Mentre il suo chatbot Grok lo paragona a Leonardo da Vinci e lo descrive più atletico di LeBron James, Elon Musk deve fare i conti con la realtà: uno dei prototipi del nuovo razzo Starship è esploso durante un test di pressione in Texas. Nessuna vittima, ma l’incidente rappresenta un altro stop pesante per la corsa spaziale di SpaceX.
L’esplosione di Booster 18
Secondo quanto riportato da Ars Technica, l’incidente è avvenuto all’alba di venerdì 21 novembre nel sito di test di Massey, a pochi chilometri dal principale complesso di Starbase, nel sud del Texas.
Un video in diretta mostra l’enorme booster esplodere intorno alle 4:04 del mattino, generando una palla di fuoco che ha illuminato la zona per diversi secondi.
SpaceX ha poi confermato l’accaduto su X (Twitter):
“Booster 18 ha subito un’anomalia durante un test di pressione del sistema a gas, condotto in preparazione al test strutturale,” si legge nella nota. “Non c’era propellente a bordo e i motori non erano ancora installati.”
Il danno è stato definito “significativo”, soprattutto nei serbatoi dell’ossigeno liquido, e le indagini interne sono già in corso per determinare la causa dell’esplosione.
Un duro colpo per il programma Starship

L’incidente è solo l’ultimo di una lunga serie di esplosioni che hanno caratterizzato lo sviluppo del programma Starship, la navicella super-pesante con cui SpaceX punta a raggiungere la Luna e, in futuro, Marte.
Il booster esploso, chiamato Booster 18, era il primo modello della versione 3, progettato per testare una serie di aggiornamenti strutturali rispetto alle versioni precedenti.
La Versione 2, introdotta nel 2024, aveva volato per la prima volta a gennaio e completato 11 test prima di essere ritirata.
Ma la nuova generazione doveva rappresentare un passo avanti cruciale nel programma, in vista del prossimo obiettivo: dimostrare la capacità di rifornimento in orbita, un requisito fondamentale per la missione Artemis 3 della NASA, prevista nel 2027.
SpaceX è in ritardo sulla tabella di marcia
L’esplosione di Booster 18 arriva in un momento critico.
La NASA ha già espresso preoccupazione per i ritardi accumulati.
Il nuovo amministratore ad interim dell’agenzia, Sean Duffy, ha dichiarato lo scorso mese a Fox News che SpaceX è “in ritardo sui tempi previsti”, parole che avrebbero irritato Musk.
E in effetti, il programma Starship è ancora lontano dagli obiettivi fissati.
Prima di poter portare astronauti sulla Luna, SpaceX dovrà completare con successo più voli orbitali, testare l’attracco e il rifornimento in microgravità e garantire atterraggi controllati del booster.
Ad oggi, molte di queste prove sono ancora in fase di sviluppo.
L’incidente di Massey, anche se non ha coinvolto carburante o motori, rallenterà ulteriormente i test previsti per il 2026.
“Fail fast, learn faster”: la filosofia (rischiosa) di SpaceX

SpaceX adotta da sempre una strategia definita “iterativa”, basata su test continui e fallimenti controllati.
Musk la chiama “fail fast, learn faster”: fallire velocemente per imparare ancora più in fretta.
Questa mentalità ha permesso all’azienda di ridurre i costi di sviluppo e innovare a un ritmo impensabile per le agenzie spaziali tradizionali.
Ma negli ultimi mesi, la frequenza degli incidenti ha alimentato dubbi nella comunità scientifica e tra i partner istituzionali.
Starship ha già vissuto più di una dozzina di esplosioni, sia durante i test statici che dopo il decollo, e ogni incidente comporta ritardi e costi sempre più alti.
Gli osservatori si chiedono se SpaceX non stia spingendo troppo sul ritmo di sviluppo, sacrificando l’affidabilità a favore della velocità.
La concorrenza si avvicina
Mentre SpaceX deve affrontare un nuovo stop, la concorrenza si muove con successo.
La Blue Origin di Jeff Bezos ha completato con successo il secondo volo del suo razzo New Glenn, portando in orbita due satelliti scientifici della NASA e facendo atterrare il primo stadio su una piattaforma oceanica.
Un risultato che dimostra come anche altri attori siano ormai in grado di replicare il modello SpaceX, un tempo considerato irraggiungibile.
Peggio ancora per Musk, l’amministrazione Trump ha lasciato intendere che Blue Origin potrebbe essere reinserita nella gara per il contratto Artemis 3, quello che prevede il primo allunaggio con equipaggio gestito da un’azienda privata.
Un colpo diretto alla leadership di SpaceX nel programma lunare americano.
Una realtà diversa dalle promesse di Grok

Ironia della sorte, l’incidente è avvenuto a pochi giorni dal clamore mediatico per Grok, l’intelligenza artificiale sviluppata da Musk e integrata nella piattaforma X.
Il chatbot ha definito Musk “più intelligente di Leonardo da Vinci” e “più atletico di LeBron James”, guadagnandosi il sarcasmo di tutta la rete.
La realtà però racconta un’altra storia: mentre l’AI lo celebra come un genio infallibile, i suoi razzi continuano a esplodere anche da fermi.
Starship rimane il sogno più ambizioso
Nonostante tutto, Starship resta il progetto più importante della storia di SpaceX.
Con i suoi 120 metri di altezza e la capacità di trasportare oltre 100 tonnellate di carico, è la chiave per le missioni interplanetarie e per costruire basi lunari e marziane permanenti.
L’obiettivo finale di Musk non cambia: rendere l’umanità una specie multiplanetaria.
Ma per arrivarci, servirà un ritmo meno impulsivo e una gestione più cauta dei test.
Come ha scritto Ars Technica, “già prima di questo ultimo fallimento, la tabella di marcia appariva ottimistica. Ora rischia di diventare irrealistica.”
Anche i geni, a volte, devono tornare con i piedi per terra.
E per Elon Musk, il cammino verso le stelle sembra ancora pieno di fuoco e detriti.
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