Immagina un futuro senza nuove missioni su Marte, senza telescopi spaziali, senza sonde interplanetarie. Ora smetti di immaginare: è quello che rischia di diventare realtà.
La proposta di bilancio 2026 dell’amministrazione Trump, presentata a fine febbraio, contiene tagli devastanti per la NASA e la National Science Foundation (NSF). E la comunità scientifica americana è già sul piede di guerra.
Un colpo basso alla scienza americana
Il documento, ancora in fase di approvazione da parte del Congresso, è stato definito da molti ricercatori come “una bomba a orologeria” per la ricerca pubblica.
E non è solo una questione di soldi: è un attacco strutturale al sistema scientifico che gli Stati Uniti hanno costruito in oltre mezzo secolo.
Parliamo di:
- NASA, l’agenzia che non solo porta rover su Marte ma monitora anche la Terra, il Sole, gli asteroidi, le lune di Giove e molto altro.
- NSF, il cuore della ricerca accademica, che finanzia università, giovani scienziati, progetti di base e grandi collaborazioni internazionali.
Tagliare questi due enti significa soffocare l’intera filiera della scienza spaziale statunitense.
Una minaccia generazionale

“La proposta è una minaccia profonda e generazionale alla leadership scientifica degli USA,” ha dichiarato Casey Dreier, capo della politica spaziale della Planetary Society.
E non serve leggere tra le righe: meno fondi oggi vuol dire meno missioni domani, meno innovazione, meno scoperte. E una perdita secca di competitività globale.
Perché mentre Cina, India ed Europa spingono sull’acceleratore, gli USA rischiano di perdere il treno dell’esplorazione spaziale. E qui non si parla solo di bandierine su pianeti lontani, ma di ricerca climatica, dati satellitari, tecnologia avanzata e diplomazia scientifica.
Cosa c’è davvero in gioco
Se questi tagli passano così come sono, l’effetto domino potrebbe essere brutale:
- Missioni cancellate o rimandate (telescopi, orbiter, lander, programmi lunari)
- Centri di ricerca in difficoltà, con riduzione di personale e chiusure
- Meno fondi alle università, e quindi meno spazio per giovani ricercatori
- Collaborazioni internazionali interrotte per mancanza di fondi
E a pagare il prezzo non sarebbero solo i nerd dello spazio, ma tutti noi: ogni volta che usi il GPS, che controlli il meteo o che parli di energia solare, stai beneficiando di tecnologie nate grazie a questi programmi.
La scienza spaziale è (era?) una questione bipartisan
La cosa assurda? Storicamente, la ricerca spaziale ha sempre unito destra e sinistra.
Dai programmi Apollo alla ISS, passando per il James Webb Telescope e le future missioni Artemis, la scienza dello spazio è stata una delle poche aree a ricevere supporto bipartisan negli Stati Uniti.
Tagliarla ora, proprio nel momento in cui lo spazio torna centrale – tra turismo orbitale, nuove economie lunari e sfide tecnologiche – è una mossa miope e controproducente. Politicamente e strategicamente.
C’è ancora tempo per reagire
La buona notizia è che nulla è ancora definitivo. La proposta deve passare al vaglio del Congresso, e le proteste stanno già salendo di tono.
Associazioni scientifiche, università, policy maker e senatori di entrambi gli schieramenti stanno preparando emendamenti e controproposte.
Ma servirà anche la voce dell’opinione pubblica. Perché senza pressione, il rischio è che la scienza venga sacrificata in nome di tagli di facciata.
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