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L’Unione Europea investe 728 milioni nella ricerca: perché gli italiani brillano più dei Paesi ospitanti?

Record ERC e il paradosso della ricerca italiana

Redazione 10 secondi fa Commenta! 7
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L’Europa alza l’asticella della ricerca scientifica e lo fa con numeri che parlano da soli. Il Consiglio Europeo della Ricerca ha assegnato 728 milioni di euro a 349 ricercatori attivi in 25 Paesi. Un investimento mai visto prima per questo tipo di bando. Il messaggio politico è diretto: l’Unione Europea vuole trattenere talento, attrarre menti eccellenti e giocare un ruolo centrale nella scienza globale.

Contenuti di questo articolo
Un budget senza precedenti per carriere scientifiche consolidateChi guida la classifica dei finanziamenti ERCRicerca di frontiera e pressione sugli investimenti europeiDonne nella ricerca: una quota che non cambiaI settori scientifici più premiatiI progetti simbolo finanziati in EuropaDove si fa ricerca ERC in ItaliaIl nodo irrisolto del sistema Italia

Il dato che colpisce di più riguarda l’Italia. Il Paese è settimo per numero di progetti ospitati, ma sale al secondo posto per nazionalità dei vincitori. Un paradosso solo apparente che racconta molto dello stato reale della ricerca italiana.

Un budget senza precedenti per carriere scientifiche consolidate

Unione europea

Il bando ERC Consolidator Grants 2025 ha distribuito fondi destinati a ricercatori già affermati, nel pieno della maturità scientifica. Parliamo di scienziati che guidano gruppi di ricerca e che hanno già dimostrato capacità di leadership e visione a lungo termine.

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Secondo la commissaria europea Ekaterina Zaharieva, si tratta di un budget record che segnala una scelta precisa: rendere l’Europa un luogo desiderabile per chi produce conoscenza di alto livello. Non una dichiarazione di principio, ma una mossa concreta.

Le candidature sono state 3.121, con una flessione netta rispetto ai bandi precedenti. Meno domande, più selezione, più competizione reale. Ogni progetto finanziato ha superato una valutazione durissima.

Chi guida la classifica dei finanziamenti ERC

Guardando ai Paesi che ospitano i progetti, il Regno Unito guida la classifica con 66 finanziamenti, seguito da Germania (58) e Paesi Bassi (40). L’Italia si ferma a 17 progetti, posizione che potrebbe sembrare modesta.

Il quadro cambia se si osserva la nazionalità dei vincitori. Gli italiani sono 37, secondi solo ai tedeschi con 48 e davanti ai britannici con 33. Questo dato smonta una narrazione comoda ma falsa: il problema non è la qualità dei ricercatori italiani, bensì la capacità del sistema di trattenerli.

Ricerca di frontiera e pressione sugli investimenti europei

La presidente dell’ERC Maria Leptin ha definito questo bando uno dei più competitivi mai realizzati. Un’affermazione che pesa, perché arriva da chi guida l’ente che decide dove finiscono i fondi più ambiti d’Europa.

Il punto centrale è chiaro: la domanda di ricerca di alto livello cresce più velocemente delle risorse disponibili. Questo crea una pressione crescente sugli investimenti comunitari, soprattutto in settori che hanno impatti diretti su salute, tecnologia e società.

Leptin sottolinea anche un altro aspetto: molte di queste ricerche hanno il potenziale per generare nuove industrie, migliorare la qualità della vita e rafforzare la posizione europea nello scacchiere globale della conoscenza.

Donne nella ricerca: una quota che non cambia

Unione europea

La percentuale di donne finanziate si attesta attorno al 38%, un valore stabile rispetto agli anni precedenti. Non si registra un arretramento, ma neppure un salto in avanti.

È un segnale doppio. Da un lato indica che le politiche di inclusione evitano regressioni. Dall’altro mostra che l’equilibrio di genere nei livelli alti della ricerca resta un obiettivo lontano, specie nei settori scientifici più duri.

I settori scientifici più premiati

I finanziamenti ERC si distribuiscono in modo piuttosto netto tra le discipline:

Le Scienze fisiche e ingegneria guidano con 141 progetti, seguite dalle Scienze sociali e umanistiche con 115, mentre le Scienze della vita chiudono con 93.

Questa ripartizione racconta un’Europa che non punta solo su tecnologia e laboratorio, ma investe anche su modelli sociali, comportamento umano e sistemi complessi. Una scelta che rafforza l’idea di ricerca come ecosistema, non come compartimenti stagni.

I progetti simbolo finanziati in Europa

Tra i progetti vincitori emergono esempi che rendono tangibile l’impatto di questi fondi.

In Spagna si studiano nanoparticelle per il contrasto ai tumori, all’interno di un laboratorio avanzato di scienza dei materiali. Nei Paesi Bassi prende forma un’interfaccia tra biologia e chimica che sfrutta la meccanica quantistica per individuare la sepsi in fase iniziale, con potenziali ricadute cliniche enormi.

In Slovenia si analizzano i motori proteici, mentre in Italia un progetto sviluppa un algoritmo predittivo per valutare la risposta dei bambini agli interventi di salute mentale. Un tema delicato, con risvolti sociali profondi.

Dove si fa ricerca ERC in Italia

L’unione europea investe 728 milioni nella ricerca: perché gli italiani brillano più dei paesi ospitanti?

I 17 progetti italiani si distribuiscono su nove regioni, segno di una rete scientifica diffusa e non concentrata in un solo polo.

La Campania guida con quattro progetti, tutti a Napoli: due all’Università Federico II, uno all’Istituto Italiano di Tecnologia e uno all’Orientale. Anche il Veneto ne conta quattro, con Padova e Verona in prima linea.

Seguono Emilia Romagna, Lombardia, Trentino Alto Adige e Lazio, ciascuna con due progetti. Chiudono Piemonte e Toscana con un finanziamento a testa, rispettivamente a Torino e Pisa.

I temi spaziano dalla dinamica delle connessioni cerebrali allo studio dei terremoti, passando per immunologia e oncologia. Un mosaico che mostra come la ricerca italiana sia viva, varia e competitiva, anche quando lavora in condizioni meno favorevoli rispetto ad altri Paesi europei.

Il nodo irrisolto del sistema Italia

Il dato che conta non è solo quanti fondi arrivano, ma dove finiscono le persone. L’Italia forma ricercatori capaci di vincere bandi tra i più selettivi al mondo, ma spesso non riesce a offrire contesti stabili, infrastrutture adeguate e prospettive di lungo periodo.

Il risultato è visibile: il talento italiano vince, ma lavora altrove. L’Europa investe, altri Paesi incassano.

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