Le spore di muschio hanno resistito per 9 mesi nello spazio aperto. Non protette. Non schermate. Appese all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale. Esposizione completa a radiazioni cosmiche, vuoto, microgravità e sbalzi termici estremi.
Eppure, al ritorno sulla Terra, erano ancora vive. Non solo: erano perfettamente capaci di germinare e continuare il proprio ciclo vitale.
Lo studio arriva dai ricercatori dell’Università di Hokkaido, ed è stato pubblicato sulla rivista iScience. I risultati aprono uno scenario radicalmente nuovo: la possibilità che alcune forme di vita terrestre siano in grado di colonizzare ambienti extraterrestri come Luna o Marte.
Perché il muschio è stato scelto come test per lo spazio
Il muschio è molto più resistente di quanto immagini. Sulla Terra prospera in ambienti che mettono in difficoltà quasi ogni altra pianta:
• vette himalayane
• deserto della Death Valley
• tundra antartica
• campi di lava attorno ai vulcani attivi
La specie scelta, Physcomitrium patens, è un modello molto usato in botanica per studiare la resilienza delle cellule vegetali. Le sue spore sono minuscole, leggere e capaci di andare in una sorta di sospensione metabolica quando l’ambiente diventa troppo ostile.
Gli scienziati hanno pensato: “Se qualcosa può sopravvivere fuori dalla Terra, questo muschio è un buon candidato”.
Avevano ragione.
Come si è svolto l’esperimento sulla ISS
Nel 2022 il team guidato da Tomomichi Fujita ha preparato campioni di spore e li ha consegnati agli astronauti della ISS.
Le spore sono state fissate sulla parte esterna della Stazione, senza alcuna protezione. Questo significa:
• radiazioni cosmiche dirette
• vuoto totale
• temperature che oscillano da +120 a -150 gradi
• nessuna acqua
• nessuna atmosfera
Dopo 283 giorni, quasi 9 mesi, i campioni sono stati raccolti e riportati sulla Terra nel gennaio 2023.
Gli scienziati si aspettavano morte cellulare totale. Non è andata così.
Che cosa è accaduto alle spore durante il viaggio
Il dato più sorprendente è la percentuale di sopravvivenza:
• oltre l’80% delle spore è sopravvissuto
E non si è trattato di sopravvivenza “di base”. Le spore tornate a terra:
• hanno germinato normalmente
• hanno sviluppato strutture regolari
• hanno mantenuto livelli quasi normali di clorofilla
Anche la fotosintesi è tornata attiva senza problemi.
Fujita ha spiegato che il risultato ha superato ogni immaginazione. Gli stessi ricercatori credevano che la sopravvivenza sarebbe stata prossima allo zero.
Cosa significa per l’origine e la diffusione della vita
Il risultato tocca due punti fondamentali:
1. La vita terrestre è molto più resistente del previsto
Le cellule vegetali hanno meccanismi intrinseci che le proteggono da radiazioni e condizioni limite.
2. La teoria della panspermia acquista un nuovo peso
Se le spore vegetali possono sopravvivere mesi nello spazio, è plausibile che materiale biologico possa:
• viaggiare su frammenti di rocce
• sopravvivere a impatti
• attraversare distanze interplanetarie
Questo non prova che la vita si sia diffusa così, ma dimostra che il processo è fisicamente possibile.
Perché il muschio può diventare protagonista dell’esplorazione spaziale

Gli ambienti come Marte o la Luna richiedono organismi in grado di:
• sopportare radiazioni
• resistere a temperature estreme
• vivere con poca acqua
• crescere su suoli poveri
Il muschio risponde a tutte queste condizioni.
Per questo lo studio apre la porta a possibili:
• micro ecosistemi artificiali extraterrestri
• bioreattori vegetali in orbita
• sistemi di produzione di ossigeno su pianeti ostili
• coperture vegetali sperimentali su regolite marziana
Se organismi così resilienti possono crescere in habitat controllati oltre la Terra, potresti un giorno vedere serre biologiche in luoghi che oggi consideriamo sterili.
Che cosa succede nelle spore durante l’esposizione al vuoto
Il segreto della resistenza delle spore sta nella loro capacità di:
• disidratarsi completamente
• sospendere il metabolismo
• riparare il DNA danneggiato una volta tornate in condizioni favorevoli
Questi processi permettono alle spore di:
• evitare cristallizzazione interna
• ridurre il danno cellulare
• ripristinare le funzioni vitali dopo mesi di stress
Il fatto che la clorofilla sia rimasta quasi intatta significa che le cellule non hanno subito una degradazione irreversibile.
Perché la sopravvivenza all’esterno della ISS è così impressionante

Gli esperimenti biologici nello spazio esistono da anni, ma la maggior parte riguarda materiali all’interno della Stazione, dove:
• c’è microgravità
• ci sono radiazioni ridotte
• c’è temperatura controllata
• c’è aria filtrata
Essere all’esterno significa trovarsi nel vuoto spaziale reale, senza alcuna protezione.
Sopravvivere qui è molto più difficile. È l’ambiente più estremo a cui si possa esporre una cellula terrestre.
Cosa significa questo per il futuro dell’esplorazione
Gli scienziati ora stanno pianificando nuove missioni che includono:
• esposizione di altri muschi
• test con cianobatteri
• esperimenti di crescita in habitat lunari simulati
• colture vegetali esposte a radiazioni marziane simulate
L’obiettivo è capire quali specie potranno essere candidate per i primi ecosistemi controllati su Marte o sulla Luna.
Può davvero nascere un ecosistema extraterrestre?
Un ecosistema completo richiede:
• produttori (piante o muschi)
• decompositori
• acqua
• fonti di energia
Le spore di muschio che sopravvivono allo spazio rappresentano il primo passo per immaginare organismi che partecipano a cicli biologici in ambienti non terrestri.
Non è fantascienza. È un percorso scientifico che da oggi diventa più concreto.
Una nuova fase della biologia spaziale
Questo esperimento dimostra che la vita terrestre contiene strutture e meccanismi adatti a sopravvivere in condizioni estreme. Non sappiamo ancora se può crescere stabilmente su altri pianeti, ma ora è chiaro che può sopravvivere molto più a lungo di quanto previsto.
Gli scienziati continueranno a spingere i limiti della biologia spaziale per capire se organismi semplici possono diventare la base dei primi ecosistemi extraterrestri.
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