Questo 2020 sta arrivando (finalmente?) alla fine ma ancora ci regala grandi sorprese: è di pochi giorni fa infatti la notizia che la sonda giapponese Hayabusa 2 ha spedito sulla Terra molti campioni di materiale, prelevati dall’asteroide Ryugu.
Hayabusa, che tradotto letteralmente dal giapponese significa “Falco Pellegrino“, è una sonda automatica sviluppata dall’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA) lo scopo era quello di raggiungere l’asteroide Ryugu e prelevare dei campioni di suolo da riportare sulla Terra. Dopo circa un anno e mezzo di misure e rilevamenti, la sonda ha poi azionato le manovre di riavvicinamento verso la Terra e all’interno di una capsula ha conservato i campioni raccolti sulla superficie dell’asteroide. A dicembre la capsula è rientrata nell’atmosfera terrestre atterrando nel deserto australiano.
Il bottino raccolto sull’asteroide dovrà affrontare una prima analisi in Australia, per rilevare eventuali emissioni di gas, prima di essere rispedito in Giappone. Molto probabilmente metà del materiale sarà condiviso dalla JAXA con la NASA e altre organizzazioni di ricerca internazionali, mentre una parte sarà conservata per studi futuri.
Cosa ci ha inviato la sonda giapponese Hayabusa 2?
Sebbene gli esperti stiano ancora analizzando tutto il materiale arrivato, iniziano a trapelare le prime impressioni provenienti dai laboratori dell’agenzia spaziale giapponese che hanno ideato la missione. Una volta raggiunta la superficie dell’asteroide, la sonda ha provocato una piccola esplosione con un proiettile di tantalio della massa di 5 grammi ad una velocità di circa 300 m/s. La nube di detriti così generata ha investito un tubo di raccolta che ha così potuto convogliare il “raccolto” in un apposito contenitore stagno.
I campioni sono di varie dimensioni e consistenza: polveri, granelli, ma anche piccoli ciottoli; alla vista si sono presentati di colori diversi, in sfumature dal marrone al nero, rispettando un po’ anche gli stereotipi dell’immaginario collettivo. Ma il fatto che la colorazione sia così scura fa pensare al contenuto di sostanze organiche. Tutto è volto a comprendere sempre di più come si sia formato il Sistema Solare.
Gli asteroidi come Ryugu, chiamati carbonacei e indicati con la lettera C, sono infatti i testimoni più antichi delle interazioni fra la materia avvenute quando il nostro Sistema Solare stava nascendo. “Il materiale che ha costituito la Terra, i suoi oceani e la vita – afferma la JAXA – era presente nella nube primordiale dalla quale è nato il nostro Sistema Solare e nel nostro sistema planetario primitivo questi materiali erano in contatto, interagendo fra loro. La memoria di queste interazioni è conservata nei corpi primitivi, ossia negli asteroidi di tipo C“.
La vera sorpresa, però, risiede nel fatto che oltre ai materiali tangibili la capsula abbia portato con sé anche dei gas: non si tratta di elementi della Terra che hanno contaminato la capsula una volta aperta, ma di veri e propri gas extraterrestri, tutti da analizzare e da scoprire, per carpirne i segreti. E che hanno regalato persino un record all’agenzia spaziale, poiché si tratta del primo campione in assoluto di sostanze gassose di provenienza aliena arrivate e analizzate qui sul Pianeta Azzurro.
Chissà quali misteri e storie antiche ci racconteranno…