Una ricerca innovativa condotta dalla Fondazione Santa Lucia IRCCS ha recentemente portato alla luce risultati di notevole importanza nel campo della malattia di Alzheimer. Lo studio ha investigato l’efficacia della stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) mirata specificamente alla regione cerebrale del precuneo nel modulare la progressione di questa neurodegenerativa patologia.

La stimolazione magnetica transcranica ripetitiva mirata al precuneo: una promettente strategia per mitigare la progressione della malattia di Alzheimer
I dati emergenti rivelano che l’applicazione prolungata di stimolazione magnetica transcranica ripetitiva , protrattasi per un periodo di 52 settimane, è associata a un rallentamento significativo del declino cognitivo, della compromissione delle funzionalità quotidiane e della manifestazione di sintomi comportamentali nei pazienti affetti da malattia di Alzheimer, rispetto a un gruppo di controllo sottoposto a una stimolazione simulata (placebo).
La stimolazione magnetica transcranica ripetitiva rappresenta una tecnica di neuromodulazione non invasiva che agisce attraverso l’applicazione di impulsi magnetici focalizzati su specifiche aree cerebrali. Questi impulsi inducono deboli correnti elettriche all’interno delle cellule nervose, con la capacità di modulare l’attività neurale sottostante. La stimolazione magnetica transcranica ripetitiva è già impiegata con successo nel trattamento di diverse condizioni neuropsichiatriche, tra cui la depressione maggiore e il disturbo ossessivo-compulsivo, dove la sua azione contribuisce alla riduzione della sintomatologia attraverso la modulazione dell’eccitabilità corticale e della connettività cerebrale.
La regione cerebrale del precuneo ha emergente come un target di particolare interesse per l’intervento terapeutico nella malattia di Alzheimer. Numerose evidenze scientifiche indicano un coinvolgimento precoce di questa area nella patogenesi della malattia, caratterizzato dalla deposizione di placche di beta-amiloide, dalla progressiva perdita di volume di materia grigia e dall’alterazione della connettività funzionale all’interno delle reti neurali cruciali per le funzioni cognitive. Questa vulnerabilità precoce rende il precuneo un sito potenzialmente sensibile alla modulazione attraverso tecniche come la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva, con l’obiettivo di contrastare o rallentare la progressione della neurodegenerazione.

Studi condotti su modelli animali della malattia di Alzheimer hanno fornito un razionale biologico per l’efficacia potenziale della rTMS. Tali ricerche hanno dimostrato che la stimolazione magnetica ripetitiva è in grado di indurre una riduzione dei livelli di beta-amiloide e di tau fosforilata, due proteine chiave coinvolte nella patologia dell’Alzheimer.
Inoltre, la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva ha mostrato la capacità di promuovere la produzione di proteine neurotrofiche, come il fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF), essenziali per la sopravvivenza e la plasticità neuronale, e di modulare la risposta infiammatoria cerebrale attraverso la diminuzione di citochine pro-infiammatorie come l’interleuchina-6 (IL-6) e il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α). Un precedente studio clinico di Fase II, della durata di 24 settimane, aveva già suggerito che la rTMS mirata al precuneo potesse rallentare il declino cognitivo e la perdita di autonomia nelle attività quotidiane in pazienti con malattia di Alzheimer da lieve a moderata, fornendo la base per l’indagine sull’efficacia a lungo termine del trattamento.
Sulla scorta dei promettenti risultati preliminari, i ricercatori hanno intrapreso uno studio pilota rigoroso, caratterizzato da un disegno randomizzato, in doppio cieco e con un gruppo di controllo sottoposto a stimolazione fittizia. Questo approccio metodologico robusto è fondamentale per minimizzare i bias e valutare in modo affidabile l’effettivo impatto della stimolazione magnetica transcranica ripetitiva nel preservare le capacità cognitive e funzionali dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer nel lungo periodo, estendendo la finestra temporale di osservazione a 52 settimane.
Dettagli demografici e clinici della popolazione in studio
La coorte investigativa comprendeva un totale di 48 pazienti ai quali era stata precedentemente diagnosticata una malattia di Alzheimer di grado lieve o moderato, in conformità con i criteri diagnostici standardizzati. Al fine di valutare l’efficacia della stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS), i partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a due gruppi distinti.

