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Salute

Come i tumori riprogrammano i geni driver per sconfiggere la chemioterapia

La capacità dei tumori di sviluppare resistenza alla chemioterapia è un processo complesso e multifattoriale, spesso mediato da alterazioni genetiche che conferiscono un vantaggio selettivo alle cellule neoplastiche. Un nuovo framework computazionale, denominato DiffInvex, è stato sviluppato per analizzare in dettaglio come i geni "driver", noti per il loro ruolo nella progressione tumorale, vengano riprogrammati a livello funzionale ed evolutivo in risposta alla pressione selettiva esercitata dalla chemioterapia

Denise Meloni 7 ore fa Commenta! 11
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La genesi della resistenza alla chemioterapia nei tumori rappresenta una sfida cruciale nell’oncologia contemporanea. Un recente avanzamento nella bioinformatica ha portato allo sviluppo di DiffInvex, un innovativo framework computazionale in grado di disvelare i meccanismi attraverso i quali le cellule tumorali riprogrammano l’attività dei geni “driver” per eludere gli effetti citotossici dei trattamenti farmacologici. Questa metodologia analitica avanzata offre una prospettiva inedita sulle dinamiche evolutive che plasmano il genoma tumorale in risposta alla pressione selettiva indotta dalla chemioterapia, aprendo nuove vie per la comprensione e il superamento della resistenza ai farmaci.

Contenuti di questo articolo
La dinamica evolutiva delle mutazioni nei tumoriL’identificazione di geni chiave favorevolmente mutati in risposta alla chemioterapiaVerso combinazioni farmacologiche razionali per ostacolare la resistenza
Come i tumori riprogrammano i geni driver per sconfiggere la chemioterapia

La dinamica evolutiva delle mutazioni nei tumori

Analogamente al processo di adattamento che le specie viventi sperimentano attraverso le generazioni, le cellule che compongono il nostro organismo accumulano costantemente mutazioni nel loro materiale genetico nel corso della vita di un individuo. Sebbene la stragrande maggioranza di queste alterazioni del DNA si riveli priva di conseguenze funzionali, una sottoclasse di mutazioni, definite “driver”, conferisce alla cellula portatrice un vantaggio selettivo.

Questa prerogativa competitiva può innescare la proliferazione incontrollata e la trasformazione neoplastica, dando origine al cancro. Successivamente, l’introduzione della chemioterapia esercita una nuova e potente pressione evolutiva sull’ecosistema tumorale, favorendo l’emergere e la selezione di ulteriori modificazioni genetiche che dotano le cellule tumorali della capacità di eludere gli effetti citotossici del trattamento, conducendo frequentemente alla recidiva della malattia.

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Per affrontare la complessità di tracciare le dinamiche evolutive che plasmano il genoma tumorale in risposta alle pressioni selettive, i ricercatori dell’Istituto di Ricerca Biomedica (IRB) di Barcellona hanno sviluppato DiffInvex, un sofisticato framework computazionale. Questo strumento innovativo è progettato per analizzare come le pressioni evolutive che agiscono sui geni si modificano progressivamente durante la transizione da cellule sane a cellule tumorali e, crucialmente, quando i tumori si trovano a fronteggiare la sfida terapeutica della chemioterapia.

Come i tumori riprogrammano i geni driver per sconfiggere la chemioterapia

Applicando DiffInvex a un vasto set di dati comprendente oltre 11.000 genomi umani, derivati sia da tumori che da tessuti sani e rappresentativi di circa 30 tipologie tissutali distinte, il framework è in grado di identificare le specifiche “vie di fuga” mutazionali che i tumori adottano per sviluppare resistenza al trattamento. Inoltre, DiffInvex permette di discernere quali geni specifici potrebbero svolgere un ruolo chiave nell’innesco e nello sviluppo di tale resistenza.

