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Lettura: Tutankhamon: 103 anni dall’apertura della tomba millenaria
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Tutankhamon: 103 anni dall’apertura della tomba millenaria

Un viaggio nel giorno in cui Carter e Carnarvon ruppero il silenzio millenario della tomba più celebre della storia

Giorgio Alberto Tarantino 2 minuti fa Commenta! 9
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Il 26 novembre ha un sapore particolare per chiunque ami l’archeologia, la storia antica o semplicemente l’idea che il passato possa riemergere dalla sabbia per sorprenderci. Questa data richiama al momento in cui la tomba di Tutankhamon – dopo più di 3000 anni di silenzio – vide dei visitatori, Howard Carter insieme al suo compagno di ricerca e finanziatore Lord Carnarvon.

Non è soltanto un anniversario bensì il simbolo di ciò che accade quando l’ostinazione, la curiosità e un pizzico di audacia si intrecciano fino a diventare scoperta. Il racconto di quella giornata mantiene una forza magnetica anche a distanza di un secolo, come se il tempo non avesse corroso la freschezza dello stupore che accompagnò i due uomini nell’oscurità della Valle dei Re.

Tutankhamon: 103 anni dall'apertura della tomba millenaria

L’Egitto del primo Novecento era un palcoscenico affollato, attraversato da studiosi, esploratori, cacciatori di antichità e avventurieri che andavano e venivano con l’ambizione di trovare ciò che tutti cercavano e che nessuno riusciva a identificare con certezza: una tomba intatta.

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Le sepolture dei faraoni –tra cui Tutankhamon –, anche le più monumentali, erano state violate nei secoli da ladri di ogni genere, lasciando ai moderni archeologi solo frammenti, ricordi e ipotesi, con la convinzione diffusa che la Valle dei Re avesse ormai rivelato tutto ciò che aveva da offrire.

Ciononostante Carter non la pensava così, aveva una tenacia quasi testarda, un tratto che spesso separa gli scopritori dai semplici osservatori, e in quella distesa di roccia e sabbia, lui continuava a vedere indizi, anomalie, vuoti da riempire.

La sua ossessione per Tutankhamon non nasceva da un mito consolidato, il giovane faraone, fino ad allora, era poco più che un nome incerto nelle liste dei sovrani della XVIII dinastia. Non aveva lasciato opere colossali, né imprese militari straordinarie e la sua figura era rimasta schiacciata tra personalità più ingombranti e vicende politiche tumultuose.

L’idea che la sepoltura di Tutankhamon potesse essere ancora nascosta, e soprattutto intatta, sembrava a molti quasi un dettaglio marginale, per Carter, invece, era una possibilità concreta, ed era proprio l’assenza di notizie a renderla credibile. Quando nel 1914 ottenne la concessione per scavare nella Valle dei Re grazie al sostegno di Lord Carnarvon, iniziò un lavoro che somigliava più a una maratona mentale che a una normale campagna archeologica.

Anno dopo anno, la ricerca di Tutankhamon sembrava respingerlo, i fondi si assottigliavano, i risultati non arrivavano e le speranze rischiavano di trasformarsi in un ricordo imbarazzante, eppure resta affascinante immaginare Carter che, tra decine di buche, trincee e frammenti di ceramica, continuava a vedere un filo logico dove altri vedevano un deserto privo di promesse.

The tomb that changed the world | the explorers club

Quando l’ultimo anno di concessione stava per scadere e persino Carnarvon iniziava a pensare di abbandonare l’impresa, la storia cambiò improvvisamente direzione. La mattina del 4 novembre 1922, uno dei lavoratori individuò un gradino sepolto, poi ne apparve un secondo, poi un terzo.

Era come se la Valle si fosse finalmente decisa a rispondere a un insistente bussare, con gli scavi che rivelarono presto l’imboccatura di un corridoio sigillato da un muro di calcare, coperto da cartigli che parlavano chiaro: quello era l’ingresso della tomba di Tutankhamon.

