della NYU Grossman School of Medicine, a New York City, ha dimostrato che un uso intensivo di antibiotici possa essere la causa dello sviluppo del morbo di Chron e di altre malattie infiammatorie intestinali (IBD) nei soggetti anziani.
I risultati dello studio saranno presentati domenica 22 maggio alla Digestive Disease Week meeting in San Diego.
Morbo di Crohn legato ad un uso intensivo di antibiotici: ecco cosa dice una ricerca
Se un uso intensivo di antibiotici sia sconsigliato a prescindere dalla patologia che si sta affrontando, la ricerca sviluppata dai ricercatori della NYU Grossman School of Medicine, a New York City, ha evidenziato come la somministrazione eccessiva possa portare allo sviluppo del morbo di Chron e di altre malattie infiammatorie intestinali come la colite ulcerosa.
“Negli anziani, pensiamo che i fattori ambientali siano più importanti della genetica“, ha affermato il ricercatore capo, il dottor Adam Faye, assistente professore di medicina e salute della popolazione presso la NYU Grossman School of Medicine, a New York City.
“Quando si osservano i pazienti più giovani con nuove diagnosi di morbo di Crohn e colite ulcerosa, c’è generalmente una forte storia familiare. Ma non è così negli anziani, quindi è davvero qualcosa nell’ambiente che lo sta innescando“, ha dichiarato Faye. Per lo studio, Faye e i suoi colleghi hanno studiato attentamente i record di prescrizione per 2,3 milioni di adulti di età pari o superiore a 60 anni in Danimarca a cui è stata diagnosticata una nuova IBD dal 2000 al 2018.
Rispetto a quelli senza uso di antibiotici nei cinque anni precedenti, un ciclico uso intensivo di antibiotici è stato associato a un rischio maggiore del 27% di una nuova diagnosi di IBD, due cicli con un rischio maggiore del 55% e tre cicli con un rischio maggiore del 67%. Quattro corsi erano legati a un rischio maggiore del 96% e cinque o più corsi con un rischio maggiore del 236%, hanno riferito i ricercatori.
Secondo la ricerca, gli individui che avevano assunto antibiotici negli ultimi uno o due anni avevano i tassi più alti di nuove diagnosi di IBD, ma il rischio è rimasto elevato per coloro che hanno assunto i farmaci nei due o cinque anni precedenti.
L’aumento del rischio di IBD è stato riscontrato per tutti i tipi di antibiotici ad eccezione della nitrofuroantoina , che è comunemente prescritta per le infezioni del tratto urinario. Gli antibiotici tipicamente prescritti per le infezioni gastrointestinali erano quelli con maggiori probabilità di essere associati a una nuova diagnosi di IBD. I risultati hanno messo in evidenza che i medici dovrebbero prendere in considerazione l’IBD quando vedono gli anziani con nuovi sintomi gastrointestinali, specialmente se hanno una storia di uso intensivo di antibiotici.
” Le ragioni precise non sono note: si fanno solo delle ipotesi, come quello dell’uso intensivo degli antibiotici che, in soggetti predisposti, potrebbe aver determinato alterazioni del microbiota intestinale, facendo prevalere alcuni batteri che avrebbero determinato un cambiamento del pattern antigenico della mucosa intestinale su cui poi l’organismo ha instaurato degli anticorpi che hanno costituito il primo momento del meccanismo patogenetico alla base delle lesioni che originano queste malattie”.
Paolo Lionetti, Professore Ordinario di Pediatria e Responsabile della Struttura Complessa Gastroenterologia e Nutrizione Ospedale Pediatrico Meyer, Firenze, ha aggiunto: “L’aumento della prevalenza e dell’incidenza delle MICI nella popolazione pediatrica è un dato evidente. Il 20-25% dei casi esordisce in età pediatrica o adolescenziale. In particolare, in Italia, i dati del registro della Società di Gastroenterologia Pediatrica hanno messo in evidenza il progressivo aumento di queste malattie, che spesso esordiscono tra gli 8 e i 12 anni, ma l’impressione è che alcuni casi stiano anticipando fino ai 3-5 anni”.
“Questo nuovo scenario pone problemi inediti. Il 30-40% dei bambini affetti da malattia di Crohn soffre di problemi di crescita; inoltre, il quadro clinico può essere dominato da manifestazioni extra-intestinali che possono portare a un ritardo delle diagnosi. Nel caso della colite ulcerosa, invece, vi è una maggiore prevalenza di pancolite, ossia una patologia che colpisce tutto il colon e il retto, non solamente una parte. Proprio per questo sono state varate delle linee guida pediatriche ad hoc ed è fondamentale una costante collaborazione tra pediatri e gastroenterologi”.
“Le cause di questo incremento di diagnosi in età infantile non sono note”, ha continuato il Prof. Lionetti: “Come per tutte le malattie immunomediate, vi è una predisposizione genetica su cui intervengono dei fattori ambientali. Tra questi, vi può essere la dieta tipica del mondo occidentale con alimenti che favoriscono l’infiammazione e modificazioni del microbiota intestinale”.
il Prof. Gianluca Sampietro, Direttore della Divisione di Chirurgia Generale ed Epato-Bilio-Pancreatica, ASST Rhodense, Milano ha affermato: “Un altro aspetto interessante è che le MICI sono pressoché sconosciute nei Paesi in via di sviluppo, ma quando i cittadini di questi Paesi, nel corso dei flussi migratori, si trasferiscono stabilmente nei Paesi industrializzati, iniziano a soffrire di queste patologie. Stiamo assistendo a tanti pazienti di Stati nordafricani (Egitto, Marocco, Tunisia) che nei rispettivi Paesi non hanno mai neppure sentito nominare queste patologie né hanno mai avvertito alcun sintomo, ma, una volta in Italia, dopo qualche anno, si ammalano e finiscono in trattamento. Queste patologie immunomediate sono dunque sempre più tipiche dei Paesi industrializzati”.