Fisici dell’Università di Columbia hanno realizzato per la prima volta trappole quantistiche 2D, strutture microscopiche capaci di imprigionare singole particelle di luce all’interno di materiali bidimensionali come il grafene.
Lo studio, pubblicato su Nature Physics, apre la strada a nuovi materiali “impossibili” e a tecnologie quantistiche miniaturizzate, dai sensori ultraveloci ai computer del futuro.
Secondo il team guidato da James McIver, questi materiali funzionano come “micro-cavità” naturali, in grado di trattenere i quanti di luce per tempi lunghi senza la necessità di specchi o strutture ottiche complesse. È un passo importante verso la realizzazione di dispositivi fotonici quantistici compatti e potenzialmente operativi a temperatura ambiente.
Il segreto è nella luce ai terahertz

Per studiare questi effetti, i ricercatori hanno sviluppato una tecnica di spettroscopia ai terahertz, cioè nell’intervallo di frequenze tra infrarosso e microonde (da 0,1 a 10 THz).
Questa tecnologia permette di osservare come la luce interagisce con le strutture nanometriche impilate in sequenza, mostrando per la prima volta come si comportano i fotoni all’interno delle cosiddette torri 2D.
Il risultato è sorprendente: le particelle di luce rimbalzano tra i bordi del materiale, come se fossero rinchiuse in una cavità quantistica perfetta. “Abbiamo scoperto che i bordi del materiale agiscono come specchi naturali”, spiega la fisica Gunda Kipp, prima autrice dello studio.
Quando il grafene diventa una trappola per la luce
Le trappole quantistiche 2D sono realizzate sovrapponendo pochi strati di grafene, disolfuro di molibdeno (MoS₂) e nitruro di boro esagonale (hBN).
Questi materiali sono così sottili da essere considerati bidimensionali: la loro struttura atomica consente di manipolare direttamente i fenomeni della meccanica quantistica.
Nel caso di queste nuove cavità, la sovrapposizione degli strati crea un ambiente di confinamento per i fotoni, che possono essere controllati con precisione per studiare fenomeni come superconduttività, coerenza quantistica e accoppiamento luce-materia.
Perché la scoperta è importante
Finora le cavità quantistiche venivano costruite in laboratori complessi, con specchi e laser ad altissima precisione. Ora lo stesso effetto può essere ottenuto all’interno di materiali di pochi nanometri di spessore, molto più facili da produrre e integrare nei circuiti elettronici.
Questo significa che, in futuro, sarà possibile costruire computer quantistici più piccoli e sensori capaci di rilevare variazioni infinitesimali di campo magnetico o temperatura, semplicemente incorporando queste trappole 2D nei chip.
Secondo McIver, “le cavità quantistiche 2D rappresentano una nuova piattaforma per studiare e controllare la luce a livello quantico. Potrebbero trasformare il modo in cui costruiamo e comprendiamo la materia”.

Verso materiali “impossibili” e dispositivi futuri
Oltre alle applicazioni tecnologiche, la ricerca apre la strada a nuove forme di materia quantistica, progettate con proprietà mai viste in natura.
I fisici chiamano questi sistemi quantum materials, e rappresentano il cuore di molte ricerche su superconduttori, spintronica e ottica quantistica.
La possibilità di costruire cavità direttamente nei materiali bidimensionali semplifica la creazione di reti di trappole collegate, un passo verso memorie quantiche distribuite e comunicazioni sicure basate su fotoni.
Una nuova era della fisica dei quanti
Nei prossimi anni, il team di Columbia punta a stabilizzare queste trappole a temperatura ambiente, condizione essenziale per portare la tecnologia fuori dai laboratori criogenici.
Se ci riusciranno, i dispositivi quantistici potranno diventare più efficienti, economici e scalabili, trasformando la fisica quantistica da campo di ricerca d’élite a strumento concreto per l’elettronica e l’informatica del futuro.
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