Il tumore al pancreas si manifesta quando alcune cellule, nella maggior parte dei casi le cellule di tipo duttale, si moltiplicano senza più controllo. I soggetti più a rischio sono quelli che si trovano nella fascia d’età compresa tra i 50 e gli 80 anni: il tumore del pancreas è molto raro tra chi ha meno di 40 anni.
Un team di ricercatori guidati da Teresa Manzo e Luigi Nezi, del Dipartimento di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia, ha pubblicato uno studio sul Journal of Experimental Medicine, che interessa proprio questo tipo di tumore e un’eventuale approccio terapeutico con l’immunoterapia.
Tumore al pancreas: lo studio con l’immunoterapia
L’immunoterapia consiste nel modificare il metabolismo delle cellule immunitarie affinché possano combattere il tumore al pancreas. Riattivando le cellule di tipo “T” o linfociti T per stimolarli a combattere il cancro, si ottiene una buona risposta che interessa lo stop alla progressione della malttia, che avviene nel momento in cui le cellule T specifiche per un certo tumore riescono a infiltrarlo e ad attivarsi in modo persistente.
Per il cancro al pancreas, fino ad oggi, l’esito positivo dell’immunoterapia è stato esiguo, anche se il tasso di sopravvivenza sembra essere correlato con l’infiltrazione di cellule T CD8+ nel tumore. Grazie a questa informazione, gli scienziati hanno supposto che conoscere le dinamiche che regolano le funzioni e la persistenza di queste cellule, una volta infiltrate nel tumore, potesse essere la soluzione per rendere efficace l’immunoterapia.
“Sappiamo che le cellule CD8+T possono attivarsi contro il tumore, ma non sappiamo perché non lo facciano in modo efficace – spiega Manzo –. Ci mancano informazioni su come si comportano all’interno del microambiente tumorale e in particolare perché entrano in uno di stato di “esaurimento”, cioè diventano meno attive e più deboli e quindi falliscono nel fermare la crescita tumorale. Ciò che sappiano è che la disponibilità di nutrienti nel microambiente e lo stato metabolico cellulare determinano in gran parte il destino delle CD8+T”.
“Per questo abbiamo pensato di studiare, sia in modelli preclinici che nei tumori pancreatici dell’uomo, l’interazione fra microambiente e CD8+T. Abbiamo dimostrato che la progressione tumorale crea nel microambiente pancreatico scarsità di glucosio al quale si accompagna un progressivo arricchimento di lipidi, una combinazione che il metabolismo proprio di queste cellule non riesce a trasformare nell’ energia necessaria per funzionare e per vivere. Dunque, per ripristinare la loro capacità di risposta anticancro, le CD8+T devono sviluppare la flessibilità metabolica necessaria per adattarsi alla disponibilità di nutrienti del microambiente”, prosegue il ricercatore.
Interviene anche Luigi Nezi: “I nostri dati suggeriscono che la riprogrammazione metabolica delle CD8+T può essere la strategia giusta per aumentare la loro sopravvivenza, mantenere la loro funzione di cellule anticancro e di conseguenza rappresentare un possibile approccio per migliorare l’efficacia clinica dell’immunoterapia, in abbinamento con l’attivazione del sistema immunitario attraverso l’inibizione del check point immunitario, per esempio. In laboratorio siamo riusciti a migliorare la sopravvivenza delle CD8+T modificando geneticamente l’espressione di ACADVL, un enzima che agisce sugli acidi grassi a catena lunga. Al momento stiamo lavorando per dimostrare se questo intervento sul metabolismo sia in grado di impedire effettivamente la progressione del tumore quando viene combinato all’inibizione del check point immunitario”.
“Dobbiamo ancora capire perché queste cellule immunitarie, a differenza di altre presenti nel microambiente del tumore pancreatico, non hanno la flessibilità metabolica per sopravvivere in condizioni di aumentati lipidi. Tuttavia il nostro studio conferma che l’interazione con il microambiente e i suoi effetti sul metabolismo delle cellule immunitarie possono rappresentare nuovi target per lo sviluppo di strategie più efficaci contro tumori molto aggressivi, quali il tumore al pancreas”, conclude Manzo.