Nello specifico, 27 pazienti sono stati allocati al gruppo di intervento attivo, destinato a ricevere il trattamento con stimolazione magnetica transcranica ripetitiva, mentre i restanti 21 pazienti sono stati inclusi nel gruppo di controllo, sottoposto a una procedura di stimolazione simulata o placebo. È importante sottolineare che la composizione della coorte includeva sia pazienti che avevano precedentemente partecipato a uno studio di 24 settimane con un disegno sperimentale analogo (31 individui), sia nuovi partecipanti reclutati specificamente per questa fase estesa della ricerca (17 individui), garantendo una valutazione longitudinale e una robustezza dei dati raccolti.
I partecipanti che avevano completato la precedente fase di studio di 24 settimane hanno mantenuto la loro assegnazione al gruppo di trattamento originale, prolungando la loro partecipazione per ulteriori 28 settimane. Questa estensione ha portato la durata complessiva dell’esposizione alla stimolazione magnetica transcranica ripetitiva attiva o al placebo a un periodo di 52 settimane, consentendo di valutare gli effetti del trattamento a lungo termine.
I nuovi partecipanti, invece, hanno iniziato il protocollo di trattamento all’inizio di questo studio e hanno completato un ciclo completo di 52 settimane. Questo ciclo comprendeva una fase iniziale intensiva della durata di due settimane, caratterizzata da sedute di stimolazione più frequenti, seguita da una fase di mantenimento con sedute settimanali, modulando l’intensità del trattamento nel tempo.

La somministrazione della stimolazione magnetica transcranica è stata realizzata impiegando un sistema avanzato di TMS-EEG neuronavigata. Questa tecnologia sofisticata integra la stimolazione magnetica transcranica con la guida spaziale fornita dalla neuronavigazione e il monitoraggio dell’attività cerebrale tramite elettroencefalografia (EEG).
L’utilizzo della TMS-EEG ha permesso di personalizzare in modo preciso la localizzazione dell’area cerebrale target (il precuneo) e l’intensità della stimolazione per ciascun partecipante, tenendo conto della variabilità individuale nell’anatomia cerebrale e nella risposta elettrofisiologica. Ogni sessione di stimolazione prevedeva l’erogazione di 40 treni di impulsi della durata di due secondi ciascuno, con una frequenza di 20 Hertz (Hz), intervallati da periodi di riposo di 20 minuti. Complessivamente, ciascun paziente ha ricevuto un totale di 96.000 impulsi magnetici nel corso dell’intera durata dello studio.
L’analisi dei dati clinici ha rivelato che i pazienti sottoposti al trattamento attivo con stimolazione magnetica transcranica ripetitiva hanno manifestato una progressione significativamente più lenta del declino cognitivo e funzionale rispetto al gruppo che ha ricevuto la stimolazione placebo. L’esito primario dello studio, quantificato attraverso la variazione del punteggio alla Clinical Dementia Rating Scale – Somma delle Caselle (CDR-SB), ha evidenziato una variazione media stimata di 1,36 punti nel gruppo rTMS al termine delle 52 settimane, in contrasto con un deterioramento medio di 2,45 punti osservato nel gruppo placebo.

La valutazione della capacità funzionale, misurata mediante la scala dell’Alzheimer’s Disease Cooperative Study per le attività della vita quotidiana (ADCS-ADL), ha mostrato una diminuzione di circa 1,5 punti nel gruppo trattato con stimolazione magnetica transcranica ripetitiva, mentre nel gruppo placebo si è registrato un calo significativamente maggiore, pari a 11,6 punti.
Per quanto concerne le prestazioni cognitive, valutate attraverso la sottoscala cognitiva dell’Alzheimer’s Disease Assessment Scale (ADAS-Cog), si è osservato un aumento medio del punteggio di 5,9 punti nel gruppo rTMS, rispetto a un incremento di 10,4 punti nel gruppo placebo. È fondamentale interpretare questi dati tenendo presente che, in questo specifico contesto di valutazione cognitiva, punteggi più elevati indicano un maggiore deterioramento delle funzioni cognitive. Nel complesso, i risultati dello studio suggeriscono un effetto neuroprotettivo della rTMS mirata al precuneo nel rallentare la progressione della malattia di Alzheimer.
Impatto della rTMS sulle funzioni cognitive globali e sui sintomi comportamentali
L’analisi degli esiti secondari dello studio ha corroborato ulteriormente i benefici osservati nel gruppo trattato con stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS). I punteggi ottenuti al Mini Mental State Examination (MMSE), uno strumento di screening globale delle funzioni cognitive, hanno mostrato una diminuzione significativamente inferiore nel gruppo rTMS (un calo medio di 1,1 punti) rispetto al gruppo sottoposto a stimolazione simulata (un calo medio di 3,9 punti). Questo dato suggerisce un effetto protettivo della rTMS sul deterioramento cognitivo complessivo.

