La genesi dei terremoti non è sempre chiarissima agli studiosi di geologia, ma questa volta c’è un grande “ma”, per la prima volta si sono scoperti terremoti “a catena” sulla costa Ovest degli Stati Uniti.

Quando la gigantesca zona di subduzione del Pacifico nord-occidentale decide di muoversi, lo fa con una violenza impressionante; un sisma di magnitudo 9 o superiore in quest’area provocherebbe scosse catastrofiche, seguite da tsunami e frane capaci di amplificare la distruzione.
Ma secondo una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Geosphere, il cosiddetto “Big One” potrebbe non fermarsi lì: potrebbe addirittura scatenare un secondo grande terremoto in California, lungo la celebre faglia di San Andreas.
“È difficile rendere l’idea di cosa significhi un terremoto di magnitudo 9 nel Pacifico nord-occidentale”, spiega Chris Goldfinger, paleosismologo della Oregon State University e autore principale dello studio. “E l’idea che possa seguirne uno lungo la San Andreas… è roba da film.”
Una scoperta nata da un errore
La connessione tra le due faglie è stata scoperta quasi per caso.
Nel 1999, durante una spedizione scientifica, un gruppo di ricercatori stava raccogliendo campioni di sedimenti dal fondale del Pacifico per studiare antichi terremoti di Cascadia.

Un dottorando, però, inserì una latitudine sbagliata: la nave finì 90 chilometri più a sud del punto previsto, sconfinando così nella zona influenzata dalla faglia di San Andreas.
“Quando mi sono accorto dell’errore ero furioso”, racconta Goldfinger. “Ma poi ho pensato: già che siamo qui, prendiamo un campione.”
Strati di sabbia che raccontano una storia
Dal canyon sottomarino di Noyo, vicino a Fort Bragg, i ricercatori estrassero una carota di sedimenti che rivelò qualcosa di sorprendente e negli ultimi 3.000 anni, i depositi mostravano coppie di strati sabbiosi: il primo fine, il secondo molto più grossolano.
Questo tipo di doppio strato, o “doublet”, non è comune e fece subito pensare che potesse esserci una correlazione tra due eventi sismici distinti.
Le analisi al radiocarbonio mostrarono che molti di questi doppi depositi, situati a nord e a sud di Cape Mendocino, si erano formati quasi nello stesso periodo.
Troppo spesso per essere una coincidenza.
“Abbiamo capito che i campioni di Noyo registravano i terremoti di Cascadia, e quelli di Cascadia registravano San Andreas,” spiega Goldfinger. “È come se i due sistemi si parlassero attraverso il fondale oceanico.”
Due terremoti a distanza di poche ore?
Rimane però un mistero: quanto tempo intercorreva tra i due eventi? In alcuni casi, i ricercatori stimano che il secondo strato sabbioso possa essersi formato nel giro di minuti o ore dal primo.
Se questa ipotesi è corretta, un megaterremoto di Cascadia potrebbe innescare rapidamente un sisma altrettanto devastante lungo la San Andreas, colpendo quasi tutta la costa pacifica in rapida successione.

Uno scenario del genere avrebbe conseguenze disastrose per infrastrutture, sistemi di emergenza e popolazione.
“Sono originario della Bay Area”, conclude Goldfinger. “Se fossi a Palo Alto e Cascadia si attivasse, credo che guiderei verso est. Mi sembra altamente probabile che la San Andreas sarebbe la prossima.”
Il “Big One” potrebbe non essere solo uno
In sintesi, la nuova ricerca apre a un’ipotesi inquietante: il “Big One” tanto temuto dagli americani potrebbe non essere un evento singolo, ma una sequenza di terremoti collegati.
Un domino geologico capace di scuotere l’intera costa occidentale e di riscrivere le mappe del rischio sismico per milioni di persone.