Carter, con una calma che immagino più apparente che reale, telegrafò immediatamente Carnarvon, invitandolo a raggiungerlo in Egitto, e da quel momento, la storia dell’archeologia entrò in una dimensione quasi teatrale, fatta di attesa, sospensione e tensione crescente.

La scoperta della tomba di Tutankhamon

Il 26 novembre 1922, i due uomini si trovarono finalmente davanti alla porta murata che sigillava la camera interna di Tutankhamon, la scena è rimasta impressa nell’immaginario collettivo perché simboleggia un momento purissimo: quello in cui l’umanità si affaccia sul passato senza alcun filtro.

Carter praticò una piccola apertura e introdusse una candela per illuminare l’interno, e lo stesso Carnarvon, impaziente, gli chiese se riusciva a vedere qualcosa, la risposta, destinata a diventare una delle frasi più celebri della storia della scienza, fu un semplice «Sì, meraviglie». Lo stupore non è un concetto scientifico, ma in certi istanti diventa la sua premessa più nobile.

Immaginare la scena della tomba di Tutankhamon con occhi moderni invita quasi a una doppia visione: da un lato lo sguardo del neofita, che assiste all’apparizione di oggetti dorati, statue, carri, scrigni e figure animali come se fosse entrato in un mondo sospeso; dall’altro lo sguardo più tecnico, quello dello specialista che analizza la disposizione, le tecniche di lavorazione, i materiali, le implicazioni storiche e religiose.

Tutankhamon: 103 anni dall'apertura della tomba millenaria

Entrambi i punti di vista funzionano, perché quella tomba parlava a più livelli contemporaneamente, era il deposito materiale di una civiltà che aveva portato l’arte funeraria a una complessità quasi rituale e, al tempo stesso, era un frammento narrativo che raccontava la precarietà di un regno breve, segnato da turbolenze politiche e restaurazioni religiose.

Tutto ciò che Carter osservò in quelle prime ore nella tomba di Tutankhamon era il preludio a una scoperta ancora più grande: la camera funeraria, il sarcofago, le custodie in oro massiccio, la maschera funeraria diventata poi uno dei simboli più potenti dell’archeologia mondiale.

Quella giornata del 26 novembre, però, aveva un valore diverso, era la soglia, il momento in cui il tempo si piega e permette agli esseri umani di guardare dentro una storia rimasta sigillata per tremila anni. Da lì in poi iniziò un processo lungo, complesso, a tratti estenuante, fatto di catalogazione, documentazione, protezione e, inevitabilmente, discussione.

Rispolverare la scoperta della tomba di Tutankhamon proprio oggi, 26 novembre, significa celebrare un atto di conoscenza che continua a parlarci, non si tratta soltanto della scoperta più famosa dell’archeologia moderna: è un promemoria di quanto la tenacia umana possa spingersi oltre il limite del prevedibile, e nello stesso tempo, è un invito a non lasciarsi ingannare dalla patina romantica del racconto.

Molto di ciò che Carter fece successivamente è stato analizzato, rivalutato, in alcuni casi criticato dai moderni archeologi per metodi che oggi non adotteremmo più. È il bello della storia della scienza: ogni generazione osserva quella precedente con un misto di ammirazione e di necessario spirito critico.

Tutankhamon: 103 anni dall'apertura della tomba millenaria

Il fascino della scoperta della tomba di Tutankhamon non si esaurisce nell’oro o negli oggetti preziosi. Risiede nella possibilità di ascoltare la voce di una civiltà che ha costruito un rapporto con la morte diverso dal nostro, più cerimoniale, più strutturato, quasi ingegneristico nel modo in cui la vita ultraterrena veniva progettata e garantita attraverso oggetti, formule e simboli.

Raccontare questo episodio significa rientrare per un attimo in una stanza buia che si illumina lentamente, lasciando emergere forme che prima erano soltanto ipotesi, è il tipo di esperienza che unisce competenze scientifiche e curiosità spontanea, e che continua a ispirare sia gli studiosi sia chi semplicemente ama farsi sorprendere dal passato.

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