La corona solare (cioè l’atmosfera esterna del Sole) è milioni di gradi più calda della superficie stessa, una contraddizione che da decenni affascina e confonde gli scienziati.
Non non è tutto.

Il vento solare, un flusso costante di particelle cariche e campi magnetici, raggiunge velocità altissime nonostante provenga da una zona relativamente fredda. Ma come avviene questa accelerazione? E cosa riscalda così tanto il plasma vicino al Sole?
L’ipotesi madre sulla fisica del Sole
Una delle ipotesi più accreditate coinvolge la dissipazione turbolenta, un processo in cui l’energia meccanica generata dai moti del plasma si trasforma in calore. Il problema? Nel plasma vicino al Sole le collisioni tra particelle sono quasi assenti, rendendo difficile spiegare come l’energia si disperda in calore in modo efficiente.
Ora, grazie ai dati raccolti dalla sonda Parker Solar Probe della NASA (la sonda che è riuscita a volare più vicina al Sole nella storia) i ricercatori hanno potuto analizzare direttamente questa regione estrema per la prima volta.

Lo studio, pubblicato da un team dell’Università Queen Mary di Londra, fornisce la prima prova osservativa concreta dell’esistenza di una “barriera di elicità” e questo fenomeno, teorizzato da tempo ma mai confermato, sembra influenzare pesantemente il modo in cui la turbolenza si comporta a piccola scala nel plasma. In pratica, la barriera ostacola il passaggio di energia verso le scale più piccole, alterando il modo in cui il plasma si riscalda.
Il problema di poter confermare l’esistenza di questa barriera sul sole
Secondo Jack McIntyre, dottorando e primo autore dello studio: “Confermare l’esistenza della barriera di elicità è un grande passo avanti. Spiega, ad esempio, perché i protoni nel vento solare sono spesso più caldi degli elettron: un’anomalia che finora non avevamo modo di giustificare. Ma soprattutto, ci aiuta a comprendere meglio la fisica della dissipazione turbolenta, che ha implicazioni ben oltre il nostro sistema solare.”

Lo studio ha anche identificato le condizioni necessarie perché questa barriera si formi: deve esserci un forte campo magnetico rispetto alla pressione del plasma, e un marcato squilibrio tra le onde di plasma che si propagano in direzioni opposte; queste sono condizioni che, guarda caso, si riscontrano proprio vicino al Sole: la zona analizzata dalla Parker Solar Probe.
Christopher Chen, docente di fisica del plasma spaziale e supervisore della ricerca, sottolinea: “Questa scoperta risponde a domande cruciali sul riscaldamento della corona e sull’origine della variabilità del vento solare. Ci aiuta anche a collegare la microfisica del plasma a fenomeni su scala più ampia, come le condizioni meteorologiche spaziali.”
Perché è importante questo studio sul sole?
Molti plasmi nello spazio (dalle nebulose agli accrescimento attorno ai buchi neri) sono “collisionless”, cioè privi di interazioni frequenti tra particelle; capire come si dissipa l’energia in questi ambienti è fondamentale per tutta l’astrofisica.
La barriera di elicità, ora confermata nel vento solare, ci offre un laboratorio naturale per studiare questi meccanismi e, in prospettiva, anche strumenti migliori per prevedere fenomeni come tempeste solari, flare e disturbi geomagnetici che possono avere impatti diretti su telecomunicazioni, satelliti e reti elettriche.