Nonostante i significativi progressi compiuti nella terapia oncologica, la chemioterapia rimane un pilastro fondamentale nel trattamento di numerosi tipi di cancro. Tuttavia, una sfida clinica di primaria importanza è rappresentata dalla frequente insorgenza di recidive tumorali in molti pazienti. La decifrazione dei meccanismi molecolari e delle specifiche mutazioni che consentono alle cellule tumorali di sopravvivere all’aggressione farmacologica si è rivelata notoriamente complessa.

Questa difficoltà è esacerbata dal fatto che la chemioterapia stessa induce ulteriori danni al DNA nelle cellule tumorali, e spesso i pazienti vengono trattati con combinazioni di più farmaci, rendendo ardua la distinzione tra le mutazioni preesistenti, quelle indotte dal trattamento e quelle che effettivamente conferiscono resistenza.

Come i tumori riprogrammano i geni driver per sconfiggere la chemioterapia

Il dottor Fran Supek, autore principale dello studio, responsabile del gruppo di ricerca presso l’IRB di Barcellona e professore presso il Biotech Research & Innovation Center (BRIC) dell’Università di Copenaghen, sottolinea la necessità di un approccio analitico avanzato.

“Avevamo bisogno di un modo per guardare oltre il rumore di fondo delle mutazioni e cogliere l’evoluzione tumorale ‘sul fatto’, ovvero identificare le alterazioni genetiche che sono direttamente selezionate dalla pressione evolutiva esercitata dalla chemioterapia e che conferiscono un reale vantaggio di sopravvivenza alle cellule neoplastiche”. Il framework DiffInvex rappresenta un passo significativo in questa direzione, fornendo uno strumento potente per districare la complessa dinamica evolutiva che sottende la resistenza ai farmaci nei tumori.

L’identificazione di geni chiave favorevolmente mutati in risposta alla chemioterapia

Un elemento distintivo di DiffInvex risiede nella sua capacità di inferire empiricamente un tasso di mutazione “neutrale” per regioni geniche codificanti di rilevanza biologica. Questo risultato viene ottenuto attraverso un’analisi comparativa delle mutazioni osservate in tali regioni con le mutazioni accumulate in regioni non codificanti adiacenti, come gli introni o le sequenze intergeniche.

Come i tumori riprogrammano i geni driver per sconfiggere la chemioterapia

Tale approccio metodologico elimina in modo efficace ogni potenziale ambiguità nella valutazione precisa di come diversi fattori ambientali e terapeutici influenzino i tassi e gli spettri di mutazione che si verificano durante l’evoluzione del tumore e in risposta alla chemioterapia. La capacità di distinguere le mutazioni selettivamente vantaggiose dal rumore di fondo delle mutazioni neutre rappresenta un avanzamento significativo nella comprensione delle dinamiche evolutive del cancro.

Sfruttando la potenza computazionale di DiffInvex e analizzando un vasto set di dati comprendente oltre 11.000 genomi umani, rappresentativi di circa 30 diverse tipologie tissutali e delle loro controparti tumorali, i ricercatori sono stati in grado di identificare 11 geni le cui mutazioni risultano essere significativamente favorite in seguito all’esposizione a specifici regimi chemioterapici. Tra questi geni spiccano fattori ben noti nel contesto oncologico, quali PIK3CA, SMAD4 e STK11, la cui alterazione è frequentemente implicata nella progressione tumorale e nella risposta ai trattamenti.

Questi risultati convergenti suggeriscono un modello concettuale per la resistenza ai farmaci antitumorali. Contrariamente all’ipotesi che i tumori sviluppino prevalentemente meccanismi di resistenza altamente specifici attraverso mutazioni in geni dedicati alla detossificazione o all’efflusso dei farmaci, i dati ottenuti con DiffInvex indicano che la resistenza è spesso mediata dall’accumulo di ulteriori mutazioni “driver” in geni già noti per il loro ruolo nella genesi e nella progressione del cancro. In altre parole, i tumori sembrano evolvere potenziando le loro vie oncogeniche centrali piuttosto che sviluppando “scudi” molecolari su misura contro specifici agenti chemioterapici.