Analogamente, la valutazione dei sintomi comportamentali, effettuata mediante il Neuropsychiatric Inventory (NPI), ha evidenziato un miglioramento più marcato nel gruppo rTMS, con una variazione media stimata di 3,28 punti, contro i 6,91 punti osservati nel gruppo placebo. Un’analisi più approfondita delle sottoscale del NPI ha rivelato miglioramenti misurabili in specifici domini comportamentali, tra cui una riduzione dell’apatia, dell’euforia inappropriata e dei disturbi dell’appetito nei pazienti trattati con stimolazione magnetica transcranica ripetitiva.
La tollerabilità del trattamento con rTMS si è dimostrata buona, con un tasso di completamento dello studio pari al 68% in entrambi i gruppi di trattamento (rTMS attivo e placebo). La principale causa di interruzione della partecipazione è stata correlata alle perturbazioni logistiche e sanitarie causate dalla pandemia di COVID-19, un fattore esterno che ha influenzato entrambi i bracci dello studio in modo simile.
Gli effetti avversi riportati sono stati prevalentemente lievi e transitori, includendo principalmente cefalea o un modesto fastidio a livello del cuoio capelluto nella sede di stimolazione. Tali sintomi si sono risolti spontaneamente senza la necessità di alcun intervento medico specifico, sottolineando il profilo di sicurezza accettabile della stimolazione magnetica transcranica ripetitiva in questa popolazione di pazienti.

Un aspetto innovativo e potenzialmente predittivo emerso dall’analisi dei dati è la correlazione tra la connettività cerebrale basale e la risposta clinica al trattamento con rTMS. In particolare, è stato osservato che una connettività più robusta all’interno della default mode network (DMN) – una rete cerebrale coinvolta nei processi di pensiero auto-referenziale e a riposo – era associata a una risposta clinica più favorevole nel gruppo trattato con rTMS.
Questa scoperta suggerisce che la caratterizzazione dell’attività cerebrale basale attraverso tecniche di neuroimaging potrebbe rappresentare uno strumento utile per identificare i pazienti con maggiori probabilità di beneficiare del trattamento con stimolazione magnetica transcranica ripetitiva mirata al precuneo, aprendo la strada a un approccio terapeutico più personalizzato e mirato.
Le conclusioni dei ricercatori sottolineano il potenziale della rTMS mirata al precuneo come strategia per rallentare la progressione del declino cognitivo nei pazienti affetti da malattia di Alzheimer di grado lieve o moderato. Il trattamento sembra inoltre in grado di ritardare il deterioramento delle funzionalità quotidiane e di attenuare i disturbi comportamentali, migliorando la qualità di vita dei pazienti e riducendo potenzialmente il carico assistenziale sui caregiver.

Il dato che i pazienti sottoposti a stimolazione magnetica transcranica ripetitiva non abbiano mostrato una perdita significativa di autonomia nel periodo di un anno, come evidenziato dalle valutazioni standardizzate, è particolarmente incoraggiante. Il miglioramento osservato in alcuni sintomi comportamentali specifici, come l’apatia, l’euforia e le alterazioni dell’appetito, aggiunge un ulteriore livello di beneficio clinico.
I ricercatori tuttavia riconoscono la necessità di studi più ampi e multicentrici per confermare questi risultati promettenti e per valutare in modo ottimale come la rTMS possa essere integrata in strategie terapeutiche combinate, in sinergia con farmaci attualmente in fase di sviluppo o approvati che mirano ai meccanismi patogenetici fondamentali della malattia di Alzheimer, come l’accumulo di amiloide e tau o la neuroinfiammazione.
Lo studio è stato pubblicato su Alzheimer’s Research & Therapy.
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