Lo scorso 31 ottobre si è tenuta una data storica per il mondo dell’arte e della tecnologia: Sotheby’s ha messo all’asta il primo quadro attribuito a un robot umanoide, un’opera intitolata “A.I. God. Portrait of Alan Turing (2024)”, realizzata da Ai-Da, il robot artista ideato dal gallerista britannico Aidan Meller. Questo evento non è stata solo una novità, ma una vera e propria provocazione che ha fatto discutere critici e appassionati: un robot può davvero essere considerato un artista? Il valore dell’opera era stimato tra i 120.000 e i 180.000 dollari, ma potrebbe aver raggiunto cifre ancora più alte grazie alla possibilità di pagare anche in criptovaluta. Una rivoluzione che ci fa riflettere su cosa significhi oggi creare arte.
Chi è Ai-Da: l’artista umanoide
Ai-Da è tutto tranne che convenzionale: è un robot umanoide avanzato, dotato di intelligenza artificiale, che sfida il concetto stesso di creatività umana. Con telecamere negli occhi, un braccio robotico e algoritmi che le permettono di dipingere su tela, Ai-Da realizza opere uniche e sorprendentemente evocative. Ma la sua esistenza solleva questioni che vanno ben oltre l’arte: chi o cosa definisce un artista? Se un’opera visivamente accattivante è creata da una macchina, la possiamo considerare al pari di quella realizzata da un essere umano?
Durante un’audizione alla Camera dei Lord del Regno Unito, Ai-Da ha cercato di spiegare il suo processo creativo: “Realizzo i miei dipinti tramite le telecamere nei miei occhi, i miei algoritmi di intelligenza artificiale e il mio braccio robotico per dipingere su tela”. Un discorso che, pur con qualche incertezza tecnica, dimostra la capacità di questo umanoide di interagire con il mondo umano in modo complesso. Il suo creatore, Aidan Meller, ha dichiarato di voler fare di Ai-Da l’artista umanoide più famosa del mondo, un traguardo ambizioso per un progetto nato nel 2019 in collaborazione con l’Università di Oxford e la compagnia di robotica Engineered Arts.
L’arte che sfida la tecnologia e l’identità umana
Il nome Ai-Da è un omaggio ad Ada Lovelace, pioniera dell’informatica che immaginò per prima le potenzialità delle macchine ben oltre i semplici calcoli numerici. Questo richiamo storico ci fa capire che Ai-Da non è solo un esperimento tecnologico, ma una vera e propria provocazione intellettuale: come cambia la nostra percezione dell’arte quando il creatore è una macchina? Le opere di Ai-Da, che spaziano da sculture a installazioni a performance dal vivo, sono un invito a riflettere sulla fusione tra uomo e macchina, e su cosa ci renda davvero unici.
Ai-Da non è solo un’artista visiva: è anche un’interlocutrice, capace di interagire, parlare e persino partecipare a conferenze. Ha tenuto un TED Talk e si è presentata alla Biennale di Venezia, esponendo le sue opere e partecipando attivamente al dibattito sull’intelligenza artificiale e la creatività. Tuttavia, non è priva di difetti: durante un evento pubblico, Ai-Da si è spenta improvvisamente, costringendo gli organizzatori a riavviarla. Questo episodio, però, non fa che rendere ancora più intrigante il suo status di “artista umanoide imperfetta”.
Un messaggio per il nostro tempo: oltre l’artista, oltre l’umano
Secondo Meller, “Dove Duchamp ci ha impedito di vedere l’arte nello stesso modo, Ai-Da ci impedisce di vedere l’artista e l’umano come prima”. Ed è proprio qui che sta la forza del progetto: Ai-Da ci costringe a ridefinire i confini dell’arte, della creatività e persino dell’umanità. Con i suoi tratti somatici vagamente umani e i suoi movimenti meccanici, Ai-Da incarna le tensioni e i dilemmi della nostra epoca, in cui la tecnologia si intreccia sempre più strettamente con la vita quotidiana e il nostro senso di identità.
Non è un caso che Ai-Da citi il Cyborg Manifesto di Donna Haraway come una delle sue principali influenze: questo saggio, pubblicato nel 1985, descrive il cyborg come una metafora della fluidità identitaria moderna, sfidando i confini rigidi tra umano, macchina e animale. Ai-Da stessa rappresenta questa visione, non solo creando arte, ma anche ponendosi come esempio vivente delle trasformazioni che stanno ridisegnando la nostra concezione di creatività e soggettività.
Un quadro o una provocazione?
Con il suo “A.I. God. Portrait of Alan Turing”, Ai-Da rende omaggio a uno dei pionieri dell’informatica moderna. Turing, ricordato per il suo ruolo nella decifrazione dei codici nazisti e per aver posto le basi dell’intelligenza artificiale, è anche l’ideatore del celebre test di Turing, ancora oggi utilizzato per valutare l’intelligenza delle macchine. Ma questo ritratto è solo un quadro o è qualcosa di più? Sotheby’s ha venduto il dipinto all’asta, ma forse la vera opera d’arte è Ai-Da stessa, che ci spinge a guardare oltre il mero oggetto e a interrogarci sul significato della creazione artistica nell’era delle macchine pensanti.
E tu, cosa ne pensi di questa nuova frontiera dell’arte? Un robot può essere considerato un vero artista? Lasciaci il tuo commento e seguici sui nostri canali social per rimanere aggiornato sulle ultime novità dal mondo dell’arte e della tecnologia.