Come i tumori riprogrammano i geni driver per sconfiggere la chemioterapia

Lo studio ha inoltre intrapreso un’analisi comparativa tra 1.722 genomi di tessuti sani e i genomi dei corrispondenti tipi tumorali. Questa analisi ha rivelato che mutazioni nel gene ARID1A – tradizionalmente considerato un fattore oncosoppressore – e in altri geni frequentemente alterati nei tumori vengono selezionate positivamente anche durante il normale processo di invecchiamento. Queste osservazioni intriganti suggerirebbero che alcuni geni classificati come “fattori cancerogeni” potrebbero in realtà rappresentare delle “reliquie evolutive”, ovvero geni le cui mutazioni conferiscono un vantaggio selettivo in contesti fisiologici come l’invecchiamento, ma che, in determinate circostanze, possono predisporre allo sviluppo del cancro piuttosto che esserne i fattori scatenanti primari.

Il dottor Supek sintetizza le implicazioni dello studio con una metafora incisiva: “Il nostro lavoro rivela che la strategia preferita dal cancro non è quella di costruire scudi su misura contro un farmaco particolare, ma piuttosto quella di potenziare i suoi circuiti centrali in modo che (quasi) ogni colpo sia meno doloroso”. Questa affermazione sottolinea come la comprensione delle dinamiche evolutive che plasmano il genoma tumorale sia cruciale per lo sviluppo di terapie più efficaci e mirate, capaci di anticipare e contrastare le strategie di resistenza adottate dalle cellule neoplastiche.

Verso combinazioni farmacologiche razionali per ostacolare la resistenza

L’identificazione di meccanismi di resistenza che non sono specifici per un singolo farmaco, ma che agiscono potenziando vie cellulari centrali, apre prospettive concrete per lo sviluppo di strategie terapeutiche combinate più efficaci. L’associazione della chemioterapia standard con agenti farmacologici in grado di inibire la segnalazione di proteine come PIK3CA o STK11, ad esempio, potrebbe rappresentare un approccio razionale per ritardare significativamente o addirittura prevenire l’insorgenza di recidive tumorali, contrastando le “vie di fuga” evolutive preferite dalle cellule neoplastiche.

Come i tumori riprogrammano i geni driver per sconfiggere la chemioterapia

La consapevolezza che alcune mutazioni genetiche apparentemente causative del cancro, come quelle a carico di ARID1A, possono in realtà essere preesistenti allo sviluppo della malattia, accumulate durante il normale processo di invecchiamento, potrebbe portare a un miglioramento significativo dei pannelli diagnostici per la rilevazione precoce del cancro. Una distinzione più precisa tra le mutazioni che effettivamente guidano la trasformazione neoplastica e quelle che rappresentano “reliquie evolutive” potrebbe contribuire a ridurre l’incertezza diagnostica e a evitare ai pazienti preoccupazioni non necessarie derivanti dalla rilevazione di alterazioni genetiche che non sono direttamente responsabili della patologia.

Il dottor Ahmed Khalil, primo autore dello studio e precedentemente ricercatore post-dottorato presso l’IRB di Barcellona, ora senior data scientist presso IMIDomics, una società di ricerca biotecnologica situata nel Parco scientifico di Barcellona, conclude con una visione prospettica sul potenziale clinico di DiffInvex.

Come i tumori riprogrammano i geni driver per sconfiggere la chemioterapia

“Districando in modo preciso gli effetti diretti del trattamento chemioterapico dal rumore di fondo delle mutazioni spontanee, DiffInvex potrebbe un giorno fornire ai medici uno strumento prezioso per prevedere con maggiore accuratezza le specifiche vie di resistenza che il tumore di un determinato paziente è più probabile che intraprenda nel tempo. Questa capacità predittiva potrebbe quindi consentire di intervenire proattivamente, bloccando tali percorsi evolutivi in anticipo attraverso strategie terapeutiche mirate e personalizzate, migliorando significativamente gli esiti clinici per i pazienti affetti da cancro“.

Lo studio è stato pubblicato su Nature Comunications.

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